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Cristiano Ronaldo e la maschera di ossigeno di O'Shea. Quindici anni fa

Cristiano Ronaldo e la maschera di ossigeno di O'Shea. Quindici anni fa
© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport
martedì 23 ottobre 2018, 14:452018
di Andrea Losapio

Ci sono due momenti che hanno cambiato definitivamente la storia di Cristiano Ronaldo. Due momenti lontani geograficamente ma molto vicini, in uno sliding doors che ha portato la carriera del portoghese prima in Inghilterra e poi in Italia, e non viceversa. Il primo è l'approdo di Carlos Queiroz, nel 2002, come assistant coach di sir Alex Ferguson. Lusitano anche lui, consigliò di prendere CR7 allo scozzese, perché qualcuno ci avrebbe scommesso, altrimenti. L'altro è il rifiuto di Marcelo Salas di finire allo Sporting Lisbona, in cambio proprio del teenager. Alessandro Moggi lo aveva offerto a Parma e Lazio, ma entrambe le squadre lo snobbarono, mentre la Juventus lo voleva, ma il cileno era di altro avviso. Lo United intanto spedì Jim Ryan a guardare Ronaldo, più volte, con feedback assolutamente positivi. "Penso sia un'ala, ma con i giovani gioca centravanti", l'idea dell'osservatore.

L'AMICHEVOLE - Nel calcio del passato, senza Youtube e con pochi video - parliamo comunque di 15 anni fa - il modo migliore per gli allenatori era organizzare un'amichevole, anche per evitare show artefatti: Luis Silvio andò alla Pistoiese grazie, si dice, a un'amichevole arrangiata, ma erano gli anni 80. Il 6 agosto del 2003 Cristiano Ronaldo, con la maglia numero 28, si vede di fronte lo United. L'occasione è l'inaugurazione del nuovo Alvalade, ma Ferguson voleva toccare con mano la stoffa procurata da Queiroz. Alla fine del discorso motivazionale, sir Alex dice: "Ragazzi, occhio perché c'è una giovane ala, molto talentuosa, veloce e tecnica. Dateci un occhio". Le trattative erano già in corso.

LA MASCHERA DI OSSIGENO - La partita diventa ben presto un super show, con Cristiano in versione Matador e O'Shea colpito insistentemente dalle banderillas. Alla fine del primo tempo Ferguson chiese all'irlandese se avesse bisogno di una maschera di ossigeno, così come Roy Keane, Rio Ferdinand e Mikael Silvestre si ricordano tutti di quel primo tempo scintillante. Certo, in molti sottolineano come lo United arrivò dopo una tournée in America e tutti volessero andare a casa. "Saltava con facilità tutti quanti, eravamo shockati", le parole di Silvestre qualche tempo dopo. "Non lo conoscevo prima dell'amichevole, ma ho ringraziato di giocare al centro e non sull'ala". John O'Shea, durante la partita, urlò alla panchina che gli chiedeva più pressing: "Arrivarci vicino? Più facile a dirsi che a farsi". Nel secondo tempo entrò Pugh, la situazione non cambiò di molto e lo Sporting vinse 3-1.

"PRENDILO, PRENDILO" - Alla fine della partita Phil Neville entrò nella sala dove c'era Sir Alex Ferguson e disse assolutamente di acquistarlo. Intanto Queiroz era diventato allenatore del Real Madrid, il Barcellona aveva scoutato la partita tramite gli occhi di Txiki Begiristain. Di fatto, in una notte, Cristiano Ronaldo aveva gonfiato il suo prezzo fino a 12,2 milioni di sterline, una cifra enorme per un teenager con il numero 28 sulla schiena. Anche perché Jorge Valdano, direttore sportivo del Real, era già sulle sue tracce. Così Ferguson parlò con Jorge Mendes, in una piccola stanza del nuovo Alvalade (ristrutturato in vista degli europei 2004). All'inizio l'intenzione era quella di prendere Cristiano Ronaldo e lasciarlo allo Sporting per un anno, dopo la prestazione fu tutto diverso. Un'ora di colloquio, una stretta di mano, il ritorno sull'autobus. "Lo abbiamo preso?" la domanda a Sir Alex, che decise di rispondere con un sorriso.

IL LEGGENDARIO 7 - "Non ho mai visto una partita del genere da parte di un debuttante dai tempi di George Best", le parole di Tom Tyrrell, un habitué dei press stand dell'Old Trafford, ai tempi della gara con il Bolton. E Silvestre rincarò la dose, qualche tempo dopo, in un incontro privato: "Credo tu possa diventare il migliore del Mondo e vincere il Pallone d'Oro", la profezia del francese, divenuta realtà. Ripensandoci, però, non fu semplice: prendere il 7 di David Beckham, dopo solo 25 presenze da professionista, fu probabilmente un azzardo, tornando nel 2003. Il compianto Eusebio, prima della sfida contro il Bolton, disse: "A quest'età Ronaldo non è solo un calciatore, diventerà un'icona". Che, oggi, incontrerà nuovamente il suo passato, ed è anche normale che non voglia esultare.