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I soldi sono finiti ma solo per le commissioni. Il problema non sono (solo) i procuratori, perché Haaland è un Picasso e tanti altri fanno fatica a sbarcare il lunarioTUTTO mercato WEB
© foto di Lorenzo Di Benedetto
domenica 26 giugno 2022, 08:35Editoriale
di Andrea Losapio

I soldi sono finiti ma solo per le commissioni. Il problema non sono (solo) i procuratori, perché Haaland è un Picasso e tanti altri fanno fatica a sbarcare il lunario

In un mercato che si preannuncia divertente - martedì, mercoledì e giovedì c'erano davvero tanti operatori (e società) a Milano, come non si vedeva dai tempi pre Covid - c'è sempre un grido d'allarme che è talmente insistente quasi da diventare fuori luogo. È quello dei club contro le commissioni degli agenti, sembra quasi che eliminandole ci sia la panacea di ogni male. C'è una frase, attribuita a Goebbels, sulle grandi bugie ripetute tante volte da diventare una verità, anche se alla fine sembrava più un profilo psicologico di HItler stilato dai servizi statunitensi. Excursus a parte, quante volte abbiamo letto nel corso degli ultimi anni che gli agenti hanno rovinato il calcio? Che la colpa è loro se gli assistiti chiedono sempre di più? Che possono ricattare i club?

L'ultima domanda è vera in parte ma ci spiegheremo più avanti nel pezzo. Ora torniamo al ruolo degli agenti. Raiola spesso diceva che i suoi calciatori erano come quadri. Picasso, Magritte. Opere non replicabili. Aveva ragione: se uno vuole Haaland, deve prendere Haaland, non ce n'è un altro con queste caratteristiche. È un pezzo unico. E il prezzo lo fa il mercato, se sei così disperatamente convinto di volerlo, preparati a svenarti. Guardate Kylian Mbappé, ma anche Leo Messi (qui i motivi per la separazione, un anno fa, dal Barcellona) oppure il Ronaldo dei tempi. Moratti decise di infrangere tutti i limiti dell'allora buonsenso, spendendo 48 miliardi. La verità è che la forbice fra le persone normali, i ricchi e i super ricchi è sempre più scandalosamente ampia. Se io mi posso permettere i soldi per Haaland o Mbappè, magari un altro super ricco non potrebbe e quindi scatta l'invidia sociale di chi è comunque apicale.

La domanda però è: quanto sei disposto a spendere per Haaland senza una clausola? 200 milioni? 250? 150? Se lo prendi con una clausola da 75 milioni, è giusto darne una trentina a un agente che ha fatto bene il proprio lavoro, permettendoti di risparmiarne altri 75, come minimo? Certo che lo è. È il gioco delle parti, se io ho fatto un buon lavoro e tu saresti disposto a fare un investimento ancora più pesante, è giusto che troviamo un accordo intermedio. Fanno il loro lavoro: se hai Haaland è facile vendere. Se hai un giocatore di Serie B è difficile venderlo in A (se non addirittura in B) e magari ci hai investito per anni fra viaggi, aiuti alla famiglia se non sta benissimo economicamente. Per un Haaland ci sono 1000 giocatori per cui gli agenti vanno in perdita.


Poi c'è un altro grande aspetto che le società non dicono. Chi paga? Quando? Come? Perché? In un mondo a circuito chiuso, con 20 squadre in Serie A, tutti devono avere rapporti perché altrimenti muori come agente. Quindi accetti pagamenti a diciotto, trenta mesi, se pagano. Alle volte accetti pacificamente che ti debbano centinaia di migliaia di euro e per aiutare un altro tuo ragazzo devi stare zitto e accettare un decurtamento. Gli agenti vogliono regolamentare tutto questo. Può anche andare bene non chiedere certe cifre, ma chiedono più tutele. Al momento siamo nel neoliberismo più sfrenato, dove le procure durano due anni, gli agenti pagano penali per farsi guerra fra di loro, i genitori chiedono a parte un pagamento - in contanti o con regali - per il proprio figlio, per poi cambiare appena arriva chi offre di più. È un mondo malato ma gli agenti sono gli ultimi della catena alimentare. Non tutti, ma molti, soprattutto chi cerca di essere un battitore libero.

Poi ci sono le società, che si dividono in proprietari e dipendenti. I direttori sportivi hanno un potere limitato e spesso sono giudicati per i risultati, senza conoscere né le dinamiche di potere, né la situazione contingente. Un dirigente spesso deve muoversi fra i pruriti della proprietà e la forza dell'agente che ha di fronte. Perché in Italia ce ne sono 4-5 fortissimi e che possono svoltarti la singola stagione, ma legarti mani e piedi a loro diventa controproducente a lungo termine. Ultimamente i club si affidano alle stesse persone per fare da intermediari, per tutte le operazioni in entrata e in uscita. Come è possibile poi smarcarsi da questa dinamica? Quando è l'agente ad avere bisogno di un favore, cosa succede? Magari arriva a fare la riserva in Serie A uno non all'altezza, mentre rimane in B quello più bravo, che ha più futuro, si perde via via nel grigiore di tutti i giorni.

È un discorso talmente ampio che avrebbe bisogno di una letteratura a parte. L'unica verità è che i soldi comandano, sia per i bilanci che per commissioni e giocatori. Ma nessuno punta la pistola alla testa ai dirigenti che hanno potere di firma. La FIGC, la Lega Serie A, la Procura Federale, tutti sanno tutto, ma è un malcostume (non solo italiano) che nessuno ha intenzione di cambiare. Che nessuno ha interesse a cambiare, perché è un mondo gattopardesco dove tutti cercano di mantenere i propri privilegi e le proprie ricchezze. È un circuito chiuso di 20 squadre, un circo dove tutti hanno la coscienza sporca che permette ai dirigenti di giocare allo scaricabarile verso chi non può rispondere, cioè gli agenti. Perché altrimenti non faranno più un'operazione.