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Dieci mesi di passione, da Copenaghen alla Champions LeagueTUTTO mercato WEB
© foto di www.imagephotoagency.it
domenica 26 maggio 2019, 23:22Serie A
di Andrea Losapio

Dieci mesi di passione, da Copenaghen alla Champions League

Dal 26 luglio al 26 maggio passano dieci mesi. Sono quelli che l’Atalanta ha impiegato per raggiungere la Champions League, dal Mapei Stadium al Mapei Stadium, sempre a Reggio Emilia e sempre in casa. Prima contro il Sarajevo, 2-2 il finale, frutto di due disattenzioni dopo il doppio vantaggio. Infine contro il Sassuolo, contemporaneamente padrone e trasfertista, in uno stadio colorato di nerazzurro e il grande spavento per il gol di Berardi: 3-1 il finale, dopo l'espulsione proprio dell'attaccante, poi di capitan Magnanelli. Una storia incredibile, passata da un’eliminazione rocambolesca contro il Copenaghen - doppio 0-0, entrambi ingenerosi - a fine agosto, al quartultimo posto a fine ottobre, quando il calendario recitava Chievo-Atalanta, nona giornata, sei punti di cui due nelle successive sei dopo il Parken.

Sembrava tutto finito, a Bergamo. Nessuno poteva pensare che l’Atalanta retrocedesse, perché c’era una buona dose di sfortuna nelle sconfitte e nei pareggi, tra Roma e Torino, Cagliari e Sampdoria.

Però era difficile pensare a una cavalcata del genere, partita proprio con il Chievo e suggellata dalla vittoria contro l’Inter, per 4-1. La doppia sconfitta contro Torino e Milan, poi tredici risultati utili consecutivi. Con Juventus e Napoli (fuori casa), ma pure con le partite - quasi da film - contro Chievo ed Empoli, ipoteticamente tombali verso la corsa al quarto posto. Invece, un po’ per le ultime vicissitudini dell’Inter, parzialmente anche per colpa dei rossoneri, è arrivato un terzo posto che manda Bergamo nella storia, ad affrontare sfide mai viste, forse nemmeno sognate prima dell’ultimo filotto. “Vinceremo il Tricolor”, gridavano due anni fa a Bergamo, stagione conclusa con il quarto posto (che però non dava l’accesso come oggi)… Inutile sottolineare che siano stati eccessivamente positivi, ma pur sempre buoni profeti.