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Stagione finita, anzi no. Dalle minacce sul ritiro al dietrofront: cronistoria del Cellino-pensiero

Stagione finita, anzi no. Dalle minacce sul ritiro al dietrofront: cronistoria del Cellino-pensiero
© foto di Daniele Buffa/Image Sport
domenica 10 maggio 2020, 19:08Serie A
di Ivan Cardia

"Ho cambiato idea, mi adeguo alla maggioranza”. Così oggi Massimo Cellino, presidente del Brescia. Bisogna ripartire, altrimenti il calcio fallisce. Una posizione che, almeno a livello ufficiale, diversi presidenti di Serie A hanno sempre mantenuto dall’inizio della pandemia. Non il numero uno delle Rondinelle, che a lungo è stato uno dei fautori dello stop definitivo per l’impossibilità di continuare in sicurezza il campionato. Fino al dietrofront di oggi. Abbiamo provato a ripercorrere tutte le tappe del Cellino-pensiero.

1 marzo - Campionato falsato. Siamo all’inizio dell’emergenza, nello specifico all’indomani del rinvio di cinque gare nelle zone a rischio Coronavirus. Tra queste, Sassuolo-Brescia. Cellino non è particolarmente contento: “È stato falsato il campionato per l'ennesima volta. Sono abbastanza disgustato e preferisco non aggiungere altro".

2 marzo - L’ironia: annullate il campionato. Le differenze a livello regionale, per esempio quelle che hanno portato i tifosi dell’Atalanta a Lecce, non vanno giù al numero uno bresciano, che scherza: “Se devo guardare al mio Brescia, spero che annullino il campionato”. Poi torna serio: “O c'è un problema nazionale o ci prendiamo in giro ed è mortificante quanto è accaduto”.

3 marzo - Contro governo e Lega Calcio. Sì alle porte chiuse Sono sempre le risposte diversificate, e i tentativi della Lega Serie A di far giocare Juventus-Inter a porte aperte, a far nascere lo scetticismo di Cellino, che definisce “inadatto” l’ad De Siervo e contesta il governo: “Il campionato è del calcio e dunque il ministro non può decidere se e quando giocare”. Nel corso della giornata, ribadisce inoltre di ritenere le porte chiuse il “male minore”, criticando chi vuole andare avanti con i tifosi nonostante i toni della crisi inizino a delinearsi.

22 marzo - Stagione finita. Un bel salto in avanti, siamo nel pieno del lockdown e nei momenti più drammatici per il Paese. Durissimo attacco a Lotito: “Se vuole questo maledetto scudetto se lo prenda pure”. Per Cellino non ci sono discussioni: “Ma quale ripresa, ma quale stagione da concludere. Non bisogna pensare a quando si ricomincia, ma se si sopravvive. E se parliamo di calcio, tutto deve essere spostato alla prossima stagione. Realismo, signori. Questa è la peste”.

30 marzo - La stagione è andata. La linea di Cellino è abbastanza chiara, mentre il calcio continua a provare e pressare per immaginare una ripresa: “La chiusura è indispensabile. Abbiamo forse bisogno che ce lo dica il Ministro? Dico solo questo: la stagione è andata”.

2 aprile - Pronto a non schierare la squadra. Tensione massima all’interno della Lega Serie A. Anche la UEFA spinge per ripartire, il numero uno dei lombardi usa toni molto pesanti: “Se ci costringono a riprendere, sono disposto a non schierare la squadra e perdere tutte le partite a tavolino per rispetto dei cittadini di Brescia e dei loro cari che non ci sono più”.

8 aprile - Accordo sugli stipendi. Brescia contrario alla ripresa. In questo caso non ci affidiamo a un virgolettato del presidente, ma al comunicato del club. Che annuncia l’accordo con i suoi giocatori (la “quasi totalità”) circa il taglio degli stipendi. Ribadendo altresì la propria linea, tra le righe: “A questo punto, nel caso in cui venisse stabilita la ripresa del Campionato, cosa che il Club vorrebbe evitare nel rispetto della triste realtà bresciana”.

12 aprile - Il Brescia non andrà in campo. E bordata a Lotito. Il patron bresciano resta decisamente contrario alla ripartenza, e ribadisce le minacce: “Ribadisco che se si riprenderà a giocare io non schiererò la squadra". Poi rifila una nuova stoccata al collega laziale: "Lotito vuol tornare a giocare? Raglio d'asino non giunge in Paradiso, si dice: io ascolto solo chi è degno di essere ascoltato”. Ce n’è anche per Gravina, presidente federale: "Vada meno in tv e controlli meglio i conti delle società”.

15 aprile - Brescia in B, senza fare cause. Attaccato a livello mediatico da chi ritiene che la sua spinta per lo stop sia utile ai destini sportivi del Brescia, Cellino smentisce: “Se il Brescia deve retrocedere per salvare il calcio io firmo subito e non faccio causa a nessuno, ma non permetto che si facciano insinuazioni del genere". La ripresa, peraltro, metterebbe a rischio i calciatori con i suoi toni esasperati: “Si strappano tutti”. Infine, proprio per i calciatori “sarebbe una truffa” giocare dopo essersi tagliati gli stipendi.

19 aprile - Positivo al Covid-19. Va bene il 3-0 a tavolino. Dopo aver annunciato di aver contratto il Coronavirus, il presidente del Brescia chiarisce di non essere disposto a giocare da nessuna parte: “Una follia. Se non gioco mi danno la sconfitta a tavolino? Pazienza. Resto della mia idea: stop al campionato, checché ne dicano Gravina e Lotito”.

21 aprile - Nuovo comunicato. Una prima svolta: l’assemblea di Lega Serie A vota all’unanimità circa l’intenzione di concludere la stagione. C’è anche il voto di Cellino, ovviamente, che però tramite una nota ufficiale del Brescia spiega: “condicio sine qua non legata al rispetto delle norme sanitarie a tutela della salute”.

23 aprile - Ripresa il 4 maggio una follia. Dopo l’annuncio di Conte circa la possibilità di tornare agli allenamenti individuali (poi come sappiamo la situazione cambierà nel corso dei giorni), Cellino esprime tutto il suo scetticismo, mantenendo una linea contraria: “Il protocollo medico non è chiaro, la data del 4 maggio è una follia”.

5 maggio - Vergognoso aspettare la Merkel. Mentre le decisioni della Bundesliga diventano un esempio anche per la Serie A, Cellino inizia leggermente ad aprire, pur attaccando duramente il calcio italiano: “Non mi interessa più se si torni a giocare o meno, facciano quello che vogliono. E che smettano di strumentalizzare le mie dichiarazioni: la mia linea è sempre stata chiara. Bastava sedersi ad un tavolo e dividersi gli oneri in parti uguali e pensare alla ripartenza sicura. E invece nessuno molla perché questo calcio pieno di debiti ha già speso soldi non ancora incassati”.

10 maggio - Bisogna ripartire. Torniamo all’inizio, perché l’ultima tappa la conoscete. Oggi, a repubblica.it, il dietrofront: “Ho cambiato idea, bisogna ripartire perché sennò il calcio fallisce”.

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