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L'Italia di provincia di Mancini è così bella e moderna che non sembra neanche Italia
Quest'Italia non sembra neanche Italia. E' bella. Gioca bene. Si diverte. E' refrattaria alle polemiche. Convince. Fa proseliti in Europa. Non cerca un uomo solo al comando ma fa del gruppo la sua forza. L'Italia che vince di quattro gol a Bologna contro una Repubblica Ceca che dovrà porsi più di un interrogativo prima del suo debutto tra nove giorni, è figlia del suo commissario tecnico. Ma pure di questo nuovo corso, che prima dell'Europeo ha rinnovato il contratto a Mancini. Fiducia, ciclo, lungo corso. Non sembra neanche Italia.
Perché cerca di vincere col gioco, pur sapendo che dietro, in difesa, c'è un giovane con due senatori a provare a far dormire qualche notte meno agitata agli italiani. Donnarumma ha la voce grossa e non ha timore a dar del tu agli anziani. L'azzurro ringiovanisce Chiellini, Chiellini rende più sicuro Bonucci. E tutto vien da se, a centrocampo, anche senza Verratti, perché Locatelli fa lavoro oscuro ma la sua trama è un filo d'arianna che unisce tutti i tasselli del domino azzurro. Jorginho è reduce dalle sbornie d'Europa ma ha già smaltito e ripreso in mano il ciak. Barella, poi. Per il paragone definitivo si vedrà, forse per lo stile albionico chi ne ricorda maggiormente le sembianze è il fulvo Paul Scholes che a Manchester aveva lo stesso baricento e lo stesso durissimo impatto sulle partite.
L'Italia ha un centravanti. Due, poi il terzo che è un giovanotto che sogna di far Schillaci. Il secondo è il Gallo ma per adesso canta Immobile. Ha segnato ieri e quando un nove è in difficoltà, quando riesce a segnare e a dare la prima nota a un concerto, è sempre un segnale, oltre che una liberazione. Non è affatto un'Italia operaia, taccia chi pensa che questo sia il metro giusto. Anzi. E' un'Italia nobile, solo che è un gruppo di ballo e non ha una prima donna, o un primo ballerino. E' semmai un'Italia di provincia, ma non di contado. Sa sporcarsi le mani come hanno imparato a fare nelle categorie minori a Sassuolo, sa alzar trofei e vincere. E' pronta, soprattutto. Non da favorita. Ma c'è. E in fondo l'Italia non può solo partecipare. Mai.
Perché cerca di vincere col gioco, pur sapendo che dietro, in difesa, c'è un giovane con due senatori a provare a far dormire qualche notte meno agitata agli italiani. Donnarumma ha la voce grossa e non ha timore a dar del tu agli anziani. L'azzurro ringiovanisce Chiellini, Chiellini rende più sicuro Bonucci. E tutto vien da se, a centrocampo, anche senza Verratti, perché Locatelli fa lavoro oscuro ma la sua trama è un filo d'arianna che unisce tutti i tasselli del domino azzurro. Jorginho è reduce dalle sbornie d'Europa ma ha già smaltito e ripreso in mano il ciak. Barella, poi. Per il paragone definitivo si vedrà, forse per lo stile albionico chi ne ricorda maggiormente le sembianze è il fulvo Paul Scholes che a Manchester aveva lo stesso baricento e lo stesso durissimo impatto sulle partite.
L'Italia ha un centravanti. Due, poi il terzo che è un giovanotto che sogna di far Schillaci. Il secondo è il Gallo ma per adesso canta Immobile. Ha segnato ieri e quando un nove è in difficoltà, quando riesce a segnare e a dare la prima nota a un concerto, è sempre un segnale, oltre che una liberazione. Non è affatto un'Italia operaia, taccia chi pensa che questo sia il metro giusto. Anzi. E' un'Italia nobile, solo che è un gruppo di ballo e non ha una prima donna, o un primo ballerino. E' semmai un'Italia di provincia, ma non di contado. Sa sporcarsi le mani come hanno imparato a fare nelle categorie minori a Sassuolo, sa alzar trofei e vincere. E' pronta, soprattutto. Non da favorita. Ma c'è. E in fondo l'Italia non può solo partecipare. Mai.
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