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esclusiva

Roque Junior: "Il mio Milan: da Manchester 2003 a Paquetà"

ESCLUSIVA TMW - Roque Junior: "Il mio Milan: da Manchester 2003 a Paquetà"
sabato 20 ottobre 2018, 11:002018
di Gaetano Mocciaro

Ha fatto parte di uno dei Milan più forti della storia e ha vinto tutto quello che c'era da vincere in carriera: Mondiale, Champions League, Copa Libertadores. Pochi possono vantare il palmarés di Roque Junior. Il brasiliano si racconta ai microfoni di Tuttomercatoweb, alla vigilia del derby della Madonnina che lui ha vissuto da protagonista, peraltro in uno di quelli più incredibili in assoluto: quello dell'11 maggio 2001: Inter-Milan 0-6. Tra passato, presente e futuro, ci ha concesso una lunga intervista:

Roque Junior, guarderai il derby?
"Sicuramente anche perché appena posso seguo le sorti del Milan. E il derby è una partita speciale".

Sei fra i giocatori presenti nello storico derby vinto per 6-0
"Uno dei momenti più felici da giocatore del Milan. Li avevamo travolti, senza appello. Un derby così difficilmente si può ripetere".

Il rimpianto, la doppia semifinale di Champions vista dalla panchina
"Ricordo di quelle partite la pressione che era ancora maggiore rispetto ai classici Milan-Inter: nelle settimane a ridosso delle semifinali si incominciava ad avvertire ovunque".

Segui spesso il Milan?
"Sì. Ho visto i problemi degli ultimi anni, dove negli ultimi anni di Berglusconi non si è più investito come una volta. Fa uno strano effetto vedere una squadra che raggiungeva le finali di Champions non partecipare poi alle coppe. Però vedo che le cose possono cambiare, c'è un altro investitore e sono arrivati Leonardo e Maldini, che possono portare la cultura del Milan. Loro in rossonero hanno vinto molto e questo può fare la differenza. Oltre agli investimenti, che sono necessari".

Un pronostico sul derby?
"Difficile dire chi vincerà, perché è più di una partita. È qualcosa di più sentito, c'è un'altra atmosfera, la presisone sui giocatori è divera e vi assicuro che si sente. Ci sono tante componenti".

Il Milan è a un passo da Paquetà, affare da 35 milioni. In pochi lo conoscono in Italia
"Quando era arrivato Kakà in Italia era poco conosciuto e ha fatto subito grandi cose. Venendo alle cifre che si leggono io dico che vanno rapportate al mercato attuale. Paquetà è un giocatore di qualità che si è già guadagnato la Seleçao. Gioca nel Flamengo che è fra le grandi del Brasile e partecipa alla Copa Libertadores, per cui è già abituato a certe pressioni e certi ambienti. È da vedere come acquisto in prospettiva e per me può dare tanto al Milan. Diamogli il tempo di adattarsi. E aggiungo: meglio prenderlo adesso per 35 milioni, perché fra un anno rischia di non poterselo permettere".

Può essere paragonato a Kakà?
"Non credo sia giusto fare un paragone, la storia di ognuno è diversa. Dico solo che Paquetà può fare molto bene".

Venendo alla tua carriera: sei arrivato al Milan a 24 anni, quando sembravi a un passo dal Parma
"Giocavo nel Palmeiras, club che aveva una partnership con la Parmalat, per cui avevo la possibilità di andare al Parma. Si interessò però anche il Milan e a quel punto sono diventato un giocatore rossonero e lo sono rimasto per tre anni".

Un bilancio di quel periodo?
"Tre anni bellissimi, ricordi molto belli. Fui certamente aiutato dal fatto che all'epoca c'erano molti brasiliani. Ho avuto la possibilità di giocare con grandi campioni e ho vinto la Champions League e la Coppa Italia. Sono andato via perché volevo giocare di più. Ma non ho rimpianti, solo bei ricordi".

Un'immagine rimasta impressa nella memoria dei tifosi: la finale di Manchester 2003 dove stoicamente rimani in campo pur inforunato, per evitare alla squadra l'inferiorità numerica
"Uno dei più bei ricordi della mia carriera. Ero entrato a partita in corso, mi sono fatto male ma non era più possibile fare sostituzione. Non potevo in una situazione simile lasciare i miei in dieci, l'opportunità di giocare una finale di Champions League non capita facilmente, e ancor meno di vincerla. Ho dato tutto quello che avevo e alla fine è stata una gioia immensa".

Più grande della Libertadores del 1999?
"Sono momenti diversi della mia vita. Vincere la Libertadores col Palmeiras mi ha dato l'opportunità di rimanere nella storia del club e questo mi ha aiutato ad andare in Europa. Difficile scegliere, sia la vittoria in Libertadores che in Champions sono stati momenti bellissimi".

Fuori concorso il Mondiale vinto col Brasile
"Non c'è paragone con nulla. Ho fatto parte dei 23 che hanno rappresentato il Paese in Corea e Giappone, e poi degli 11 della finale. Pochissimi possono dire di aver vinto il Mondiale".

Ancor meno quelli che possono dire di aver vinto Mondiale, Champions League e Libertadores
"Si contano sulle dita di una mano. Guardandomi indietro posso dire di aver realizzato i sogni che avevo da bambino: giocare ad alti livelli e vincere ad alti livelli".

Di cosa ti occupi adesso?
"Sono direttore del Ferroviária, squadra della città di Araraquara, a 250 km da Sao Paulo. Ho seguito in questi anni dei corsi e quando avevo smesso di giocare avevo iniziato a lavorare come dirigente. Ho subito cercato d diventare direttore sportivo. Mi è capitato anche di collaborare a livello di scouting e mi sono infine avvicinato al campo. Ho fatto dei corsi anche in Italia, ho preso il patentino UEFA A e B e ho fatto anche l'allenatore. Adesso ho accettato questo progetto di cinque anni ma non escludo di tornare ad allenare".

Hai anche un'esperienza alla Lazio
"Sono rimasto 4-5 mesi, allenatore in seconda delle squadre giovanili. Una bella esperienza".

Come è finito l'ex milanista Roque Junior, dopo anni in Brasile, alla Lazio?
"Grazie a un paio di amici a Roma, uno di loro mi ha introdotto nel club ed è nata questa collaborazione".

Vieni spesso in Italia?
"Sì, in Italia e in Germania dove ho lasciato molti amici. Vedo molte partite e quando capita anche quelle del Milan".

Sono pochi i tecnici brasiliani che hanno allenato in Serie A: punti ad entrare nella cerchia ristretta?
"L'obiettivo è lavorare in Europa, non a caso ho preso i patentini UEFA. Certamente sarebbe un piacere lavorare in Italia".

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