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Il challenge può salvare gli arbitri (e gli allenatori) italiani?
Nel dopopartita di giovedì sera, Leonardo Semplici ha parlato di arbitri. È stato l'ultimo a farlo dopo una settimana record per le lamentele di chicchessia, dal Napoli alla Roma, passando per il Genoa - in particolare Criscito, il giorno dopo - oppure la Fiorentina domenica. Il tecnico toscano ha poi avuto l'accortezza, rivedendo la posizione di partenza di Piatek, di ritornare sui suoi passi, dicendo che non era fuorigioco (dallo scatto deriva la punizione del gol) ponendo poi il punto sulla mancata espulsione di Bennacer.
CLIMA ESACERBATO - Questa è la situazione nel mondo del calcio italiano. Per trent'anni si è chiesta la moviola in campo per poi, quando averla, tornare a criticare gli arbitri in tutti i modi. Se Candreva è fuorigioco o meno in Inter-Parma, sebbene sia una valutazione oggettiva. Oppure scaglionare i movimenti di Kjaer e Llorente per vedere se la gomitata arriva prima della cintura, dando la colpa all'arbitro al di là delle immagini e del Var Banti. Tutti si lamentano, sia quando hanno torto che quando hanno ragione, così Semplici ha rappresentato solo, nella gazzarra generale, la classica goccia di troppo. La credibilità di un campionato salta nel momento in cui tutti sono convinti ci siano maneggi, manovre. Il marcio è da altre parti, meno alla luce del sole, ma a nessuno interessa: la polemica è solo e soltanto sull'arbitro e sul Var.
IL CHALLENGE SALVA IL CALCIO? Nella pallavolo puoi chiamare due volte - per set - il challenge del Var. Ma a quel punto, come bisogna comportarsi? Il Var rimane acceso comunque tutto il tempo, ma per le situazioni che fanno arrabbiare particolarmente un allenatore (o una squadra) si può costringere l'arbitro a rivedere l'azione? Oppure a quel punto si spegne il Var e si dà opportunità ai tecnici di chiamare - con limitazioni - l'attenzione del direttore di gara? Sarebbe un bel passo all'indietro, discretamente evidente. E soprattutto, in casi complicati come quello di Atalanta-Napoli, le polemiche sparirebbero? Ovviamente no, perché c'è sempre qualcosa a cui attaccarsi. E in Italia è sempre l'arbitro.
CLIMA ESACERBATO - Questa è la situazione nel mondo del calcio italiano. Per trent'anni si è chiesta la moviola in campo per poi, quando averla, tornare a criticare gli arbitri in tutti i modi. Se Candreva è fuorigioco o meno in Inter-Parma, sebbene sia una valutazione oggettiva. Oppure scaglionare i movimenti di Kjaer e Llorente per vedere se la gomitata arriva prima della cintura, dando la colpa all'arbitro al di là delle immagini e del Var Banti. Tutti si lamentano, sia quando hanno torto che quando hanno ragione, così Semplici ha rappresentato solo, nella gazzarra generale, la classica goccia di troppo. La credibilità di un campionato salta nel momento in cui tutti sono convinti ci siano maneggi, manovre. Il marcio è da altre parti, meno alla luce del sole, ma a nessuno interessa: la polemica è solo e soltanto sull'arbitro e sul Var.
IL CHALLENGE SALVA IL CALCIO? Nella pallavolo puoi chiamare due volte - per set - il challenge del Var. Ma a quel punto, come bisogna comportarsi? Il Var rimane acceso comunque tutto il tempo, ma per le situazioni che fanno arrabbiare particolarmente un allenatore (o una squadra) si può costringere l'arbitro a rivedere l'azione? Oppure a quel punto si spegne il Var e si dà opportunità ai tecnici di chiamare - con limitazioni - l'attenzione del direttore di gara? Sarebbe un bel passo all'indietro, discretamente evidente. E soprattutto, in casi complicati come quello di Atalanta-Napoli, le polemiche sparirebbero? Ovviamente no, perché c'è sempre qualcosa a cui attaccarsi. E in Italia è sempre l'arbitro.
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