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#iorestoacasa - Le storie della buonanotte - La corsa folle del Pocho, l'elettricista mancato Re di NapoliTUTTO mercato WEB
venerdì 3 aprile 2020, 01:05Serie A
di Arturo Minervini

#iorestoacasa - Le storie della buonanotte - La corsa folle del Pocho, l'elettricista mancato Re di Napoli

Il 16 luglio, alla presentazione dello slovacco e di Lavezzi, il clima è rovente al centro sportivo del Napoli e non solo per le alte temperature.
‘La strada che non presi’. Ogni percorso ti porta ad un certo punto davanti ad una strada che si biforca, come ricordava meravigliosamente Robert Frost: “Lo racconterò con un sospiro da qualche parte tra molti anni: due strade divergevano in un bosco ed io presi la meno battuta, e questo ha fatto tutta la differenza”. Non può che iniziare da un bivio il racconto di una storia elettrizzante come un fulmine, fugace, senza ambizioni di essere apprezzata da tutti. Perché un fulmine è spettacolo della natura che resta negli occhi di chi si trovava lì ad osservare, non può essere raccontato in maniera fedele senza aver avuto la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto.

Lavezzi con l’elettricità ha avuto i primi contatti facendo i primi lavoretti in famiglia, con il fratello elettricista che poteva diventare socio di una vita diversa da quella che sarebbe stata. Nel grande caotico disegno del destino, Ezequiel si era ritrovato a 15 anni in Italia, ma il trasferimento alla Fermata era saltato per problemi burocratici e dopo qualche altra delusione in Argentina ecco la scelta che sembrava definitiva: basta calcio, da grande farò l’elettricista.

Una pausa di riflessione, ma nella testa sempre lo stesso sogno. Perché per le strade di Villa Gobernador Galvez quando c’era un pallone che rotolava questo ragazzino che attaccava a testa bassa rubava l’occhio ad ogni passante. Per tutti era ‘Pocholo’, come il nome di un cane rompiscatole di casa Lavezzi, che si ridusse poi in ‘Pocho’ quando fece il suo esordio nell’Under20 argentina una volta ripresa l’attività calcistica. A credere in lui fu l’Estudiantes, che dopo cinque partite nelle giovanili lo fece subito aggregare alla prima squadra. Perché quel ragazzo era diverso dagli altri, perché era capace di scuotere le gare come pochi.

Il resto è storia più o meno nota. Ancora l’Italia nel futuro, quando nell’estate del 2004 Preziosi lo acquista lasciandolo un anno in prestito al San Lorenzo per abbracciarlo l’anno dopo, progetto demolito dalla retrocessione in C del Genoa per l’accusa di aver combinato la sfida col Venezia. Secondo tentativo mancato per l’argentino, che dovrà attendere l’estate del 2007 per sbarcare in maniera definitiva in Italia.

A crederci di nuovo è Pierpaolo Marino, che per 6 milioni lo porta al Napoli. Quello che non c’è scritto nei racconti ufficiali è la faccia poco convinta di Edy Reja (allora tecnico partenopeo) al primo approccio con un Lavezzi evidentemente sopra il suo peso forma. Dubbi e perplessità a cui si aggiunge la forte contestazione dei tifosi del Napoli per quel calciomercato che non infiammava i cuori: erano arrivati un certo Marek Hamsik e questo argentino mezzo sconosciuto.

Il 16 luglio, alla presentazione dello slovacco e di Lavezzi, il clima è rovente al centro sportivo del Napoli e non solo per le alte temperature. "Finora solo illusioni, adesso fuori i milioni" recita lo striscione esposto dagli ultrà che contestavano i due nuovi acquisti e le scelte di Aurelio De Laurentiis.


Eccolo. Ancora un bivio nella vita di Ezequiel. Ancora una volta una prova da superare, uno scetticismo da vincere, la paura di non essere accettato. Le grandi storie d’amore nascono così: sporche, sbagliate, apparentemente inadeguate. Una scintilla scoppiata dopo i primi calci, un'identificazione del popolo azzurro in un ragazzo che assomigliava a quelli nati tra questi vicoli. Quando Ezequiel Lavezzi partiva a testa bassa caricando la porta avversaria, sembrava di vedere Pantani che saliva in piedi sui pedali. Prendeva il pallone tra i piedi ed attaccava. Chiunque. Dovunque. Magari perdeva lucidità, magari sbagliava un gol a tre metri dalla porta. Eppure i tifosi del Napoli non potevano fare a meno di amarlo. Scugnizzo della nuova era, accanto al fedele compagno Marek.

Irriverente al punto giusto da far sciogliere anche il tifoso più glaciale. Non sarebbe mai stato come Maradona, questa era chiaro. Ma cronologicamente è dopo Diego quello che "ha sciolto più sangue di San Gennaro nelle vene dei tifosi azzurri”.

Il colpo di fulmine. C’è una data che farà da spartiacque nella carriera e nella vita del Pocho. Udine, 2 settembre 2007. Il Napoli dopo la sconfitta all’esordio in campionato contro il Cagliari al San Paolo ha tutti gli occhi dei tifosi addosso. L’aria è pesante, si teme di aver allestito una squadra non all’altezza. In quella gara eccolo il fulmine che si abbatte sull’Udinese. Incontenibile Lavezzi, che dribbla, serve assist a Zalayeta e firma un gol spettacolare. In quel preciso momento, da quel preciso momento, per Lavezzi si apre una corsia preferenziale nel cuore dei tifosi azzurri.

L'amore fa passare il tempo, il tempo fa passare l'amore. Il vecchio adagio popolare non pare però valere per Ezequiel Lavezzi, che a distanza di anni è rimasto nella testa dei napoletani. Anche dopo l’addio direzione Psg prima, e verso i milioni della Cina poi. “Napoli non gli permetteva di respirare” dirà, “Napoli è sempre stata la mia prima scelta” confesserà in seguito. D'altronde i grandi amori sono così. Possessivi, esasperati, senza limiti. Ezequiel Lavezzi è sempre stato spudorato, come quando in campo tenta un dribbling apparentemente impossibile. La sua storia al Napoli resterà una delle più intense, crude, appassionate che il calcio moderno possa raccontare.

Ezequiel Lavezzi è sempre stato fatto a modo suo. Correva veloce sul campo, con la testa sempre bassa, con l’aria da timido ma con gli occhi furbi ed un sorriso che conquista. E’ fatto a modo suo e per questo ha il potere di dividere, di appassionare, di far discutere. Tutto quello che un calciatore amato deve fare insomma. Tutto quello che Napoli gli chiedeva. Tra le tante strade prese e quelle abbandonate, Napoli resterà sicuramente la più viva nei ricordo del ragazzo chiamato Pocholo, elettricista mancato, elettrizzante per natura.