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esclusiva

Sliskovic: "Vivevo per la giocata. Feci innamorare Juve e Roma"

ESCLUSIVA TMW - Sliskovic: "Vivevo per la giocata. Feci innamorare Juve e Roma"TUTTO mercato WEB
venerdì 14 agosto 2015, 08:302015
di Gaetano Mocciaro

Edin Dzeko sarà il 14° bosniaco nel campionato di Serie A, il più atteso considerato il lungo corteggiamento delle italiane sull'attaccante, che risale al 2009 quando il Milan, dopo averlo affrontato in Coppa Uefa contro il Wolfsburg, tentò l'assalto trovando il "no" dei tedeschi. Sei anni dopo è la Roma ad assicurarcelo e a presentarcelo, per l'occasione, uno dei primissimi calciatori della Bosnia-Erzegovina arrivati in Italia, quando il paese balcanico all'epoca apparteneva alla Jugoslavia: Blaz "Baka" Sliskovic. Stella del Pescara di Galeone di fine anni '80, Sliskovic oltre a parlarci del nuovo asso giallorosso ne approfitta per ripercorrere la sua carriera in Italia da genio e sregolatezza, con la sorte sotto forma di infortuni ad avergli impedito il grande salto nell'élite del calcio. In esclusiva per Tuttomercatoweb:

Blaz Sliskovic, detto da tutti Baka. Da cosa nasce questo soprannome?
"È una storia che risale a quando ero bambino. Avevo un fratellino più piccolo di me di un anno e non riusciva a chiamarmi Blaz. Gli veniva da dire Baka. E questo nomignolo mi è rimasto ancora oggi".

Dalla riapertura delle frontiere del 1980 Lei è il primo rappresentante della Bosnia-Erzegovina in Italia. Fece sognare Pescara, una delle sorprese del torneo 1987/88, però è mancato il grande salto. Rimpianti?
"Sì, penso di avere qualche rimpianto. Quando arrivai a Pescara nell'estate del 1987 feci un buon campionato. C'era anche un campione come Leo Junior e altri buoni giocatori. Le mie prestazioni furono notate da alcune grandi squadre, tanto che avevo preso contatti con il presidente della Juventus per passare in bianconero la stagione successiva. E anche la Roma mi contattò. Poi mi infortunai seriamente al ginocchio, mi sono dovuto operare ai legamenti e così sia Juventus che Roma si allontanarono. Lo stop di cinque mesi mi ha cambiato la carriera, dovetti tornare al Marsiglia che era titolare il mio cartellino e oggi rimpiango quel che non è stato, perché la mia carriera poteva essere migliore".

Infortuni che l'hanno colpita anche in altri momenti cruciali
"Mi è mancata in generale un po' di fortuna sportiva, indubbiamente. Quando poteva arrivare il grande salto arrivava un infortunio a fermarmi. È successo anche alla vigilia dei Mondiali del 1982, quelli che ha vinto l'Italia. Ero nazionale jugoslavo, avevo 20 presenze, poteva essere la mia vetrina e invece mi feci male e saltai la manifestazione".

Veniva soprannominato "Maradona dei Balcani". Paragone esagerato?
"Difficile parlare di sé stesso. Però posso dire che la gente che ama il calcio ama i giocatori estrosi, quelli che ti invogliano ad andare allo stadio. Gli spettatori vogliono emozioni, qualcosa di nuovo, non solo passaggi facili e corsa. Ed è per questo che i tifosi non mi hanno dimenticato".

Un legame molto forte con la gente di Pescara
"Credo che al di là di quello che facevo in campo a fare la differenza era anche il rapporto con i tifosi. Mi piaceva farli felici, ero sempre pronto a parlare con loro. Per loro voleva dire tanto parlare con il loro beniamino e per me era un piacere dedicargli tempo. A Pescara mi capita di tornare, ho ancora tanti amici, è la mia seconda città dopo Mostar, che è dove sono nato e vivo".

C'è stata anche una seconda tappa pescarese, nel 1992
"Non è andata come mi aspettavo. Avevo 33 anni quando Giovanni Galeone mi chiamò. Gli dissi che fisicamente non ero al massimo, ma lui insistette anche perché aveva bisogno di un uomo importante per lo spogliatoio. Mi convinsi e tornai, ma alla fine ho fatto 18 presenze. Poi ci fu il cambio di allenatore, col quale ho avuto problemi e finì di nuovo l'avventura al Pescara, con la squadra che andò in Serie B".

Oltre alle doti tecniche riconosciute si parlava anche di Lei fuori dal campo: è vera la storia dell'epoca che la dipingeva come accanito fumatore e bevitore di caffè?
"Chiariamo che questa è una leggenda. Bevevo caffè, è vero. Ma non più di altri calciatori. Così come la storia delle sigarette. Pescara è una città piccola e si fa in fretta a mettere in giro certe voci. La verità è che gli altri giocatori, magari più furbi, andavano a fumare in bagno, si nascondevano. Io no. Mi piaceva la sigaretta dopo il caffè, ma non è che fumassi tre pacchetti, come si era arrivato a dire. Arrivavo al limite a un pacchetto e a 5-6 caffè al giorno, che poi in Italia sono quelli che normalmente uno beve".

Adesso allena: ha guidato la selezione bosniaca, ha allenato in Romania, Albania e Cina. Dove la vedremo?
"Al momento non ho squadra. Ho lavorato nell'ultimo periodo della scorsa stagione al Široki Brijeg e adesso mi avvio a una nuova avventura. Magari in qualche paese arabo come Emirati o Qatar. Penso che il mio futuro possa essere lì".

Dopo di Lei sono arrivati diversi bosniaci. L'ultimo è Dzeko. Crede che possa essere protagonista in Serie A?
"Ambientarsi nel campionato italiano non è facie. Ma Edin ha qualità e non dico si possa adattare subito, ma nel breve sì. La forza di Dzeko sta nel carattere forte, è una persona aperta e questo va a suo vantaggio. Nello spogliatoio può integrarsi subito. E poi nella Roma c'è un altro giocatore della Bosnia-Erzegovina, Miralem Pjanic. Questo sarà sicuramente un altro punto di vantaggio".

Cosa deve aspettarsi Dzeko dal campionato italiano?
"I difensori italiani sono duri, possiamo dire cattivi ma Dzeko non ha paura di prenderle. È fisicamente forte e sa sgomitare, è molto forte di testa e sa giocare con entrambi i piedi. E poi sa giocare per la squadra".

A Roma, da Montella in poi i centravanti hanno spesso subito l'ombra di Francesco Totti
"La storia insegna che se arrivi a Roma sei il secondo di Totti. Ma non credo che Dzeko sia preoccupato dalla sua figura. È arrivato in Italia per vincere e non ha paura".

Parlando in generale del calcio in Bosnia-Erzegovina: c'è qualche giocatore che consiglierebbe al calcio italiano?
"Difficile fare un nome preciso. Come sapete la guerra che ha devastato il nostro Paese ha condizionato anche il calcio, ma piano piano stiamo crescendo e stanno uscendo giovani di grande talento. Devo dire che ci sono molti giovani interessanti, magari alcuni sono ancora acerbi per l'Italia ma credo che se si ha pazienza da voi qualche bosniaco può ben figurare anche in Serie A".

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