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esclusiva

Ziege: "La mia Italia fra il Trap e il Milan. Riparto dalle Baleari"

ESCLUSIVA TMW - Ziege: "La mia Italia fra il Trap e il Milan. Riparto dalle Baleari"
sabato 12 marzo 2016, 07:202016
di Gaetano Mocciaro

Un Europeo vinto da protagonista ma non solo: trofei vinti in Germania, Inghilterra e anche Italia, oltre ad aver alzato la Coppa Uefa con due squadre differenti. Christian Ziege è stato uno dei giocatori più vincenti della sua generazione e oggi a 44 anni riparte dalla Spagna, precisamente Palma de Mallorca, nel suo nuovo ruolo di allenatore dell'Atlético Baleares. Ai microfoni di Tuttomercatoweb l'ex Milan ci parla della sua vita attuale senza mancare di fare un tuffo nel passato.

Christian Ziege, una carriera spesa fra Germania, Italia e Inghilterra come giocatore. Da allenatore ti ritroviamo in Spagna. Come mai questa scelta?
"Intanto al giorno d'oggi è necessario essere aperti a esperienze ovunque, considerato che gli allenatori sono sempre di più. Il presidente e il direttore sportivo dell'Atlético Baleares sono tedeschi, mi hanno chiesto di venire in Spagna e per me questo è sempre stato un Paese calcisticamente affascinante. Del resto il movimento spagnolo è fortissimo e lo si vede costantemente nelle coppe europee, non solo parlando di Real Madrid e Barcellona. Sono arrivato a fine novembre e sto imparando un calcio diverso: sebbene l'Atlético Baleares sia in Segunda B (l'equivalente della nostra Lega Pro, ndr) il livello è piuttosto alto. Speriamo di salire di categoria anche se non è facile".

E con la lingua spagnola come procede?
"Ancora non l'ho imparata ma piano piano spero di farcela. Un po' il sapere l'italiano mi agevola anche se spesso tendo a mischiare le due lingue (ride, ndr). E poi il mio non è stato un trasferimento programmato con largo anticipo. Come Guardiola, per esempio, che ha avuto un anno di tempo per imparare il tedesco e presentarsi al Bayern conoscendo la lingua".

Dal 1997 al 1999 hai giocato in Italia. Sei mai più tornato da allora nel nostro Paese?
"Sì, spesso. Amo l'Italia. Mi capita di passare le vacanze vicino al Lago di Garda e ogni tanto vado a Roma, una città che mi piace tanto, la trovo fantastica".

Segui la Serie A?
"Se capita sì, anche se a casa guardo più che altro qualche partita di Bundesliga".

Mercoledì c'è Bayern-Juventus. Credi che i bianconeri possano avere delle possibilità?
"Se ripenso ai primi 70 minuti di Torino direi di no, però la Juventus è stata abile a raddrizzare una partita già persa, per cui mai dire mai. Si gioca a Monaco e questo è un bel vantaggio per il Bayern ma l'assenza di un giocatore come Boateng in difesa si farà sentire, in più questa Juventus da 3-4 anni è sempre più forte".

A proposito di Juventus, è vero che potevi diventare un giocatore bianconero?
"Sì, la Juventus mi voleva e non dico che eravamo vicini a chiudere ma c'era effettivamente la possibilità di trasferirmi".

Poi come è andata a finire?
"Nella mia carriera mi ero posto degli obiettivi: giocare nel Bayern e nella Nazionale. E poi mi sarebbe piaciuto giocare in Italia. Coronato i primi due obiettivi hanno iniziato a concretizzarsi delle offerte: come detto c'era la Juventus ma si fece avanti anche il Milan. E ho preferito i rossoneri, mi affascinavano di più anche perché da ragazzo ammiravo la squadra di Gullit e Van Basten. Quindi era chiaro che se avessi lasciato il Bayern il Milan sarebbe stato la prima scelta".

In rossonero due anni strani: un decimo posto, poi un sorprendente scudetto
"I primi sei mesi sono stati duri perché non parlavo una parola d'italiano. E io ho bisogno di comunicare. A complicare le cose si è messa una stagione iniziata male e finita peggio".

Sei arrivato al Milan come uno dei migliori terzini sinistri al mondo. Peccato che in rossonero in quel ruolo c'era Paolo Maldini
"Infatti all'inizio Maldini fu spostato a destra e non era proprio contento della situazione. Poi hanno spostato me a destra ma la cosa non funzionava. Poi sono stato messo esterno sinistro di centrocampo. Col senno di poi forse non è stato troppo intelligente andare in una squadra che aveva già il miglior terzino sinistro al mondo, però con Maldini devo dire che non ho mai avuto problemi: è una grande persona e sono felice di aver giocato con lui".

Con Zaccheroni l'anno successivo è arrivato lo scudetto
"Lui aveva il suo modulo di gioco che non cambiava mai, io avevo qualche problema e lui stesso non mi riteneva all'altezza. Poi mi ha proposto di fare l'attaccante esterno e avevo accettato l'idea, peccato che a un certo punto la società mi abbia detto che non rientravo più nei piani del Milan. Se devo fare un bilancio dico che è stata comunque un'esperienza positiva: questi due anni sono stati difficili ma ho giocato con tanti giocatori molto importanti e contro campioni come Del Piero, Inzaghi e tanti altri".

Hai mantenuto i contatti con i tuoi ex compagni del Milan?
"No, ma in generale non ho mantenuto molti contatti con i miei ex compagni. La verità è che nel mondo del calcio non si trovano tanti amici. Condividi il tuo tempo agli allenamenti, in campo. Ma questo è un mestiere che ti porta a cambiare città ogni anno, si va e viene ed è difficile stringere poi i rapporti".

La filosofia calcistica italiana l'avevi già conosciuta al Bayern: Giovanni Trapattoni è stato un tecnico molto importante per te
"Trapattoni è stato il primo allenatore che mi ha dato qualcosa a livello tattico. Il mio calcio prima di lui era istintivo, giocavo come mi sentivo di giocare. Lui invece aveva un'idea di calcio ben precisa anche se troppo difensiva per i miei gusti. Ci spiegava tante cose durante gli allenamenti, parlava molto di cosa si doveva fare e cosa non".

Nella tua carriera di allenatore ti ispiri a qualcuno?
"Ho imparato da molti allenatori ma poi ognuno ha la sua idea di gioco".

La Segunda B, il tuo campionato, presenta diverse squadre B dei grandi club. Un'idea che potrebbe essere presa in considerazione anche in Italia
"Per me una buona idea. Vedo le squadre B di Barcellona, Villarreal o Valencia che sono molto forti e applicano la stessa filosofia di gioco della prima squadra. Anche in Germania funziona così ed è una buona palestra per giocatori giovani che non sono ancora pronti per i più livelli".

Recentemente uno dei tecnici di queste squadre B è approdato alla Prima squadra: parliamo di Zidane al Real Madrid. Condividi la scelta?
"Sì perché l'esperienza da allenatore conta fino a un certo punto. Zidane è stato un grande giocatore e penso che un tecnico se ha un'idea di gioco chiara e la squadra lo segue può fare molto bene. Guardate Guardiola e Luis Enrique, anche loro vengono dalle squadre B".

Qual è il tuo obiettivo da tecnico? Può esserci un futuro in Italia?
"Tornare in Italia non mi dispiacerebbe ma adesso voglio far bene qui. Mi piacerebbe arrivare ad allenare nel massimo campionato".

I vari campionati attualmente vedono dei domini delle solite squadre: Bayern in Germania, Juve in Italia, Paris Saint-Germain in Francia. Pensi che siano maturi i tempi per una Superlega Europea?
"Posso dire che non sono d'accordo, non mi piacerebbe. I campionati nazionali devono continuare a esistere, non mi piacerebbe vedere solo le solite Paris Saint-Germain, Barcellona, Bayern in un torneo unico. Ma io sono cresciuto in un calcio diverso, quindi sono legato ai tornei nazionali".

Tuo figlio intanto segue le tue orme da calciatore
"Sì, ha firmato col Bochum. Si chiama Alessandro, gli ho dato un nome italiano perché amo la cultura italiana. Infatti le altre due mie figlie si chiamano Maria e Caterina. Non è facile emergere col cognome che porta, perché molti hanno dei pregiudizi, ma credo che Alessandro sia forte, gioca da centrale e anche da terzino sinistro come facevo io. Ha tempo per crescere e migliorare".

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