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Professionismo per le atlete: cosa prevede l’emendamento approvato
L’emendamento alla legge di Stabilità presentato da Susy Matrisciano del Movimento 5 Stelle e Tommaso Nannicini del PD e approvato ieri dalla Commissione Bilancio del Senato apre le porte al professionismo femminile nel calcio e in altri tre sport (pallavolo, rugby e basket) anche se il meccanismo non sarà automatico neanche quando diventerà legge (ovvero quando verrà approvata dai due rami del Parlamento la manovra finanziaria). Si tratta però di un primo passo importante, che non va ad intaccare la Legge 91 sul professionismo, per permettere alle sportive di migliorare la propria condizione sopratutto a livello previdenziale e assicurativo.
L’emendamento prevede un versamento del 100% dei contributi previdenziali e assistenziali entro il Limite massimo di 8mila euro su base annua (ovvero per un ingaggio lordo di 30mila euro). Un investimento statale che si aggira sugli 11 milioni solo per gli sgravi fiscali per il triennio 2020-2022 (3 per il primo anno, 4 per il secondo e il terzo) che serviranno a dare una spinta alle varie federazioni per superare le discriminazioni di genere.
Ora la palla passerà appunto alla Federazioni (FIGC, FIP, FIPAV e FIR) che dovranno cogliere questa opportunità aprendo – o portando avanti – tavoli tecnici sul tema con i rappresentati dei club e delle sportive e trovare una soluzione per rendere sostenibile il sistema anche dopo questo triennio per permettere agli sport femminili di camminare sulle proprie gambe avendo raggiunto l’autosufficienza economica.
L’emendamento prevede un versamento del 100% dei contributi previdenziali e assistenziali entro il Limite massimo di 8mila euro su base annua (ovvero per un ingaggio lordo di 30mila euro). Un investimento statale che si aggira sugli 11 milioni solo per gli sgravi fiscali per il triennio 2020-2022 (3 per il primo anno, 4 per il secondo e il terzo) che serviranno a dare una spinta alle varie federazioni per superare le discriminazioni di genere.
Ora la palla passerà appunto alla Federazioni (FIGC, FIP, FIPAV e FIR) che dovranno cogliere questa opportunità aprendo – o portando avanti – tavoli tecnici sul tema con i rappresentati dei club e delle sportive e trovare una soluzione per rendere sostenibile il sistema anche dopo questo triennio per permettere agli sport femminili di camminare sulle proprie gambe avendo raggiunto l’autosufficienza economica.
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