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Il capolavoro d'Italia: il gioco al di là di chi non c'è
La vittoria per 3-0 contro la Bosnia riconsegna una nuova consapevolezza all'Italia di Roberto Mancini. Perché dopo la Grecia, sistemata in poco più di mezz'ora ad Atene, anche a Zenica non c'è stata grossa partita. La sfida è finita dopo 53 minuti, cioè quando Belotti è scappato alla sciagurata coppia Bikcanic-Kovacevic e ha fulminato il portiere Sehic.
FUORI VERRATTI, CHIELLINI E CHIESA - Oggi, come di consueto, non c'era il lungodegente Chiellini, sostituito discretamente - per usare un eufemismo, visto che ha siglato il gol del vantaggio - da Acerbi. L'assenza di Verratti, uomo cardine del progetto manciniano, non ha comportati drammi alla linea mediana, perché Tonali ha giocato come se fosse un esperto, pur sbagliando qualcosina in partenza. E poi davanti, fuori Immobile, c'era anche un Chiesa che fino a ora aveva iniziato praticamente in tutte le gare.
NON IMPORTA CHI C'È - La cosa bella è che quest'Italia sembra intercambiabile e, pur non avendo il grandissimo campione, non è dipendente da nessuno. Niente più dualismo fra Baggio e Del Piero, oppure fra Del Piero e Totti, per non tornare indietro ai tempi di Rivera e Mazzola. Per una volta il commissario tecnico ha la fiducia di praticamente tutti e, almeno per ora, non c'è un salvatore della patria. In questo senso poteva essere visto Balotelli, se Belotti e Immobile non avessero dato garanzie. Ma dopo dieci vittorie consecutive è quasi impensabile che SuperMario rientri.
FUORI VERRATTI, CHIELLINI E CHIESA - Oggi, come di consueto, non c'era il lungodegente Chiellini, sostituito discretamente - per usare un eufemismo, visto che ha siglato il gol del vantaggio - da Acerbi. L'assenza di Verratti, uomo cardine del progetto manciniano, non ha comportati drammi alla linea mediana, perché Tonali ha giocato come se fosse un esperto, pur sbagliando qualcosina in partenza. E poi davanti, fuori Immobile, c'era anche un Chiesa che fino a ora aveva iniziato praticamente in tutte le gare.
NON IMPORTA CHI C'È - La cosa bella è che quest'Italia sembra intercambiabile e, pur non avendo il grandissimo campione, non è dipendente da nessuno. Niente più dualismo fra Baggio e Del Piero, oppure fra Del Piero e Totti, per non tornare indietro ai tempi di Rivera e Mazzola. Per una volta il commissario tecnico ha la fiducia di praticamente tutti e, almeno per ora, non c'è un salvatore della patria. In questo senso poteva essere visto Balotelli, se Belotti e Immobile non avessero dato garanzie. Ma dopo dieci vittorie consecutive è quasi impensabile che SuperMario rientri.
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