Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendari
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliariempolifiorentinafrosinonegenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliromasalernitanasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenalatinalivornonocerinapalermoparmaperugiapescarapordenonepotenzaregginasampdoriaternanaturrisvenezia
Altri canali serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta
esclusiva

Ariatti: "Scandinavia e Paesi Bassi i nostri mercati. E in estate..."

ESCLUSIVA TMW - Ariatti: "Scandinavia e Paesi Bassi i nostri mercati. E in estate..."TUTTO mercato WEB
lunedì 23 marzo 2020, 08:00Serie A
di Alessandro Rimi

In attesa che il pallone torni presto a rotolare sui nostri campi, abbiamo avuto il piacere di fare una chiacchierata con uno dei più promettenti agenti italiani. In ascesa grazie a una struttura di procura efficace, dinamica e già fortemente internazionale. Il viaggio con Luca Ariatti, ex tra le altre di Fiorentina, Atalanta, Lecce e Chievoverona, passa dall’evoluzione della figura del procuratore, all’attenzione per i nuovi mercati europei. In mezzo l’importanza della fiducia con gli assistiti: conditio sine qua non perché si possano raggiungere in fretta solide relazioni con i club e un alto livello di reputation sul piano globale.

Partiamo dal principio, dalla genesi della 'Luca Ariatti Sport Management'...
"È nata da zero nel maggio del 2014 e posso dire che modelli simili non ce ne sono. Nel senso che, in un mercato tanto saturo, è stato necessario investire in maniera importante, oculata e certamente strategica per raggiungere certi livelli. La nostra è stata una scelta complicata e coraggiosa. Abbiamo deciso di costituire l’agenzia dal nulla, dandole da subito una forma e un nome che pure riportasse, giustamente, al mio nome. Era importante che ci identificasse in modo immediato. Nel corso dei miei ultimi anni da calciatore, avevo già iniziato un percorso manageriale in università, volevo fare l’agente fino a quando non ho svolto l’esame per poter esercitare la professione. C’era già l’alternativa. Ecco perché ho smesso da giovane (33 anni, ndr), fermandomi a un buonissimo livello così da poter sfruttare il mio nome. Certo, avrei potuto fare qualche anno in più ma, oggi, quella scelta drastica mi sta privilegiando".

L’inizio è il momento più complicato: ci racconta i primi, fondamentali, passi? Ruoli, collaboratori, mission dell’agenzia...
"Sono il titolare dell’agenzia e, venendo dal calcio, è stato più semplice prendere tutti i contatti con presidenti, allenatori e calciatori. Nella nostra sede di Bergamo abbiamo fatto un investimento importante, vogliamo che sia sempre più un punto di riferimento anche per i ragazzi. Lavorano dentro diverse persone: dalla segreteria agli aspetti legali e assicurativi, passando per i diritti di immagine e la rete degli osservatori. Una rete non troppo larga, perché preferisco che attorno al tavolo si sieda una cerchia ristretta per riordinare al meglio le idee. Siamo riusciti a portare varie teste nella valutazione unica del giocatore, che passa sempre dai criteri più moderni. Cerchiamo calciatori con una caratura, fisica, atletica e tecnica, di livello internazionale. Elementi che, per attitudine, dovranno rapportarsi ai loro analoghi europei. Ecco perché bisogna sbagliare il meno possibile. Ci piace lasciare autonomia ai giocatori: devono essere autonomi e pensanti, non robot mossi a piacimento. Così non cresce".

Quanto è stata importante la relazione con il suo agente durante la carriera da calciatore, in termini di apprendimento e know-how?
"Ho potuto contare su un’ottima agenzia che mi ha seguito fino all’ultimo minuto in campo. Sempre con lo stesso agente: nella struttura del dott. Giuseppe Bonetto, ogni calciatore era legato a un agente diverso e io lavoravo con Francesco Romano. Oggi è cambiato il modo di ragionare dei calciatori. Noi siamo ormai strutturati come agenzie basate sul modello aziendale che prevede un headquarters e vive di responsabilità, strategie quotidiane, assenza di orari (non esistono le ferie), reperibilità costante per ogni esigenza dei ragazzi. Il loro bene è fondamentale, il progetto di carriera è finalizzato alla costruzione di un percorso di lavoro".

Progetto indiscutibilmente ambizioso: fino a che punto?
"Già prossima estate andremo a inserire nuovi elementi. Siamo esigenti da noi stessi, presenti sia fisicamente sia con il rapporto con i nostri interlocutori. Per questa ragione amplieremo il numero di collaboratori specializzati e, in questo senso, le richieste non mancano. Selezioneremo, come abbiamo sempre fatto, professionisti dal forte senso di responsabilità. Porte aperte perciò a chi vede il calcio come noi".

Sui suoi assistiti descrive profili molto precisi: che rapporto ha con loro?
"Il nostro rapporto ricopre un’importanza cruciale. In fondo i ragazzi crescono con noi, li prendiamo giovani e dalle spiccate qualità tecniche. Poi il calcio pone delle difficoltà nelle relazioni, spesso dovute alla mancanza di continuità nelle prestazioni, scelte dell’allenatore che si fa fatica a comprendere. Soprattutto all’inizio di un percorso. A me è successo: all’età di 21 anni ero solo un lontano parente di ciò che sono poi diventato a 24-25. Serve massima fiducia tra le parti, serenità di affrontare in maniera chiara tutti i passaggi, ascoltarsi sempre".

Bello constatare che molti sono italiani: ma non solo, a quanto pare...
"Stiamo crescendo progressivamente come struttura. Lavorare con calciatori internazionali ha senso quando si crea un valore aggiunto per la società nella quale va a trasferirsi, quando si porta in Italia un ipotetico talento al quale si danno chance importanti. Guardiamo molto a questi profili, mettiamo la nostra garanzia nei calciatori, serietà massima. Al club assicuriamo un pacchetto sul quale è possibile puntare a 360°. Senza dubbio, restiamo parecchio attenti al prodotto italiano e lo difendiamo in quanto marchio di fabbrica. Lo straniero è la ciliegina sulla torta, quello che dà un ulteriore slancio all’agente. Ai club esteri fai vedere di avere qualità che vanno oltre il conoscersi da sempre, i soliti contatti. È questo il percorso più lungo, oltre che difficile".

E i risultati si vedono. Dove vi muovete abitualmente?
"In questo senso stiamo lavorando bene. In Danimarca, Svezia, Norvegia, Belgio e Olanda, grazie alla presenza di nostri referenti con i quali esiste un grande rapporto di fiducia, abbiamo maturato ottimi rapporti. Siamo conosciuti come fonte di supporto in Italia. Spesso, all’inizio, si va incontro a quella normale diffidenza, destinata a scalare nel tempo. Si tratta di un’area che mi piace molto. I loro giocatori sono avanti di almeno due anni, in Italia si adattano bene e mostrano grande serietà. Un esempio è certamente Andreas Jungdal, portiere danese classe 2002 che scorso luglio abbiamo portato al Milan. E adesso, in vista dell’estate, stiamo lavorando su alcuni profili da proporre al mercato italiano rispetto ai quali siamo a buon punto. Elementi potenzialmente pronti anche per la Serie A, non solo giovani in ottica Serie B e Primavera".

Nel mercato attuale è davvero impossibile prescindere dall’estero?
"Il classico agente italiano, fino a dieci anni fa, gestiva solo il mercato interno, giacché all’estero si spostava molto poco. Oggi si stanno sovrapponendo anche le figure degli intermediari. Perciò, l’italiano iscritto al Registro Nazionale lavora per il prodotto locale, ma anche sulle intermediazioni che nel tempo sono aumentate considerevolmente. Cerchiamo, per questo, di lavorare su entrambi i fronti. Qui entrano in gioco le lingue (Ariatti parla fluentemente inglese, tedesco e spagnolo, ndr), necessarie e fondamentali per quelli che sono i rapporti internazionali e la reputazione dell’agente oltre i confini. I grandi procuratori conoscono fino a cinque lingue. A proposito di rapporti all’estero, crediamo nell’importanza di inculcare, nella testa delle nuove generazioni di calciatori, quella tendenza a saper guardare oltre. Solo così è possibile approfittare della pienezza di un mercato molto più ampio. In effetti, sarebbe un peccato che il calciatore italiano non lo capisca subito. Tornando in Scandinavia e nei Paesi Bassi, quelli sono mercati dove, per età media, i nostri giovani potrebbero mettersi maggiormente in evidenza".

Strada tanto affascinante, quanto lunga e tortuosa. Sui rapporti con gli altri agenti cosa può dirci?
«Ogni attività ha i suoi aspetti brutti e belli che rappresentano comunque la maggioranza. Chi ha un progetto e la personalità per stare in questo ambiente, non deve preoccuparsi delle insidie che incontrerà. Si dimostrerebbe debole. Chi sceglie di fare questo mestiere, deve dare il massimo. Solo così i risultati arrivano e, anche allora, non è possibile rallentare. Non mi piace parlare dei colleghi con i quali ho rapporti di lunghissima data. Molto spesso collaboriamo e mi piace pensare siano preparati, sempre pronti al confronto e ad apprendere gli uni dagli altri. I grandi rapporti con le società sono fondamentali. Il giocatore capisce come e quando lavora il suo procuratore».

Chiaro. Domanda sul futuro dei procuratori: come se lo immagina tra dieci anni?
"Futuro procuratore? Sempre più manager dalla componente strategica, dalla visione lungimirante, dal tempismo preciso e dall’elasticità mentale moderna. C’è ancora un po’ di vecchio stile in Italia, le nuove leve che stanno venendo fuori mostrano invece un alto profilo manageriale. Come in Europa avviene da anni. L’Olanda esporta i suoi calciatori da tempo, l’Italia ha appena iniziato a farlo".

Chiudiamo con tre dei suoi assistiti legati, tra presente e passato, dall'Inter: il primo è Gavioli, cosa dobbiamo aspettarci dal ragazzo in futuro?
"Per Lorenzo abbiamo apprezzato la richiesta convinta formulata dal Ravenna in gennaio. Nota di merito per il ragazzo. Anche l’Inter, proprietaria del ragazzo, era d’accordo al trasferimento. A Venezia è cresciuto molto con Dionisi, uno dei migliori tecnici in Serie B. Resta un filo conduttore con il club ligure e speriamo di poter riprendere il discorso interrotto durante la finestra invernale. Sulla carta vanno messi tutti gli aspetti legati al calciatore in questo nuovo percorso in C. L’idea del ragazzo era di far bene. Chiaro che la cosa più brutta è quella di non giocare. Allora ben venga Ravenna per quel che riguarda il minutaggio, ma l’obiettivo è tornare prossima stagione in B".

Per quanto riguarda Squizzato, invece?
"Niccolò ha sofferto gli infortuni, ma adesso si è ristabilito appieno. Resta uno dei maggiori talenti dell’Inter. Nelle prossime settimane ci siederemo con l’Inter per parlare del futuro del ragazzo, destinato a un anno di consacrazioni".

E poi c’è Caligara...
"Fabrizio il Cagliari se lo tiene ben stretto. Il presidente Giulini ci crede da sempre, acquistandolo due anni fa con grande decisione. Nell’ultima gara contro il Crotone si è preso pura la soddisfazione del primo gol stagionale in B. Oggi attraversiamo la classica fase di valorizzazione per poter andare presto in Serie A".

© Riproduzione riservata
Primo piano
TMW Radio Sport
Serie A
Serie B
Serie C
Calcio femminile