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Gasp vs la Superlega: ciclo della Dea fondato sui soldi delle big. Ma ne hanno guadagnato tuttiTUTTO mercato WEB
lunedì 26 aprile 2021, 14:15Serie A
di Ivan Cardia

Gasp vs la Superlega: ciclo della Dea fondato sui soldi delle big. Ma ne hanno guadagnato tutti

“Lunedì ero convinto che fosse finito tutto”. Dopo il 5-0 della sua Atalanta, Gian Piero Gasperini ha affrontato l’argomento principale dell’ultima settimana. La temuta (dalla sua prospettiva) Superlega. Al riguardo, il tecnico di Grugliasco è stato fortemente critico ed è anche sceso in profondità sull’aspetto economico: “Si parla tanto ma alla fine i bilanci sono importanti e non possiamo comprare giocatori fuori mercato. Anche il Bayern ha il bilancio a posto e ha vinto tutto. Se i debiti devono pagarli tutti... Se fosse capitato a noi, saremmo falliti”. L’exploit della Dea, del resto, è considerato da molti la spiegazione più calzante del perché la Superlega non sia giusta né tantomeno possa essere la soluzione ai problemi che preoccupano il calcio. La crescita dei bergamaschi nelle ultime stagioni è stata del resto esponenziale, sia a livello tecnico che economico. Perché limitarla in nome della tradizione e per salvare i bilanci dei grandi club?

Il ciclo dell’Atalanta si fonda su quei soldi. Da un altro punto di vista, il modo in cui la società di Percassi è arrivata a conquistare lo status attuale rappresenta anche la fotografia più realistica dell’importanza delle big per tutte le altre squadre. In particolare, dall’inizio vero e proprio del ciclo (cioè dalla stagione 2016/2017, al termine della quale Gasperini chiuse al quarto posto), l’Atalanta ha incassato oltre 150 milioni di euro da Juventus, Inter e Milan. Nello specifico, nelle casse orobiche sono arrivati 56 milioni dai rossoneri (dovuti alle cessioni di Kessié e Conti), 54 dai bianconeri (Kulusevski e Caldara), più di 53 dai nerazzurri (Bastoni e Gagliardini). Se a Bergamo è stato possibile realizzare il più significativo capolavoro sportivo dell’ultimo lustro del calcio italiano, in buona sostanza, è perché vi sono tre grandi club (quattro, considerando la Roma che nello stesso periodo ha speso 48 milioni per i gioielli orobici) che lo hanno foraggiato. Senza i loro soldi, l’Atalanta di oggi, seconda in classifica, non sarebbe stata possibile. O almeno, non così. Beninteso, ne hanno guadagnato tutti.


I soldi dell’Atalanta alle big? Sono drasticamente meno. Nello stesso periodo, i nerazzurri hanno “investito” 18 milioni di euro in giocatori prelevati dall’Inter, 14 dalla Juventus, appena 4 dal Milan. In totale, sono 163 milioni finiti nelle casse della Dea contro 36 che hanno fatto il percorso inverso (il conto sale a 221 contro 40 se contiamo anche la Roma). Le big sono essenziali contro l’Atalanta, quest’ultima lo è un po’ meno per loro. Vero, ma c’è anche da considerare un ulteriore aspetto: i soldi spesi dalle grandi sono investimenti che nella maggior parte dei casi hanno poi portato i giocatori interessati ad accrescere il proprio valore. Per esempio, Kessié oggi è stimato attorno ai 50 milioni di euro (contro i 32 versati dal Milan), mentre Bastoni arriva a 55 (l’Inter ne pagò poco più di 31) e anche Kulusevski vale 45 milioni (a fronte dei 35 viaggiati da Torino a Bergamo). Non è sempre andata bene, in qualche caso per un po’ di sfortuna (Caldara e Conti), ma nel complesso la Dea ha creato valore anche per le grandi. Mentre gli affari conclusi sul tracciante opposto, soprattutto con Juventus e Inter, sono serviti quasi esclusivamente a queste ultime due. Con i bianconeri, è il caso di Muratore (pagato 7 milioni di euro, oggi Transfermarkt lo valuta 500mila) e di Mattiello (pagato 5 milioni, oggi stimato 1). Dall’Inter sono invece stati acquistati i vari Eguelfi (6 milioni, oggi ne vale 300mila), Carraro (5 milioni, oggi 1) e Bettella (7 milioni, oggi 4). In conclusione, da un lato l’Atalanta è cresciuta grazie alle big, e da questo punto di vista i debiti citati da Gasperini hanno fatto la fortuna della Dea; dall’altro, le grandi tradizionali hanno avuto la loro convenienza (sportiva ma anche economica) nel fare affari con i bergamaschi. È un circuito di mutua assistenza, magari non sempre virtuoso, che la rottura della Superlega voleva interrompere.