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25,5 milioni di euro per la Primavera. E perdere contro la penultima

25,5 milioni di euro per la Primavera. E perdere contro la penultima
martedì 17 aprile 2018, 15:152018
di Andrea Losapio

La Lazio Primavera sta vivendo un periodo strano. Dopo anni di grandi risultati, con Scudetti e vittorie, in questa stagione la compagine di Bonacina - a dir la verità appena arrivato - sta inanellando sconfitte e record negativi. Tanto che la retrocessione dal campionato di Primavera A sembra praticamente cosa certa, anche in virtù della sconfitta domenicale all'antistadio Tavellin, di Verona, contro l'Hellas.

Nella Lazio, però, c'erano tre giocatori che definire fuori categoria significherebbe poco. Antonio Rozzi, professione centravanti, un passato nel Real Madrid (Castilla) e classe 1994. Chiaramente troppo vecchio per giocare, fuori rosa con i biancocelesti, ha un contratto fino al 30 giugno e poi sarà libero. Zero gol tra i professionisti, uno solo con la Primavera (in 5 partite) in quest'anno e un'occasione, impossibile da sbagliare, divorata proprio contro l'Hellas.

Non è stato lui, però, l'osservato speciale. Bensì Pedro Neto e Bruno Jordao, arrivati in estate dal Braga dietro il pagamento di 25,5 milioni di euro. O meglio, prima un prestito per entrambi, poi un altro anno - anche questo pagato - di cessione temporanea, poi il riscatto definitivo. Buoni giocatori per il livello della Primavera, ma va detto che l'Hellas Verona era a quota 21, penultimo. Insomma, non proprio una corazzata. Neto e Jordao non hanno fatto la differenza, pur disputando un'onesta partita, comunque terminata 2-0 per gli scaligeri.

Viene da pensare: bene la cessione di Keita Baldé, ma c'era proprio il bisogno di ripagare Jorge Mendes con una sorta di dilazione sulle rate? Di fatto la Lazio ha venduto Keita a 4,5 milioni di euro, avendo un prestito di 30 sull'unghia (ma subito decurtato di 7,5 dati per i prestiti dei due portoghesi). Insomma, più che una vendita Keita è stato un finanziamento. Nella speranza che Jordao e Neto possano esplodere. Possibilità, a ora, ancora abbastanza remota.