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Xavier Jacobelli: "Ciao Mino, sei riuscito a fare uno sberleffo anche alla morte."
Ciao, Mino,
poliglotta che parlava sette lingue, campione del mondo dei procuratori, incubo di tanti dirigenti quando c’era da firmare un contratto, capace di mettere paura alla Fifa, pigmalione di molti campioni che ti hanno sempre considerato un padre o un fratello. Come dimenticare l’orgoglio con il quale ricevesti a Torino il Best Agent Golden Boy Tuttosport 2020 quando Federica Lodi ed io te l’abbiamo consegnato, sul palco delle Ogr?
E potrei mai scordare quelle sei ore sulla terrazza di casa tua, a Montecarlo, per raccogliere la fluviale intervista-confessione-racconto sulla tua vita, i tuoi campioni, i tuoi inizi olandesi? Tutto questo con la tv permanentemente accesa sulla Nos, rete olandese; le risposte in italiano, tedesco, olandese, inglese, francese a chi ti chiamava da ogni dove; la telefonata a Mario, il figlio all’epoca diciottenne, studente a Londra dove quel giorno c’era un’allerta antiterrorismo.
I ricordi si affastellano in queste ore in cui il ragazzo emigrato adolescente da Nocera Inferiore ad Amsterdam, non c’è più. Come la volta in cui accompagnasti Bryan Roy a Foggia per firmare il contratto con il club pugliese e, al ritorno, l’olandese ti regaló una scatola di scarpe foderata di fiorini e diventata il tuo portafortuna: Anno Domini 1993. Quel giorno a Montecarlo, invece,era la fine di maggio del 2017.
All’epoca, scrivevo per il Corsport che stava cambiando pelle, passando al nuovo formato. Per lanciarlo, t’improvvisasti anche testimonial, con due video molto divertenti e quell’intervista da leggere tutto d’un fiato per assoluto merito tuo: banale mai, graffiante sempre, icastico pure. Era il bello di parlare di calcio con te. Adesso che non ci sei più, sono andato a rileggermela quell’intervista.
Mi dicesti: ‘I cattivi procuratori sono il male del calcio, ma anche i cattivi dirigenti e i cattivi giornalisti fanno il male del calcio. I bravi procuratori fanno bene al calcio’.
E ancora: ‘Ciò che la gente dice o pensa di Raiola non m’interessa. A me interessa ciò che pensano la mia famiglia, i miei figli, i miei giocatori dai quali ho imparato molto, sia dai più famosi sia dai meno famosi’.
E l’altro ieri, commentando la falsa notizia della tua morte, l’ultimo tweet: ‘Stato di salute attuale per chi se lo chiede: incazzato. È la seconda volta in quattro mesi che mi uccidono. Sembro anche in grado di resuscitare’.
Stavolta l’hai fatta proprio grossa, Mino. Sei riuscito a fare uno sberleffo anche alla morte.
poliglotta che parlava sette lingue, campione del mondo dei procuratori, incubo di tanti dirigenti quando c’era da firmare un contratto, capace di mettere paura alla Fifa, pigmalione di molti campioni che ti hanno sempre considerato un padre o un fratello. Come dimenticare l’orgoglio con il quale ricevesti a Torino il Best Agent Golden Boy Tuttosport 2020 quando Federica Lodi ed io te l’abbiamo consegnato, sul palco delle Ogr?
E potrei mai scordare quelle sei ore sulla terrazza di casa tua, a Montecarlo, per raccogliere la fluviale intervista-confessione-racconto sulla tua vita, i tuoi campioni, i tuoi inizi olandesi? Tutto questo con la tv permanentemente accesa sulla Nos, rete olandese; le risposte in italiano, tedesco, olandese, inglese, francese a chi ti chiamava da ogni dove; la telefonata a Mario, il figlio all’epoca diciottenne, studente a Londra dove quel giorno c’era un’allerta antiterrorismo.
I ricordi si affastellano in queste ore in cui il ragazzo emigrato adolescente da Nocera Inferiore ad Amsterdam, non c’è più. Come la volta in cui accompagnasti Bryan Roy a Foggia per firmare il contratto con il club pugliese e, al ritorno, l’olandese ti regaló una scatola di scarpe foderata di fiorini e diventata il tuo portafortuna: Anno Domini 1993. Quel giorno a Montecarlo, invece,era la fine di maggio del 2017.
All’epoca, scrivevo per il Corsport che stava cambiando pelle, passando al nuovo formato. Per lanciarlo, t’improvvisasti anche testimonial, con due video molto divertenti e quell’intervista da leggere tutto d’un fiato per assoluto merito tuo: banale mai, graffiante sempre, icastico pure. Era il bello di parlare di calcio con te. Adesso che non ci sei più, sono andato a rileggermela quell’intervista.
Mi dicesti: ‘I cattivi procuratori sono il male del calcio, ma anche i cattivi dirigenti e i cattivi giornalisti fanno il male del calcio. I bravi procuratori fanno bene al calcio’.
E ancora: ‘Ciò che la gente dice o pensa di Raiola non m’interessa. A me interessa ciò che pensano la mia famiglia, i miei figli, i miei giocatori dai quali ho imparato molto, sia dai più famosi sia dai meno famosi’.
E l’altro ieri, commentando la falsa notizia della tua morte, l’ultimo tweet: ‘Stato di salute attuale per chi se lo chiede: incazzato. È la seconda volta in quattro mesi che mi uccidono. Sembro anche in grado di resuscitare’.
Stavolta l’hai fatta proprio grossa, Mino. Sei riuscito a fare uno sberleffo anche alla morte.
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