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Russia -9, da Tite a Cuper e Rohr. Chi sono i 32 ct Mondiali

Russia -9, da Tite a Cuper e Rohr. Chi sono i 32 ct MondialiTUTTO mercato WEB
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
martedì 5 giugno 2018, 15:452018
di Marco Conterio

Nomi noti. Meno noti. Icone del calcio. Illustri sconosciuti. Ex leggende del calcio. Carneadi. C'è di tutto nei trentadue commissari tecnici di Russia 2018, kermesse che prenderà il via tra nove giorni a Mosca. Andiamo allora alla scoperta dei trentadue uomini che avranno l'onore, ma pure l'onere, di guidare altrettante Nazionali alla ricerca dell'alloro detenuto ora dalla Germania.

Arabia Saudita Juan Antonio Pizzi - Dopo la grande soddisfazione della Copa America Centenario strappata all'Argentina - per la seconda volta in due anni, ai rigori, il tecnico argentino è stato incredibilmente autore di un Cilenazo: la generazione d'oro della nazionale è stata esclusa dal Mondiale a causa delle sconfitte con Paraguay e Bolivia, ma Pizzi ha comunque trovato la sua strada per essere presente in Russia, con l'Arabia Saudita. Gioca con il 4-3-3 e con varianti sul tema, ma guida la nazionale più povera del torneo e probabilmente è più semplice pensare a un 4-3-3.

Argentina Jorge Sampaoli - Discepolo di Bielsa, ha passato la propria vita da allenatore in Cile, Perù e Bolivia, senza mai allenare una grande d'Argentina. Lo è di passaporto, ma non di cuore: nella Copa America del 2015 ha inferto un altro colpo alla propria nazionale, battendola in finale ai rigori. Prima dell'albiceleste giocava con un 3-3-1-3 molto offensivo, ora è alla ricerca di un equilibrio con il 4-2-3-1, ma non è detto che non possa tornare alla difesa a tre per sfruttare la capacità offensiva dei propri giocatori.

Australia Bert van Marwijk - Nel grande domino delle panchine, l'olandese è uno dei principali protagonisti: allenava l'Arabia Saudita, portata al Mondiale, ma gli è stato revocato il mandato perché non risiedeva nel paese. Il suo posto è stato preso da Pizzi, ma per fortuna di van Marwijk il tecnico australiano Angelos Postecoglou ha deciso di rassegnare dimissioni nel novembre 2017. Così van Marwijk giocherà un altro Mondiale dopo quello del 2010, con l'Olanda, dove arrivò a un passo dalla gloria imperitura, negata da Casillas prima e Iniesta poi. Nel suo staff c'è pure l'ex milanista Mark van Bommel.

Belgio Roberto Martinez - Il punto di snodo della carriera di Martinez è il Wigan, dopo aver riportato lo Swansea in Championship: tre stagioni buone, culminate con altrettante salvezze, salvo poi retrocedere (non solo per colpe proprie) all'ultima. I Latics però vincono la FA Cup contro il Manchester City di Roberto Mancini, assicurandosi la presenza in Europa. Con l'Everton cresce ancora, arrivando anche alle soglie della qualificazione in Champions League, mentre nel 2016 arriva la chiamata del Belgio, al posto di Wilmots. Finora 10 vittorie, 4 pareggi e 1 sola sconfitta.

Brasile Tite - Il nomignolo è per sintetizzare Adenor Leonardo Bacchi, famiglia di origine mantovana, lui ex centrocampista vicecampione del Brasile nel 1986. Da allenatore lunga gavetta dal Caixas al Cruzeiro, per poi passare una prima volta al Corinthians a inizio secolo. Ci ritorna, vincendo il Brasileirao nel 2011, prima di venir esonerato nel 2013. Situazione uguale nel 2015, con un altro campionato verdeoro vinto, portando a casa anche una Libertadores e una Recopa. Dal 2016 è il sostituto di Dunga sulla panchina più ambita del Brasile, quella della Seleçao, con cui sta inanellando una serie di record.

Colombia José Pekerman - Ha allenato l'Argentina nel mondiale 2006, senza però riuscire a raggiungere la semifinale, battuto dalla Germania ai quarti con rissa finale. Ha vinto tutto con le nazionali giovanili dell'Argentina under20, più volte. È diventato tecnico della Colombia nel 2012, giocando un bel calcio e destando un'ottima impressione pure nella rassegna iridata in Brasile.

Corea Del Sud Shin Tae-yong - Inizia la carriera da allenatore in Australia, nei Brisbane Roar, salvo poi passare al Seongnam, club che lo ha visto protagonista per più di un decennio in campo. Dal 2014 è all'interno della federazione sudcoreana, allenando anche la nazionale Olimpica. Nel 2017 ha preso il posto di Uli Stielike, tecnico tedesco, dopo la sconfitta contro il Qatar che aveva messo a rischio la qualificazione.

Costa Rica Oscar Ramirez - Ha passato tutta la vita sportiva in Costa Rica, prima da calciatore e poi come allenatore delle migliori squadre costaricensi. All'ultima Gold Cup è riuscito a racimolare il bronzo, ma nella Copa America Centenario è stato eliminato al primo turno nonostante una vittoria contro la Colombia. Ha preso il posto di Paulo Wanchope.

Croazia Zlatko Dalic - Si può dire che sia stato il salvatore della patria. A differenza dell'Italia, la federcalcio croata ha deciso di salutare Mamic con anticipo, dopo che le cose volgevano al peggio, per inserire Dalic e normalizzare le cose. I giocatori giusti nel posto a loro designato e le tessere si sono infilate quasi da sole. Non un grande curriculum, quello di Dalic, che ha allenato in patria dieci anni fa, prima di fare un giro per gli stati arabi.

Danimarca Age Hareide - Ha preso le redini della nazionale dopo l'addio di Morten Olsen, decano del calcio danese con 15 anni alla guida della nazionale. Norvegese, ha costruito gran parte della sua carriera in Scandinavia, passando per i tre campionati più importanti (saltando, di fatto, quello finlandese. Ha vinto tre campionati in tre nazioni differenti. Ha allenato anche la Norvegia.

Egitto Hector Cuper - Il suo nome resterà legato indissolubilmente a due immagini. Una per le vittorie con il Valencia, per le due finali consecutive perse in Champions League contro Bayern Monaco e Real Madrid. L'altra è per il 5 maggio 2002, il giorno del pianto di Ronaldo, del 4-2 subito da una Lazio che non aveva niente da chiedere al campionato. Le esperienze successive non sono state delle migliori. È ct dell'Egitto dal 2015 e ha già fatto in tempo a giocare (e perdere, ça va sans dire) una finale di Coppa d'Africa.

Francia Didier Deschamps - Finale di Champions League con il Monaco, vittoria della Serie B con la Juventus, una Ligue 1 con l'Olympique Marsiglia. Un buon curriculum, pur non eccelso considerata la sconfitta, casalinga, nella finale dello scorso Europeo, quando aveva tutti i favori del pronostico con un Portogallo non all'altezza della qualità transalpina. Rimane però uno dei ct più vincenti, con il suo 4-3-3 che dà la possibilità a Pogba di essere la mezz'ala già vista alla Juventus, senza compiti difensivi. Dovrà trovare la quadratura soprattutto in avanti.

Germania Joachim Low - Potrebbe diventare il prossimo Alex Ferguson, almeno per la nazionale tedesca. È in carica dal 2006, quando Klinsmann ha deciso di lasciare spazio al suo ex assistente. Di fatto ha raccolto forse meno di quanto seminato, perdendo in finale il suo primo Europeo, in semifinale altri due, mentre nel 2010 ha dovuto ammainare bandiera bianca contro la Spagna. La Germania c'è sempre, Low oramai è un marchio di garanzia. Alle volte cambia il modulo, ma non il risultato. La bacheca dice: tre bronzi, due ori, un argento. In sei competizione giocate, non male.

Giappone Akira Hishino - Ex calciatore dell'Hitachi Reysol, poi diventato Kashiwa Reysol, ha vissuto tutta la carriera in patria tra nazionali giovanili e club. Trofei su trofei al Gamba Osaka, dove ha conquistato anche il terzo posto alla FIFA World Cup, è tornato alla Japanese FA come direttore tecnico ma dal 9 aprile ha preso il posto dell'esonerato ed ex ct, il bosniaco Vahid Halilodzic.

Inghilterra Gareth Southgate - Per anni non ha allenato, nel passaggio dal Middlesbrough alla nazionale inglese under 21. È stato prima coach interinale dell'Inghilterra, prima dell'avvento di Allardyce, salvo poi tornare in sella dopo lo scandalo dell'ex allenatore del Crystal Palace, in un video dove spiegava come aggirare le regole della Football Association. È stato co-conduttore delle trasmissioni dei Mondiali 2006 e poteva avere un ruolo da dirigente all'interno della nazionale inglese, salvo poi decidere per il campo.

Iran Carlos Queiroz - Portoghese, ex Real Madrid e Manchester United (da assistente), nonché commissario tecnico dei lusitani fino al 2010, ha un'esperienza epocale per l'Iran. È da sette anni sulla panchina asiatica, trovando nel 4-2-3-1 e nel 4-3-3 il proprio credo. L'Iran è una squadra molto equilibrata, non ha mai perso nelle 18 partite di qualificazione europee.

Islanda Heimir Hallgrimsson - Per chi si ricorda la storia del Mondiale 1966, l'Italia venne eliminata dal tristemente noto Pak Doo-Ik, le cui gesta divennero quasi tradizionali e di vulgata, tanto da rappresentare il simbolo del dilettantismo, con il suo essere dentista. Il nordcoreano, però, non lo era assolutamente. Hallgrimsson invece lo è, o meglio lo è stato fino al 2016, quando è diventato allenatore della nazionale islandese: era vice dal 2011, cinque anni dopo è diventato tecnico unico.

Marocco Herve Renard - Ha vinto la Coppa d'Africa con Zambia e Costa d'Avorio, ma in generale è uno dei tecnici più conosciuti nel continente africano. Ha allenato anche l'Angola, oltre a ritornare per un periodo in Francia fra Sochaux e Lille.

Messico Juan Carlos Osorio - Colombiano, è stato l'assistente di Kevin Keegan al Manchester City. Per il resto una carriera costruita praticamente tra Nord e Sudamerica, con Chicago Fire e New York Red Bulls, per poi passare all'Once Caldas, Atletico Nacional e del San Paolo. Gioca con un 4-3-3 molto pratico, perdendo solo l'ultima gara di qualificazione contro l'Honduras: per il resto non ha quasi mai preso gol. Ha però una macchia: lo 0-7 subito nella Copa America Centenario contro il CIle.

Nigeria Gernot Rohr - Ricordato soprattutto per il meraviglioso Bordeaux del 1996, quello che poteva contare su Lizarazu, Dugarry e soprattutto Zidane, non è riuscito a dare lustro alla propria carriera dopo questo momento felice: il 3-0 al Milan (dopo il 2-0 subito all'andata), fu il miglior risultato della sua storia. Poi Nizza e Ajaccio, fra le altre, mentre dal 2010 è in Africa. Nel girone ha sconfitto Algeria e Camerun senza nemmeno troppi problemi.

Panama Hernan Dario Gomez - Allenatore di lungo corso, cresciuto all'ombra di uno dei monumenti del calcio colombiano come Maturana, nel 1998 guida proprio i Cafeteros in Francia, vincendo contro la Tunisia (che troverà anche a giugno) e perdendo con Inghilterra - anche lei - e Romania. Nel 2002 è avversario dell'Italia con l'Ecuador di de la Cruz, sconfitto per 2-0 nella gara inaugurale ma che, vincendo contro la Croazia, dà il passaggio del turno agli azzurri.

Perù Ricardo Gareca - Il nickname è chiaro: la Tigre. Ex di Boca Juniors e River Plate, e già questa è una notizia, ha girato le big d'Argentina sia da calciatore che da tecnico. Non ha partecipato ai Mondiali del 1986, vincenti, in Messico. Ha già portato la nazionale peruviana alle semifinali della Copa America del 2015, quando è stato nominato tecnico con soli quattro mesi d'anticipo rispetto alla competizione. Con il Velez ha vinto tre Primera Division, è scafato e sa far giocare bene le proprie squadre. Chiedere alla Croazia, battuta 2-0 settimana scorsa all'Hard Rock Stadium di Miami.

Polonia Adam Nawalka - Ha allenato solo in Polonia, peraltro solo squadre di media grandezza, ma con la nazionale sta compiendo un lavoro egregio. Sfortunato all'Europeo, avendo fermato sì il Portogallo ma venendo sconfitto ai rigori, il suo modulo è il 4-4-2 che, spesso, si adatta a una sola punta con un trequartista.

Portogallo Fernando Santos - Considerato un vero e proprio santone in Portogallo, specie dopo la vittoria continentale in terra transalpina di due anni or sono, opta quasi sempre per un 4-4-2 classico, ma con centrocampo a rombo e senza cursori di fascia, se non i terzini. Ha portato la nazionale al Mondiale grazie a 9 vittorie e 1 sconfitta, contro la Svizzera, evitando così le forche caudine dello spareggio. Nell'ultimo mondiale era alla guida della Grecia, perdendo contro la Costa Rica ai rigori, mentre all'Europeo precedente aveva raggiunto i quarti.

Russia Stanislav Cherchesov - Da portiere era una sicurezza, come allenatore ha vinto un campionato polacco e una coppa con il Legia Varsavia. Sa di avere una squadra inferiore alle attese, nonostante gli immani sforzi della Federcalcio russa negli ultimi anni di creare una generazione ad hoc per il Mondiale, e probabilmente opterà per una sorta di 3-5-1-1 con unica punta.

Senegal Aliou Cisse - A centrocampo giganteggiava, da capitano nel mondiale nippocoreano, tanto da convincere il Birmingham a prelevarlo dal Paris Saint Germain (e dal Montpellier, dove era stato in prestito) per mettere a posto il centrocampo. Due buone stagioni e il contratto successivo con il Portsmouth, una delle formazioni più ambiziose di Premier League. Nel 2002, dopo la rassegna iridata, perde gran parte della famiglia a causa del naufragio di un traghetto al largo delle coste del Gambia. Gioca con un 4-3-3 molto offensivo, con tante possibilità in avanti come Sakho e Mbaye Niang, come primi rincalzi.

Serbia Mladen Krstajic - Ex difensore centrale, una vita in Bundesliga fra Schalke04 e Werder Brema, è anche il presidente del Radnick Bijeljina, società di Premier League in Bosnia Herzegovina, dal 2015. È molto differente rispetto a chi lo ha preceduto, anche sulla questione nazionalismo, tanto da aver sempre escluso di volere fare differenze per questioni di razza, religione o provenienza geografica con il proprio club. Krstajic è stato nominato allenatore ad interim dopo l'addio di Muslin, reo di non convocare Sergej Milinkovic-Savic, nonostante la qualificazione al Mondiale.

Spagna Julen Lopetegui - Una sola esperienza di rilievo fuori dalla federcalcio spagnola, nemmeno vincente: al Porto, dove il tecnico ha raccolto solamente un terzo posto dietro al solito Benfica e allo Sporting Lisbona, con quindici punti di ritardo sulla vetta. Lopetegui però è uno degli artefici delle vittorie delle varie under spagnole, quindi i vertici iberici hanno deciso di riportarlo in nazionale. Il perché è racchiuso tra il 3-0 all'Italia, a Madrid, e il 6-1 all'Argentina di ieri.

Svezia Janne Andersson - Tecnico scolastico ma efficace, non ha mai raggiunto grandi livelli né da giocatore né da allenatore. Ha vinto un campionato svedese con il Norrkoping, nobile decaduta portata alla vittoria dopo 26 anni di sabbie mobili. Il suo 4-4-2 è classico, impostato sul sacrificio e su una mancanza di tecnica e fantasia che, però, risulta molto solido, pur con giocatori molto inferiori rispetto agli avversari.

Svizzera Vladimir Petkovic - Tripla nazionalità, essendo nato a Sarajevo: bosniaca, serba e, appunto, svizzera, per l'allenatore ex Lazio, bravissimo nel costruire le proprie squadre e farle giocare bene, facendo impantanare spesso l'avversario. Il suo obiettivo è quello di arrivare ai quarti di finale, pur non dicendolo apertamente, anzi. "Non ci poniamo limiti, potremmo arrivare pure in finale", le parole di Petkovic. Il mix è quello giusto, anche se c'è qualche pecca offensiva.

Tunisia Nabil Maaloul - Uno dei mostri sacri del calcio tunisino degli anni novanta, è stato assistente di Roger Lemerre, tecnico francese, l'ultimo ad avere partecipato a un Mondiale. Ha passato la sua carriera in Tunisia e in Arabia Saudita, allenando anche la selezione olimpica nel 2004.

Uruguay Oscar Tabarez - Uno dei monumenti del calcio uruguagio, ha allenato anche in Italia con Cagliari e Milan. Dal 2006 è sulla panchina, arrivando quarto ai Mondiali di Sudafrica 2010 grazie a un Forlan in stato di grazia, vincendo poi la Copa America successiva, nel 2011, nella sfida contro il Paraguay. Ha allenato la Celeste in tre mondiali, finora, questo sarà il quarto. Nel 2016 la sua carriera sembra a rischio, dopo la diagnosi della sindrome di Guillain-Barré, invalidante. In realtà si tratta di una neuropatia differente che gli permette di allenare, anche se le immagini sulla sedia a rotelle fanno il giro del mondo.