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Ancelotti, i limiti di questo Napoli e l'errore di avallare tutte le scelte

Ancelotti, i limiti di questo Napoli e l'errore di avallare tutte le scelteTUTTO mercato WEB
© foto di Insidefoto/Image Sport
mercoledì 11 dicembre 2019, 09:30Il corsivo
di Raimondo De Magistris

Quali sono i limiti di questo Napoli? Perché Ancelotti, pur con tutti i suoi errori, s'è trovato 'costretto' a schierare questo Napoli col 4-4-2 e con tanti giocatori fuori ruolo? Partire da queste domande è necessario per analizzare i limiti di una squadra non solo a fine ciclo, ma probabilmente sopravvalutata. Soprattutto per quelli che erano gli obiettivi sbandierati in estate. "Quest'anno lotteremo per lo Scudetto" è frase che Ancelotti ha ripetuto per tutta l'estate. L'idea di essere al pari della Juventus o dell'Inter nella corsa per il titolo è stato pensiero che ha forse offuscato un'analisi lucida di una squadra che non solo in alcuni suoi elementi ha già dato tutto. C'è molto altro.

Jorginho mai sostituito - In tanti negli ultimi mesi hanno chiesto - a tratti invocato - il ritorno al 4-3-3 di sarriana memoria. Ancelotti invece è sempre andato avanti per la sua strada, pur con la consapevolezza che da interni in un centrocampo a due né Fabian Ruiz né Zielinski potessero esprimersi al 100%. Perché l'ha fatto? Non certo per autolesionismo. Ma perché in questo Napoli Jorginho non è mai stato sostituito: il regista italo-brasiliano era per Sarri imprescindibile, era l'unico regista di una squadra che dopo il suo addio non ha più avuto in rosa un calciatore con quelle caratteristiche. Non è un regista Allan, non lo è Fabian e ancor meno lo è Elmas. L'unico che avrebbe potuto ricoprire quel ruolo, seppur con caratteristiche diverse, era Amadou Diawara, sacrificato in estate sull'altare di Manolas. Probabilmente nemmeno sarebbe bastato, ma avrebbe comunque posto un argine in un centrocampo che ha tanti interni di qualità, un solo incontrista (Allan) e nemmeno un regista. Con queste caratteristiche, come era possibile sviluppare il 4-3-3?

Un passo avanti, poi due indietro - A proposito di Manolas, è palese come fin qui l'affinità tra il difensore ellenico e Koulibaly non sia la stessa che il senegalese aveva con Raul Albiol. Erano due difensori complementari, mentre l'attuale coppia di centrali titolari di questo Napoli ha caratteristiche troppo simili. Può comunque crescere, migliorare, ma almeno in questa fase l'assenza del difensore spagnolo si fa sentire.
Discorsi rimasti irrisolti anche per ciò che riguarda i terzini. Ce ne sono cinque e al momento quello che da maggiori garanzie è l'ultimo arrivato, quel Di Lorenzo che ha preso subito le redini della corsia destra. Poi, con Malcuit infortunato e Ghoulam accantonato (senza grosse spiegazioni...), restano Hysaj e Mario Rui. Terzini che il Napoli in momenti diversi aveva messo sul mercato e che invece, adesso, sono più utili che mai.

Chi la butta dentro? Infine l'attacco, forse il reparto maggiormente nel mirino della critica in questo periodo di magra. E qui andrebbero fatte delle riflessioni sul perché Carlo Ancelotti abbia avallato in estate scelte che non hanno portato al miglioramento di un reparto che ha mostrato limiti e difetti già nella passata stagione. Serviva un centravanti da almeno 20 gol a stagione e in estate - dopo un lungo inseguimento a Mauro Icardi - è arrivato Fernando Llorente, che negli ultimi due anni al Tottenham di gol ne ha realizzati 13: 5 nella prima stagione, 8 nella seconda. Poi l'equivoco Lozano, l'acquisto più costoso della storia del club. Un innesto incomprensibile se l'idea di Ancelotti è sempre stata quella di puntare sul 4-4-2 perché il messicano - checché ne dica l'ormai ex allenatore del Napoli - è sempre stato un esterno a sinistra in un attacco a tre. Lo stesso ruolo insomma di Lorenzo Insigne, altro caso irrisolto. Il risultato è un Napoli dipendente da un Milik che non ha mai convinto tutti e che spesso è alle prese con infortunio che lo costringono a restare ai box

In definitiva, queste prime 15 giornate di campionato hanno messo a nudo tutti i limiti di un Napoli che dopo la stagione dei 91 punti sul mercato ha preso più decisioni sbagliate che corrette. E l'ha fatto con il placet di un Ancelotti che non ha mai sollevato dubbi su una rosa limitata e limitante, che non era da Scudetto e quindi palesemente incompleta. Uno yes man di cui il Napoli non aveva bisogno se voleva crescere, un tecnico aziendalista che non ha costretto la società a quella rottura necessaria per mettersi definitivamente alle spalle il ciclo Sarri. "Questo mercato è stato da 10", ha detto Ancelotti a fine estate. Sei parole che andavano contro l'evidenza dei fatti e hanno sancito la sua condanna.

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