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Roma, non è la rivincita del 1984: l'emotività resti fuori da Anfield

Roma, non è la rivincita del 1984: l'emotività resti fuori da AnfieldTUTTO mercato WEB
martedì 24 aprile 2018, 10:452018
di Ivan Cardia

I bambini, a sorpresa, ricordano il 1984. Ricordano, per meglio dire, quello che i loro genitori, pescando a loro volta anche nella memoria di altri, gli hanno raccontato. Roberto Pruzzo e Bruno Conti, cioè rispettivamente l’uomo che aveva tenuto vivo il sogno e uno dei due che l’aveva spedito alto, esibiscono il dito medio davanti allo stemma del Liverpool. E allora il dubbio che la Roma viva questa sfida come una rivincita del 1984 diventa quasi una certezza. Assieme alla consapevolezza che, per quanto possa suonare epico, o accattivante, raccontarla così, non lo sia.

Lasciamo da parte il tempo, che pure meriterebbe la sua parte: sono passati 34 anni, e va bene che le vendette si gustano fredde, ma qui si andrebbe un po’ oltre. Dei ventidue titolari (e a dirla tutta anche degli eventuali subentranti) soltanto De Rossi era già nato, e non aveva un anno. Sarà una ferita aperta nella memoria collettiva giallorossa, ma difficilmente può considerarsi tale nella memoria individuale dei giocatori chiamati in causa. Il tempo, poi, ha una seconda implicazione: la Roma, nel 1984, era una delle favorite alla vittoria finale. All’epoca partecipavano difatti soltanto le vincenti dei campionati nazionali, e la squadra campione d’Italia in carica era per forza di cose una delle tre-quattro naturali pretendenti al titolo.

Infine, la considerazione più semplice: era una finale. In cui la carica emotiva andava gestiva nei 90 minuti. In cui le condizioni fisiche nella singola partita diventavano determinanti. In cui bisognava dare tutto in un’ora e mezzo di gioco, senza calcoli ulteriori. Quelli che invece la Roma, che ha estromesso il Barcellona ma sa di aver già speso tanto nel portafogli delle imprese, potrebbe fare questa sera, in vista della gara di ritorno. È una semifinale: non si passa ad Anfield, si passa all’Olimpico. E quindi la Roma dovrà ragionare da grande, pensando a cosa può fare per vincere il doppio confronto, e a cosa potrebbe significare per il proprio futuro arrivare a Kiev. Per questo, la lezione migliore del 1984 è non inseguire rivincite: 34 anni fa la Roma fu tradita dalla propria emotività. Quella da lasciare a bordocampo questa sera ad Anfield. E poi la si potrà chiamare come sarà più opportuno. Anche rivincita, ammesso che a quel punto interessi davvero a qualcuno.