Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendari
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliariempolifiorentinafrosinonegenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliromasalernitanasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenalatinalivornonocerinapalermoparmaperugiapescarapordenonepotenzaregginasampdoriaternanaturrisvenezia
Altri canali serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta

#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: hoy juega el Trinche. Più forte di Maradona, secondo Maradona

#iorestoacasa - Le storie della buonanotte: hoy juega el Trinche. Più forte di Maradona, secondo Maradona
lunedì 20 aprile 2020, 01:05Serie A
di Simone Bernabei
#iorestoacasa - Tuttomercatoweb.com propone ai suoi lettori delle storie di calcio per tenerci compagnia in queste giornate tra le mura domestiche

Chi è stato il più grande calciatore della storia? In molti, quasi tutti in realtà, sanno cosa rispondere: Diego Armando Maradona. Chi è stato allora, secondo Diego Armando Maradona, il più grande calciatore della storia? E qua la risposta non è affatto scontata. Perché non tutti, o forse quasi nessuno, conosce la storia di Tomas Carlovich, per chi gli è vicino semplicemente El Trinche. Un soprannome, uno dei tanti, in Argentina se non te ne hanno ancora affibbiato uno forse c’è qualcosa che non va. L’origine resta piuttosto misteriosa, i meglio infornati dicono che sia uscito dalla rustica mente di un suo vicino di casa, quando era ragazzino e giocava per strada. Ovvero quando faceva ciò che, probabilmente, gli è sempre piaciuto più di ogni altra cosa.

La ciudad del futbol e il suo barrio - Rosario. Era questa la città di un bambino, settimo di sette fratelli e figlio di un immigrato croato, che era visceramente legato alla sua terra. Alle sue persone, ai suoi ritmi e alle sue calles. “Io volevo solo giocare a pallone e stare con le persone che amo, e loro vivono tutte qui, a Rosario”, ha sempre risposto a chi gli chiedeva perché, uno come El Trinche, non fosse mai arrivato lassù nell’olimpo. Voleva restare legato alla sua ciudad del futbol e soprattutto al suo barrio. Nato in quello di Belgrano, è cresciuto e non si è più mosso dal quello attuale, il barrio 7 de septiembre. Luogo povero, semplice, ma con gente di spessore. Che ha dato i natali, fra gli altri, a Leo Messi, El Loco Bielsa e pure Ernesto Che Guevara. Fedele a se stesso, se è vero com’è vero che raramente si è spostato da lì: iniziò nel Rosario Central e capì subito che era il caso. Giocò solo una partita ufficiale, con le Canallas. Poi Flandria, Independiente Rivadavia, Colon e Deportivo Maipu. Ma il suo luogo nel mondo divenne il Gabino Sosa, catino da 10mila casa del Central Cordoba. Spesso e volentieri segunda division argentina, ma come detto la coerenza era di casa: “Ricevetti offerte da Francia e Stati Uniti, mi avrebbero cambiato la vita. Ma il Central Cordoba era il mio Real Madrid”.

Un po’ Redondo, un po’ Riquelme - Nel mondo dei romantici del pallone il suo mito è noto, ma purtroppo vive solo nei ricordi dei rosarini e nei testi scritti su di lui. Video e highlights, praticamente zero. Un jugador diferente, dicono dalle sue parti. Capello lungo e barba incolta, el Trinche era un volante, un 5 con la testa di un 10. Mancino illuminato, da giocatore de la calle era impossibile staccargli il pallone dai piedi. Per fortuna, racconta chi l’ha visto all’opera. Dribbling perpetuo, disegnava calcio e restava sempre e comunque nel cuore del gioco. Dove hai sempre il pallone fra i piedi, appunto. E l’anarchia tattica, evidentemente, era contemplata. “È un peccato, perché Carlovich era destinato ad essere uno dei giocatori più importanti del calcio argentino”, dirà di lui il ct Cesar Luis Menotti. Ma farlo scendere a compromessi è sempre stato difficile, forse più che farlo allontanare da Rosario.

Esta noche juega El Trinche - Le cronache parlano chiaro: “Esta noche juega el Trinche” era il messaggio sui manifesti della città nei giorni delle partite del Central Cordoba. I prezzi stessi del Gabino Sosa venivano rivisti, quando questa celebrità conosciuta solo a livello locale scendeva in campo. L’hype nei suoi confronti raggiungeva livelli massimi, tutti erano per lui. E chiedevano, per certi versi esigevano vista la sua volontà. Giocare sempre e comunque per far divertire il pubblico, mai per la vittoria, nel caso solo logica conseguenza. Il dribbling esasperato era del suo ampio repertorio la mossa prediletta e in questo voler strafare si inseriva la ricerca spasmodica del tunnel, o del caño, per dirla a modo loro. Tanto era predisposto che il pubblico, in più di un’occasione, lo invitò ad andare oltre: “El Trinche Carlovich inventó el caño de ida y vuelta”, il tunnel andata e ritorno, affermo Adrian Piedrabuena, giornalista sportivo dell’epoca che seguiva le sue gesta. Addirittura, chissà se anche questa è una delle molte leggende di cui è composta la sua aura, c’è chi dice che venisse pagato a seconda di quanti ‘doppi tunne’ faceva in partita. Inutile dire che a fine mese era quasi sempre il club, a rimetterci.

El Trinche e Maradona - Si torna all’inizio. Molti testi a riguardo raccontano la storia descritta in apertura, con Maradona che lo elesse a miglior giocatore passato per Rosario. Migliore anche di lui, che qualche argomento dovrà pur averlo. Ruoli diversi, ma stesso piede e stessa genialità. Soprattutto, stessa voglia di regalare fantasia con le giocate mancine e far divertire il pubblico. E dire che i due neanche si conoscevano, o almeno non di persona. L’incontro primo e unico è arrivato pochi mesi fa, il Gimnasia del tecnico Maradona era ospite del Rosario Central. “Era un enorme lusso che volevo avere da anni. Non ho mai avuto la fortuna di parlargli, ma oggi mi è stato concesso”, ha ammesso lo stesso Carlovich dopo il faccia a faccia avvenuto nel ritiro della squadra ospite della compagine rosarina. E, trainato dall’emozione, è andato oltre: “La mia vita ora è completa. Dopo aver incontrato Maradona, posso lasciarla in silenzio”. Nell’occasione, il Pibe de Oro ha voluto regalare una maglia al Trinche, una cosa puramente celebrativa per suggellare l’incontro fra due che davano decisamente del tu al pallone.

La storia dell’Argentina, contro l’Argentina - L’eco dei suoi lampi di genio evidentemente non arrivarono al ct della Seleccion, Vladislao Cap. L’Argentina era convinta e fiduciosa, il mondiale tedesco del ’74 era alle porte e come preparazione al torneo venne organizzata un’amichevole sul campo del Newell’s fra la nazionale e una rappresentativa dei giocatori di Rosario. In campo, fra gli undici di partenza, 5 giocatori del Newell’s Old Boys, 5 del Rosario Central più El Trinche. Il primo tempo fu una mattanza: Argentina sotto 3-0, Carlovich assoluto protagonista della partita col repertorio al gran completo. Tunnel, dribbling, sventagliate millimetriche, assist, gol. Ci fu tutto, in quei 45’. Un calcio magico. Seleccion totalmente annichilita, tanto che il ct Cap fu costretto a chiedere ai colleghi dell’altra panchina, Carlos Griguol e Juan Carlos Montes, di togliere quel 5 che stava distruggendo le certezze della nazionale. Per la cronaca, tolto dal campo al 60’, la partita finì 3-1. “Selección, così sarà un fallimento”, titolava El Grafico. “Carlovich, colui che ha distrutto la Selección”, scriveva il giorno dopo il Clarin che all’interno delle sue pagine provocava: “Se una settimana fa avessimo chiesto chi era Carlovich, la maggior parte degli esperti non avrebbe saputo rispondere”.

Pensieri sparsi dei più grandi - Detto di Maradona, in molti nel tempo esaltarono le gesta del Trinche. Da Bielsa a Pekerman, così come tanti altri grandi ex argentini. “Quel giorno in amichevole li smontò. Padronanza e visione di gioco, il miglior 5 che abbia mai visto”, confessò Ubaldo Fillol. Ancora più netto fu Aldo Poy, che quella partita la giocò: “Perdemmo 3-1 solo perché lo tirarono fuori al quindicesimo del secondo tempo, altrimenti… Non ho mai visto un volante come lui”. Quella partita la vide anche il futuro ct Cesar Menotti che, e qua torniamo sul selciato delle leggende provenienti dall’appassionata cultura rosarina, lo convocò a Buenos Aires prima dei Mondiali del ’78 per valutare la sua convocazione. A quanto si racconta, el Trinche nel tragitto da Rosario alla capitale si fermò per riposare, trovò un luogo appartato per pescare e non si mosse più di lì. Di certo, a Buenos Aires non lo videro mai arrivare. Troppo forte, ancora una volta, il richiamo di casa sua, del suo quartiere, della sua città. E oggi el Trinche, che festeggia 71 anni, vive ancora lì, nel barrio 7 de septiembre, dove fino a pochi anni fa (ha smesso a 54 anni) ha continuato a tirare calci e fare caños de ida y vuelta.

Primo piano
TMW Radio Sport
Serie A
Serie B
Serie C
Calcio femminile