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Il calcio italiano è sempre in crisi
Il calcio italiano è in crisi. Che è l'attacco di un pezzo dello scorso anno, di due anni fa, di tre anni fa. Che è la storia che va avanti, fatta di introiti inferiori, di una lega meno allenante e probante per chi la domina, di un'assurda sottovalutazione dell'Europa che conta meno ma che conta tanto comunque. Il calcio italiano vive di una decadente e altezzosa nobiltà, dove Cristiano Ronaldo non basta, dove Carlo Ancelotti non serve, dove Milano è provincia, dove Roma lo è altrettanto e dove quella vera, Bergamo, esce ai preliminari. La Juventus è l'unica arrivata ai quarti di finale di Champions League, caduta contro il più piccolo ma organizzato Ajax. Due partite non fanno primavera, ma segnano certamente gli arcobaleni o le nubi che verranno. La Roma è in rifondazione, l'ennesima, dal dopo Totti al durante Totti fino al di nuovo con Totti, con una nuova e pesante veste. L'Inter è uscita ai gironi in Champions e agli ottavi in Europa League, il Milan già ai gironi dell'Europeina, dodici gol fatti e ben nove subiti. La Lazio lo ha fatto al turno successivo, con un passivo di gol fatti-subiti da meno cinque. E il Napoli? Ha preso l'uomo di Coppe, Ancelotti, che si è scontrato con quello di Europa League, Emery. Ed è caduto. Nell'ennesimo sprofondo europeo di un calcio italiano dove troppi fattori non permettono di rialzarsi. Di dominare come un tempo. Che è troppo lontano per considerarlo oramai contemporaneo.
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