Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendari
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliariempolifiorentinafrosinonegenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliromasalernitanasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenalatinalivornonocerinapalermoparmaperugiapescarapordenonepotenzaregginasampdoriaternanaturrisvenezia
Altri canali serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta

Inter, dal Friuli con furore

Inter, dal Friuli con furoreTUTTO mercato WEB
© foto di ALBERTO LINGRIA/PHOTOVIEWS
sabato 16 dicembre 2017, 07:302017
di Alessandro Rimi

Chiuso un Pordenone si apre un Udinese. E non serve neppure macinare chissà quanti chilometri - 50 - per arrivare da un punto all’altro. La strada che i bianconeri dovranno fare per raggiungere San Siro, casualmente, è la stessa percorsa dai neroverdi di Colucci che, c’è chi giurerebbe, non hanno ancora digerito la sentenza di Nagatomo. Quanta sofferenza per guadagnarsi i quarti di Coppa Italia (ottava volta negli ultimi nove anni) contro il Milan il prossimo 27 dicembre. Per quanto il Pordenone fosse cosa piccola (anzi proprio per questo) e per quanto Spalletti abbia apportato un’infinità di cambi nell’undici di partenza, non c’è giustificazione per i vari Karamoh, Cancelo, Eder e Dalbert. Spalletti, dal canto suo, fa la calamita e, come sempre, si autocolpevolizza quando parla di scelte che «non sono state il massimo visto che ho mandato in campo calciatori poco utilizzati fino ad ora».

Fatto sta che, un po’ per supponenza e un po’ per disabitudine, non sono in pochi ad aver deluso le aspettative del popolo interista e, naturalmente, dello stesso allenatore che, diciamolo, nonostante si sia preso le sue responsabilità, immaginava di vedere ben altro spettacolo. È evidente che le imprese, anche quelle solo sfiorate, nel calcio ci sono sempre state: pensiamo a quella del Calais in Coppa di Francia, del Wimbledon e del Wigan in FA Cup, del Bastia in Coppa Uefa. Senza andare troppo lontano, qualche giorno fa, Al-Jazira rischiava di eliminare il super Real Madrid di Zidane dal Mondiale per Club. Quindi perché il Pordenone non avrebbe potuto spostare la piramide con una carretta? Certo è che pretendere la luna da chi non gioca mai non si può. Altro discorso è la qualità generale della rosa. Siamo tutti d’accordo che necessita di qualche rinforzo ma, dice giustamente Lucio, «i tre nomi che farei sono Sergio Ramos, Iniesta e Sanchez davanti». Come a dire: o arriva il fenomeno, oppure vado bene così. In fondo, chi già c’è ha portato l'Inter davanti a tutti e «perciò bisogna dargli il massimo rispetto che meritano».

Già, il massimo possibile. A tre giornate dal termine del girone d’andata, i nerazzurri comandano da imbattuti con 40 punti (dodici vittorie e due pari), come nel 2007/08 quando arrivò il 16esimo scudetto. Spalletti può pure contare sulla miglior difesa del campionato, in compagnia di Napoli e Roma, con 10 reti incassate (l’anno scorso erano 21). Di queste appena due, alla fine, risultano decisive in ottica punti: quelle di Verdi al Dall’Ara di Bologna e di Iago Falque nell’1-1 del Meazza. E poi c’è Handanovic, vero ex del match - 182 presenze con l’Udinese - che non ha preso gol già in 9 partite. Come l’anno scorso in realtà, ma nell’arco dell’intero torneo. Segno che la difesa funziona da morire, soprattutto quando si nota quel meraviglioso “0” relativamente ai gol subiti da palle inattive. Tutte cose che all’ex guida della Roma strappano un sorrisino di soddisfazione. Quella smorfia di grazia che non lascerebbe mai vedere. Con il passare delle giornate, ancora di più.

Ecco perché, successivamente alla spaventosa gara di coppa, Lucio ha voluto chiamare tutti a rapporto. Soliti discorsi individuali. Soliti sguardi stracolmi di messaggi anche troppo chiari. La squadra, in settimana, non ha avuto tregua: palestra, stretching, tattica, esercizi di rapidità, possesso a due tocchi, conclusioni di prima e partitelle a campo ridotto. Senza Joao Mario (ancora a letto con la febbre) e con Eder e Santon recuperati ma non al top della forma, la Beneamata dovrà vedere nell’Udinese un po’ di quel Pordenone tanto affine - per distanza geografica e visione imprenditoriale - per non sbagliare ancora l’approccio. Questa volta però in campo vanno i migliori. Tutti, subito, com’è giusto che sia. Il passato racconta di un’Inter parecchio avanti nei numeri rispetto ai friulani, avendo raccolto il doppio dei punti negli scontri diretti, sia al Meazza che sul piano complessivo. Negli ultimi cinque precedenti in campionato, i nerazzurri hanno poi sempre vinto con un bilancio netto di 16 reti a 6. Schiacciante.

Eppure l’Udinese sa essere un cliente molto scomodo. Perché in tre delle ultime sei gare giocate a Milano ha fatto bottino pieno e in sette delle ultime otto ha sempre chiesto al portiere avversario di raccogliere il pallone alle sue spalle. Perché con Oddo in panchina ha messo a segno due vittorie di fila in A, senza subire gol. Perché nel 2017 non è mai accaduto che centrasse tre successi consecutivi e, chissà come mai, ci tiene tanto a farlo. Perché 7 degli ultimi otto gol realizzati hanno visto come protagonisti quei gioielli di Barak e Jankto, profili cesellati a dovere da Pozzo che, ricorda il saggio Spalletti, «va a scegliersi tanti giocatori in giro per il mondo che inizialmente non sembrano un granché e poi esplodono a livello internazionale. Udine come piazza e società ha tutte le caratteristiche per far crescere potenziali campioni». Come questi due che Sabatini e Ausilio tengono d’occhio ogni attimo e che, oggi, non possono avere occasione migliore per farlo in HD. Comodi in tribuna e senza troppa apprensione, si spera. Perché a San Siro, con i bianconeri friulani, ci sarà per forza un po’ dei ramarri che per pochissimo non rischiavano di scolorire quello che sembra un arcobaleno perfetto. E questo basta, per non stare poi così sereni.