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683 giorni di Monchi. Il capolavoro Zaniolo e il flop Pastore

683 giorni di Monchi. Il capolavoro Zaniolo e il flop PastoreTUTTO mercato WEB
venerdì 8 marzo 2019, 14:30Serie A
di Simone Lorini

Si è ufficialmente chiusa oggi la prima avventura italiana (e all'estero in generale) di Ramón Rodríguez Verdejo, noto semplicemente come Monchi, direttore sportivo a cui Pallotta aveva affidato la rinascita della Roma visto l'imminente addio di Spalletti, finito poi all'Inter, a sua volta tornato nella Capitale per sostituire Rudi Garcia. Il mago del mercato, come era stato dipinto al suo arrivo l'ex direttore sportivo del Siviglia, lascia dopo il fallimento europeo, con la cocente eliminazione di Porto che è costata la panchina anche a Di Francesco. E proprio la scelta di esonerare il tecnico, difeso fino alla fine da Monchi, sarebbe stata la goccia in grado di far traboccare il vaso, portando alla separazione immediata.

Troppe teste pensanti per un solo club, l'addio a giugno per il direttore sportivo era scontato, che arrivasse addirittura prima del termine della stagione, no. Invece è andata così ma l'uscita agli ottavi di Champions non modifica nulla circa l'operato dello spagnolo in questi quasi due anni di operato, con quattro sessioni di calciomercato piene vissute sempre da protagonista. Il capolavoro è arrivato sicuramente l'anno scorso, con l'operazione Nainggolan: la cessione di un giocatore, sì amatissimo da piazza e pubblico, ma che ultimamente a Roma aveva fatto parlare per qualche eccesso di troppo che per le prestazioni in campo. In campo, un terzino versatile e affidabile ma da rilanciare come Davide Santon, ma anche e soprattutto il gioiello Nicolò Zaniolo, lanciato quasi subito da Di Francesco e diventato un gioiello invidiato da mezza Europa.

Se l'arrivo del giovane nerazzurro è stata una scelta azzeccatissima, quella di puntate sulla stella cadente di Javier Pastore, può essere interpretata come il flop maggiore della sua stagione, forse assieme a Patrick Schick, per quanto l'ex blucerchiato abbia ancora tanto tempo davanti per far ricredere gli scettici. Per l'argentino, classe 1989, un'annata davvero da dimenticare, tra infortuni (ben cinque), equivoci tattici e un adattamento al gioco di Di Francesco mai pienamente avvenuto.

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