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#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: Cile-Italia, la battaglia di Santiago del '62

#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: Cile-Italia, la battaglia di Santiago del '62
venerdì 17 aprile 2020, 01:05Serie A
di Ivan Cardia
#iorestoacasa - Tuttomercatoweb.com propone ai suoi lettori delle storie di calcio per tenerci compagnia in queste giornate tra le mura domestiche

"Buonasera. La partita che state per vedere è la più stupida, raccapricciante, nauseante e vergognosa esibizione calcistica, probabilmente dell'intera storia del calcio. È la prima volta che Cile e Italia si sono confrontati e speriamo che sia anche l'ultima”. David Coleman, telecronista della BBC, presenta così la Batalla de Santiago. Molto più di una partita, molto peggio di una partita. Cile-Italia 2-0. Ma del risultato non frega niente a nessuno.

Mondiali 1962. Inquadriamo tempo e luogo, prima di tutto. La rassegna iridata è assegnata al Cile. Una scelta che non manca di sollevare polemiche: il Paese sudamericano è infatti ancora reduce dal terremoto di Valdivia del 1960. Non uno qualsiasi: a tutt’oggi, con una magnitudo di 9.5, è il più forte mai registrato nella storia. Ha sconquassato la vita e il Cile non si è ancora ripreso. Ospita i Mondiali, però, e dietro questa scelta in molti vedono la longa manus del Brasile: a 12 anni dall’ultima volta, la competizione deve infatti tornare in Sudamerica e il rischio che finisca all’Argentina, rivale dei verdeoro, è concreto. Non sono ancora gli anni di Havelange, ma la diplomazia brasiliana ha fatto il suo corso e ottenuto il suo risultato: niente Argentina, si va in Cile.

L’Italia di Mazza e Ferrari. A guidare la nazionale azzurra non c’è un tecnico vero e proprio, ma una commissione tecnica. La guidano Paolo Mazza e Giovanni Ferrari, ma nessuno dei due fa l’allenatore per davvero. E infatti ci sarebbe dovuto essere Helenio Herrera, tiratosi fuori poco prima del campionato mondiale. Così in panchina vanno un grandissimo presidente, ma che in panchina con la SPAL andava sempre affiancando il proprio tecnico, e uno dei centrocampisti più forti nella storia del nostro calcio, ma che da allenatore ha vinto solo un campionato di Serie C col Prato nel ’49, per poi dedicarsi alla carriera federale. I due, peraltro, non vanno neanche molto d’accordo: Mazza punta sulla difesa, Ferrari sull’attacco. E l’Italia va in Cile senza Mario Corso, stella mancina della Grande Inter.

L’antefatto e il peso dei giornali. L’assegnazione dei Mondiali al Cile, come detto, solleva diverse polemiche. Quando i giornalisti europei sbarcano nel Paese, si trovano a fare i conti con una situazione lontanissima da città come Stoccolma o Ginevra, sedi dei precedenti campionati del mondo. In particolare, due giornalisti italiani, Antonio Ghirelli sul Corriere della Sera e Corrado Pizzinelli su Il Resto del Carlino-La Nazione, scrivono righe molto dure nei confronti della nazione sudamericana. "Un campionato del mondo a tredicimila chilometri di distanza è pura follia - scrive Ghirelli -. Il Cile è piccolo, è povero, è fiero: ha accettato di organizzare questa edizione della Coppa Rimet, come Mussolini accettò di mandare la nostra aviazione a bombardare Londra”. Pizzinelli ci va già ancora più duro: "Denutrizione, prostituzione, analfabetismo, alcolismo, miseria, sotto questi aspetti il Cile è terribile e Santiago dolorosamente viva, e tanto viva da perdere persino le sue caratteristiche di città anonima”. I quotidiani cileni sono una furia: El Mercurio riporta in versione integrale l’articolo di Pizzinelli, mentre El Clarin parla di guerra mondiale e Ultima hora chiede l’esplosione dei due cronisti italiani.

2 giugno 1962. Cile-Italia. Gli azzurri sono inseriti nel girone dei padroni di casa. 0-0 contro la Germania Ovest all’esordio, mentre il Cile schianta la Svizzera, cenerentola del girone, con il risultato di 3-1. Si gioca allo stadio nazionale di Santiago. Gli italiani, consapevoli del clima creatosi attorno a loro, per gli articoli di giornale e anche perché vantano ben quattro oriundi in rosa, si presentano spargendo garofani bianchi all’indirizzo degli spettatori. Un manifesto di buone intenzioni, che non avranno purtroppo grosso seguito con i fatti, in campo. I tifosi rispondono con un muro di fischi e disprezzo. L’Italia scende in campo con una formazione molto più muscolare: fuori Buffon, Losi, Maldini, Radice, Rivera e Sivori, per fare posto a Mattrel, David, Janich, Tumburus, Mora e Maschio. Si inizia a giocare. Anzi, a picchiare.

Subito un’espulsione. Pronti via, le prime schermaglie: David, atterrato duramente dal cileno Jorge Toro, rifila due calci all’avversario dopo due minuti. Poi Mora sferra un pugno in pieno volto a Leonel Sanchez, curiosamente figlio di un pugile professionista. L’arbitro non vede nulla. Al settimo minuto, Ferrini commette un fallo di reazione ai danni di Landa: il direttore di gara vede e sventola il cartellino rosso. Il centrocampista del Torino non è d’accordo: fosse per lui, continuerebbe a giocare. Interviene la polizia e lo porta fuori dal campo, con le buone o con le cattive.

L’arbitro, una storia a sé. Il direttore di gara si chiama Kenneth George Aston, e non passerà alla storia per questa partita, in cui adotta un atteggiamento che definire all’inglese sarebbe eufemistico. Vede poco, espelle soltanto due italiani, lascia i calciatori liberi di farsi male. Alle critiche rivolte al suo arbitraggio risponderà sempre in maniera chiara: “Non stavo dirigendo una partita, ma un conflitto”. La sua paura è che fermando la partita, già violentissima sin dall’inizio, i tifosi cileni possano riversarsi in campo. Deve portarla a termine, in qualche modo. Passerà alla storia per altro, si diceva: nel 1966 inventerà i cartellini gialli e il quarto uomo, a cui nel 1974 darà anche una lavagnetta. Un gigante nella storia del calcio, nel 1962 in mezzo a ventidue picchiatori.

Sanchez contro David. Una lotta nella lotta. Il numero 11 cileno scappa sulla fascia, il giocatore italiano lo atterra e cerca di colpire la palla ma prende un po’ tutto. Sanchez per tutta risposta si alza e gli rifila un bel pugno in faccia: David cade, il guardalinee sbandiera, Aston non prende provvedimenti. Lo fa pochi minuti dopo: ancora David cerca rivincita e colpisce con un pericolosissimo calcio al volto il solito Sanchez. Il direttore di gara non può far finta di niente ed espelle ancora un italiano: azzurri in dieci.

Naso fratturato per Maschio, il Cile vince. Ancora pochi giri d’orologio e il solito Sanchez, non proprio un santarellina, colpisce Maschio, italo-argentino col numero 8. Setto nasale fratturato per lui, ancora nessun provvedimento disciplinare per il padrone di casa. A corto di uomini e malridotta, l’Italia difende in qualche modo lo 0-0 fino a un quarto d’ora dalla fine. Poi le reti di Ramirez e Toro fissano il risultato sul 2-0. Tra un gol e l’altro, c’è tempo per altre botte: Mora scappa proprio a Toro, che lo manda a terra in maniera irregolare. I due iniziano a picchiarsi come al solito, i compagni arrivano e ne nasce una rissa che Aston fatica a contenere. Nulla in confronto agli ultimi minuti: Salvatore colpisce Landa, che non le manda a dire. L’arbitro ne approfitta per il triplice fischio, i giocatori per riprendere a menarsi finché qualcuno di loro non decide di usare il buon senso e provare a calmare gli animi. Curiosamente, anni dopo Sanchez e David si ritroveranno compagni di squadra al Milan: si definiranno “grandi amici”. Per la cronaca, l’Italia saluta il Mondiale del 1962 alla fase a gironi: considerata la vittoria della Germania Ovest contro il Cile, non basta il 3-0 degli Azzurri alla Svizzera (con Bulgarelli, uno dei grandi esclusi, protagonista di una doppietta) per staccare il pass. Ma di calcio, in questa storia, c’è davvero poco.

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