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Non è l'ultima cena tra Agnelli e Sarri

Non è l'ultima cena tra Agnelli e SarriTUTTO mercato WEB
© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport
martedì 11 febbraio 2020, 11:00Serie A
di Andrea Losapio

Meno nove rispetto all'anno scorso, i primi spifferi, miglior attacco lontanissimo, difesa solamente terza. La Juventus si sta specchiando nelle sue imperfezioni, in quelle del suo allenatore - che non ha mai vinto uno Scudetto - e nei limiti di una rosa confezionata per dominare su tre fronti e che, su tre fronti, corre e non poco. A inizio febbraio di dieci anni fa, José Mourinho rischiava di perdere tutto. Massimo Moratti, dopo le frasi sul tabù Calciopoli del post Chelsea, aveva intenzione di cambiare in ogni caso. Com'è finita e com'è andata, poi, è storia del calcio: i cavalli buoni si vedono alla fine, a maggio, e niente è semplice quando sei costretto a vincere.

ANCORA VICINI - Sarri e Agnelli non sono ai ferri corti, al di là della cena di ieri sera documentata da La Stampa. Però c'è un minimo mal di pancia in quella che è una squadra che spende 250 milioni di ingaggi - più del fatturato di Milan, Roma e Napoli - ma che non diverte e che rischia di vedersi scippare lo Scudetto dagli eterni rivali dell'Inter, oppure dalla sorpresa Lazio. I nove punti che mancano all'appello, di fatto, racconterebbero di un campionato già praticamente chiuso: un anno fa il Napoli era a quota 52, a undici lunghezze dal primo posto, ora sarebbe in lotta come tutte.

SOLO JUVENTUS E MILAN - Tra le prime dieci hanno perso punti. E se i rossoneri hanno già cambiato allenatore - e filosofia, con l'arrivo di Ibrahimovic - i piemontesi si stanno aggrappando mani e piedi al proprio fuoriclasse, Cristiano Ronaldo, continuamente in gol. I miracoli non riescono nemmeno a lui, ma certamente sta togliendo diverse castagne dal fuoco. Sembrano lontani, lontanissimi i giorni in cui, quest'estate, era stato scelto Sarri per la sua capacità di imprimere un gioco e un'impronta. Perché se vincere è l'unica cosa che conta, come da motto bianconero, la forma perde sostanza. Soprattutto quando rimane solamente sulla carta.

GLI ALTRI - Massimiliano Allegri è ancora a libro paga della Juventus, ma raramente succede che una big torni sui suoi passi. Anche in questo caso solo una sciagura totale - perdita di quota in campionato, eliminazione in Champions, la Coppa Italia pesa relativamente meno - potrebbe far riconsiderare la posizione di Sarri, per un cambio in corsa. D'altro canto non è lo Scudetto che modifica le entrate economiche, la Roma è distantissima ed è impossibile pensare a un quinto posto. La Champions serve per ancorare il fatturato, vincerne uno in più o uno in meno conta più per i tifosi che non per chi deve redigere bilanci e far crescere il benchmark. Per quello servirebbe un grande allenatore: per Josep Guardiola c'era stato un contatto lo scorso marzo, dove però il catalano aveva ringraziato e rifiutato, ben sapendo che il suo lavoro al City sarebbe finito solo vincendo la Champions, forse nemmeno lì. Jurgen Klopp è impossibile da prendere, Pochettino era un'opzione per la scorsa estate, Zidane prima scelta ma il Real sta ricominciando. Insomma, Sarri era stata l'opzione più "semplice" ma anche quella più controversa.

COLTI DI SORPRESA - Perché nei retroscena che giravano nella scorsa estate, c'è che Andrea Agnelli non fosse così pronto per cambiare allenatore. Che Allegri fosse una scelta opportuna per continuare il percorso di crescita e che, realmente, con Zidane e Guardiola fuori dai giochi non ci fosse l'orizzonte sgombro per una opzione così chiara. In soldoni: Sarri è stata una (ottima) alternativa, ma non il miglior film possibile per la Juventus della scorsa estate. Magari lo sarà per i prossimi mesi. Ma l'aria che tira non aiuta, a meno di una Champions da protagonisti assoluti.

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