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Speciale scouting. I giovani ti mettono le ali: il metodo scientifico della galassia Red Bull

Speciale scouting. I giovani ti mettono le ali: il metodo scientifico della galassia Red BullTUTTO mercato WEB
© foto di Getty/Uefa/Image Sport
giovedì 12 novembre 2020, 18:00Serie A
di Ivan Cardia

Lo scouting ti mette le ali. Raccontare l’approccio della Red Bull al calcio è impossibile, senza parlare dell’importanza che in questo progetto ha l’attenzione ai migliori talenti del globo, da portare e valorizzare in una vera e propria galassia pallonara. Non siamo sicuri che questo sia il calcio romantico che sogniamo o una proposta davvero sostenibile per altre società in giro per il pianeta, così come vi sarebbero tanti aspetti da approfondire, a partire dal fatto che per molti osservatori questo meccanismo crei un immenso giro di soldi che escono dalla tasca di un pantalone per entrare in un'altra tasca dello stesso pantalone. Ma c’è poco da discutere: è un modello senza precedenti, con qualche tentativo di imitazione (ma l’approccio del City Football Group è abbastanza diverso) e un tasso di rendimento decisamente alto.

Naby Keita, Erling Braut Haaland, Sadio Mané, Dayot Upamecano. Sono alcuni dei nomi eccellenti cresciuti sotto il segno del toro rosso, diventati campioni e soprattutto succose plusvalenze. Ma anche testimonial mondiali di un marchio che con lo sport si è legato a doppio filo e al calcio sta cercando di annodarsi sempre di più. Tutto nasce nel 2005, quando l’azienda del più famoso energy drink acquisisce il modesto Austria Salisburgo e lo trasforma in Red Bull Salisburgo. Il Lipsia, da un punto di vista cronologico ma anche di progetto, è solo l’ultimo arrivato.

400.000 giocatori. È questa l’ampiezza del database di calciatori a disposizione della Red Bull. Il cuore è il Salisburgo: anche se la formazione austriaca è progressivamente diventata una sorta di squadra B per il Lipsia, resta l’anima del progetto e il tratto d’unione fra i diversi continenti nei quali esso si sviluppa. La filosofia è all’opposto di quella che seguono molti club: non si guarda il giocatore che serve in quel dato momento storico. Al contrario, quando i dirigenti cercano un acquisto, devono semplicemente bussare alla porta del reparto scouting e chiedere il miglior profilo per quel determinato ruolo. Il grosso del lavoro è già fatto ed è tutto lì, in una sorta di enciclopedia del calcio che sarà.

Data scouting e pitch scouting. Sono i due cardini del modo di osservare i talenti. Una combinazione valida per molte società, e infatti la Red Bull ha cercato di imparare dai migliori. In entrambe le fasi, l’obiettivo è quello di immagazzinare il maggior numero di elementi possibili. Prima dietro lo schermo di computer: terabyte di dati che vengono visionati per avere un’impressione generale del giocatore in questione. Poi, si va sul campo: la rete di osservatori di ciascuna società non è amplissima, ma coniugandone i risultati con l’analisi video si ottiene un network globale. Una volta completata l’opera, profilo e caratteristiche vengono salvate in questa enorme e costantemente aggiornata banca dati: quando sarà il momento di investire in quel ruolo, non ci vorrà molto tempo.

Europa, Nord e Sud America. Non sempre va bene. Del network si è già detto. Nel 2005 la Red Bull è partita dal Salisburgo, nel 2009 ha completato le fondamenta col Lipsia, oggi la squadra di punta del brand. Nel mezzo, l’espansione, anzitutto in America. Nel 2006, la Red Bull è sbarcata a New York, rilevando gli storici Metrostars: pochi successi sul campo, ma tanta visibilità sul mercato USA e ancora talenti da pescare. Nel 2007, ecco San Paolo e il Red Bull Brazil, piccola società brasiliana, alla quale si è affiancata nel 2019 il Red Bull Bragantino, che milita invece nel massimo campionato. Vedremo a breve cosa comporta questa rete di club in giro per il mondo. Nel frattempo, c’è da segnalare che non tutte le ciambelle riescono col buco: sempre nel 2007, la Red Bull ha infatti inaugurato un proprio club in Ghana. I risultati però sono stati modesti, e nel 2013 la scommessa africana è stata dichiarata ufficialmente persa, con la cessione della società.

Esserci già, prima degli altri. L’abbiamo capito: la filosofia nello scouting è questa. Esserci già, senza doversi muovere con fretta, perché semplicemente la Red Bull è già lì, si è già mossa con anticipo. Lo stesso principio si applica a questa rete di club, quasi in versione piramidale. Con due società in Brasile, oltre a sponsorizzarsi in un Paese storicamente affamato di calcio, la Red Bull può fare a meno di qualsiasi intermediario e cercare i talenti, nel più grosso bacino mondiale, di prima mano, essendo già sul luogo. Stesso discorso in MLS, una delle nuove frontiere del pallone: a New York molti si chiedono se e quando giocatori come Cristian Casseres (centrocampista venezuelano del 2002) faranno il salto in Europa. Verso il Salisburgo (dove l’età limite è considerata 23 anni, e qui pesa sicuramente l’impronta di Ralf Rangnick, deus ex machina del progetto), perché ogni società è un punto di arrivo e di partenza. Anche il Lipsia, che della piramide calcistica è il vertice, ma a generose plusvalenze non rinuncerà mai. Con club di diversa caratura e in diverse zone del mondo, la Red Bull può non solo pescare i talenti in giro per Europa, Nord e Sud America, ma anche farli crescere nel campionato che per ambiente e competitività sia ritenuto il più confacente. In attesa di spiccare il volo, perché lo scouting mette le ali.

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