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Da Zero a Dieci: Sturaro che vale 40 mln, il terrore Ospina, l'incredibile storia di Amin e la doppia firma di Dries e JosèTUTTO mercato WEB
© foto di Insidefoto/Image Sport
lunedì 18 marzo 2019, 12:48Copertina
di Arturo Minervini
per Tuttonapoli.net

Da Zero a Dieci: Sturaro che vale 40 mln, il terrore Ospina, l'incredibile storia di Amin e la doppia firma di Dries e Josè

(di Arturo Minervini) - Zero all’equilibrio del primo tempo. Al di là dei gol segnati, delle insicurezze (più che motivate) di Ospina, nella prima frazione è un Napoli tatticamente ed emotivamente più labile di un bipolare nella giornata in cui cambia più umori di Jack Nicholson in Shining. Sulle montagne russe, con picchi di ottimi calcio offensivo e momenti di assoluta assenza, pagando un assetto in mediana molto complicato da trovare col duo Zielinski-Allan. La questione centrale resta proprio il centro del campo e questa improvvisa emergenza che lascia più di qualche timore nell’animo. 

Uno il documento firmato all’anagrafe per il cambio nome. Tra i momenti più emozionanti del tardo pomeriggio a Fuorigrotta, l’attestazione del cambio nome di Dries Mertens. Quel ‘Ciro! Ciro! Ciro!’ che si diffonde nell’aria come un ‘Va pensiero’, inno dello scugnizzo trapiantato, del guascone con il sorriso sempre sulla porta. È la certificazione di un rapporto speciale, la conferma che il calcio non è fatto solo di numeri o di statistiche, ma di sensazioni che sono il pasto più caldo per un appassionato. Anche nei documenti ufficiali chiediamo la certificazione della nuova identità come l’Adriano Meis di Pirandello “El fu Dries Mertens’, ora semplicemente ’Ciro’.

Due reti subite da Ospina, ma l’aspetto sportivo passa completamente in secondo piano. Gli attimi di terrore, il respiro mozzato, l’ansia che si propaga come un virus: il racconto di quel momento è angosciante, la preoccupazione alle stelle. Guai a pensare di potersi sostituire allo staff medico capitanato dall’eccezionale dott. De Nicola, ma questo episodio dovrebbe suggerire ulteriore cautela in futuro. Vale davvero la pena rischiare di tenere in campo uno che ha perso così tanto sangue? 

Tre punti che hanno un buon sapore. Sapore di reazione, di unità d’intenti di volti che desiderano percorrere lo stesso cammino. Le facce dei compagni dopo il gol di Younes raccontano la sua Younes in questi mesi tra polemiche ed infortuni. Quelle facce sono la notizia più bella: questa è una SQUADRA. Ed una SQUADRA può superare le difficoltà con la forza della competenza. “La vera forza di uno spartano è il compagno al suo fianco”. Non saremo 300, ma in numero sufficiente a regalare a questa stagione i contorni della memorabilità con un pizzico di fortuna che soffia alle spalle.

Quattro punti su sei contro la Juve. È il curioso caso del Genoa, che dopo il pari allo Stadium travolge l’armata di Allegri, in versione Brancaleone in quella che sembra una grande Fiera dell’Est che potrebbe fare più o meno così: 'Alla fiera dell’est, Perinetti per 18 milioni uno Sturaro comprò. E venne Allegri, che non convocò Cristiano Ronaldo, che mise Caceres, che tolse il piede, poi venne Perin, che andò a farfalle, che fece entrare il pallone e Sturaro esultò. Poi venne Mughini, ci disse che valeva quei soldi, così tutti gli altri giornali… E tutto sto bordello per uno Sturaro? No, tutto questo bordello perché I RAPPORTI CONTANO. Speriamo, infine, che arrivi qualche Signore e magari faccia giustizia.

Cinque ad un’immagine quasi sacrilega. Pussetto che salta netto in due occasioni Koulibaly, frammento così sconvolgente per la rarità dell’episodio. È un Kalidou che paga le sofferenze generali, ma che nell’uno contro uno si lascia trascinare da quella increduli fiducia (come dargli torto) nei propri mezzi. Convinzione che non deve però sfociare nella presunzione, esuberanza che deve essere contenuta in partite dove il resto della squadra fatica. Dopo milioni di elogi, un piccolo rimprovero che Kalidou si sarà già fatto guardandosi allo specchio.

Sei uomini oltre la linea della palla in maniera stabile. Alla faccia di chi ancora insiste ad arrovellarsi il cervello con i moduli, pensando al calcio come una partita a scacchi. Oggi il pallone è equilibrio, attacco dello spazio, dinamicità, fluidità del movimento, proprio come mani che si muovono sopra un pianoforte. “Tre cose sono necessarie per un buon pianista: la testa, il cuore e le dita”. Il resto, sono solo numeri buoni per discutere al bar. 

Sette assist e tre gol in campionato. Josè si mostra polifunzionale come il coltellino di MacGyver, che se usato da mani sapienti potrebbe aprire anche la porta di una realtà spazio temporale. Realtà nella quale Callejon ondeggia, con la sua misteriosa capacità di respingere i segni del tempo e continuare ad avere la pazienza delle onde di andare a venire. Novella Penelope tutta partenopea, che tiene fede ad un antico adagio: “Chi cuce e scuce non perde mai tempo”. Prendete carta e penna e fategli firmare questo benedetto e meritatissimo rinnovo!

Otto ad Amin. Al tocco lieve, al graffio al cuore, alla capacità di muoversi nello stretto ed uscire anche dagli ingorghi a croce uncinata teorizzati dal tassista di Bellavista. C’è tanta sostanza nella prima da titolare d Younes, il peso imponente della qualità, la concretezza di un giocatore già pronto. Col mirino laser, alza lo sguardo e infila il pallone proprio dove vorrebbe. Con la stessa visione periferica avvia l’azione del raddoppio con un filtrante che taglierebbe in due anche un diamante. Dolore e riscatto, incomprensioni e seconde opportunità: una storia nata male in alcuni casi può diventare il prologo di una storia di un amore intenso. Questa potrebbe essere una di quelle volte…

Nove reti in campionato e tanto altro. Rieccolo, Ciro che sterza e rischia di spostare l’asse terrestre in occasione del gol che chiude i giochi ed offre una marea di free drink ai difensori dell’Udinese, in escursione al bar per l’occasione. La fluente giovialità del calcio del belga torna ad imporsi coma una regola del sorriso, la leggerezza che nasce dal sentirsi nuovamente imprescindibile e quel fiuto per il gol ritrovato. Cane da tartufo con un raffreddore durato praticamente tutto l’inverno (ultimo gol il 29 dicembre) e che ritrova il buon olfatto con la primavera alle porte. Il grande freddo è alle spalle, ora sboccino i fiori dei paesi bassi. Se son tulipani, meglio ancora. 

Dieci al gol decisivo. Statuaria la posa di Arek, che si impone su Mandragora come una volontà dall’alto, deus ex machina che pone fine alla tragedia ed avvia invece la grande festa. Quello che doveva essere l’uomo dei gol inutili, firma il 18° centro stagionale continuando a viaggiare su medie realizzate fuori da ogni logica. Mentre voi siete distratti dagli spari di Piatek, dalle orribili vicende da b-movies di Wanda Nara ed Icardi, Arek continua a fare quello che sa fare meglio. E lo fa con grande semplicità, come dote innata di uno che col gol vive un sentimento simbiotico, una necessità ricambiata. Per la serie: “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”. Voi continuate a guardare altrove, quando dovreste fissare lo sguardo su questo ragazzo che è il futuro. IL FUTURO.