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Inter, rotta verso il punto di non ritorno

Inter, rotta verso il punto di non ritorno TUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
lunedì 19 febbraio 2018, 08:302018
di Alessandro Rimi

Ci si mette pure Marassi ad inchiodare l’Inter. I bilanci, le statistiche, gli infortuni simultanei. Certo a naso la fortuna, incluso il numero di legni colpiti in stagione, non sembra essere la miglior amica dei nerazzurri. Il Genoa in casa è una sentenza. Pandev ancora di più, per le sue ex e per l’Inter in generale. Eppure sul terzo schiaffone stagionale di Ranocchia & Co. c’è sicuramente altro. Soprattutto altro.

Già dall’inizio del match, ad esempio, la squadra dava l’impressione d’essere mal messa e tendente all’errore facile, sia tecnico che tattico. La traversa in avvio sul lancio non proprio irresistibile di Pandev, per come è arrivata, ci aveva già fatto capire molte cose. Si vede lontano anni luce che dietro Skriniar non ha con Ranocchia la stessa intesa che con Miranda. E poi circolazione di palla lenta e orizzontale. Karamoh, comunque molto propositivo, per prendere palla doveva sempre o quasi abbassarsi sulla mediana. Uguale: Eder molto spesso tagliato fuori dal gioco. Borja evidentemente non riesce a reggere certi ritmi, fa fatica, sul lungo periodo perde di lucidità. In generale si nota poca brillantezza, difficoltà ad andare in porta in maniera ordinata, laddove la formazione nerazzurra puntualmente si sfilaccia. Si scioglie alla stregua di una fetta di burro alla fiamma.

D’altro canto il Genoa è un Genoa fresco, rapido, compatto. Tutte cose che l’Inter non è. La squadra di Ballardini non fa certo impazzire quanto a tecnica, però lo vedi che sanno cosa vogliono e pure come ottenerlo. 24 punti in tredici match non possono essere figli del caso. Quando vai ad affrontare gruppi rigenerati nella testa come i rossoblù, se non pareggi la voglia di strappare l’erba dal campo sapendo di non poter contare sui fenomeni, finisci per fare figuracce come quelle di Marassi. A proposito, per intenderci, Brozovic vada a rivedersi l’approccio alla gara di Lapadula da subentrato. O glielo faccia vedere l’allenatore che è pure meglio. Sotto di due reti, l’Inter si è mostrata incapace di costruire calcio (escluso Rafinha) o, molto semplicemente, di costruire le condizioni necessarie per arrivare anche solo a vedere la porta di Perin (nel punto più alto della stagione). Mai, o quasi, tentativi da fuori area (escluso Karamoh). Mai un filtrante, mai una transizione veloce senza troppi fronzoli. Solo nei dieci minuti finali, quando ormai il Genoa di ripartire poteva anche farne a meno, si è intravista l’Inter. Maggior spazio vuol dire maggiori possibilità di inventare. Sul cosa, però, meglio soprassedere a data da destinarsi.

Comunque l’autogol di Ranocchia è la consacrazione della paura, di un gruppo che non riesce ad essere sereno quando va in campo. Non si dubita della professionalità durante gli allenamenti settimanali ad Appiano (a nulla sono servite le doppie sedute), ma quando l’arbitro fischia e di fronte hai un avversario reale, chiunque esso sia, la storia cambia notevolmente. È evidente che una sola vittoria (un lampo, più che altro, targato Karamoh) non è bastata per cancellare il crollo mentale, lo smarrimento totale delle certezze che l’Inter, dicono i numeri fino allo Stadium, aveva. Nel calcio un perdente c’è sempre, ma il come e il perché lo si diventa sconvolgono la percezione di una squadra e pure la prospettiva che questa ha in ottica futura. Spalletti chiedeva costantemente ai suoi maggiore aggressività. Pare abbastanza chiaro che è l’assenza di cuore e gambe a configurarsi nuovamente come il male primordiale dell’ennesimo deterioramento nerazzurro.

Stasera la Lazio ospita il Verona. I biancocelesti non vincono da un mese, ma proprio per questo si può immaginare abbiano una certa fretta nel tornare a farlo. Prima la Roma, poi la squadra di Inzaghi: a ruota, questa volta, potrebbe essere proprio Spalletti a rimanere temporaneamente tagliato fuori dal giochino dei quattro cantoni. E siccome sul primato di inizio dicembre dire che di lui c’era tantissimo risulterebbe un eufemismo, siccome si può anche perpetuamente continuare a puntare il dito sulla società assente tanto Zhang da Nanchino non si muove, siccome pure il Milan che sembrava tendere più alla retrocessione ha giustamente deciso di fare una visita anche ai piani alti, non sarebbe affatto male sforzarsi tutti insieme di ricordare come si era riusciti a fare zero a zero a Napoli e Torino. Pressoché scontato, ma è probabile che così facendo si riesca ad evitare quel celebre punto di non ritorno e centrare un colpo di mercato impensabile, aggirando perfino l’accidia (per fortuna non permanente) di Suning.