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TMW RADIO - Presidente Rimini: "La C ostaggio del potere. Se si rimane così, pronto a lasciare"TUTTO mercato WEB
lunedì 25 maggio 2020, 19:01Serie C
di Dimitri Conti

TMW RADIO - Presidente Rimini: "La C ostaggio del potere. Se si rimane così, pronto a lasciare"

Giorgio Grassi, presidente del Rimini, ai microfoni di Francesco Benvenuti e Niccolò Ceccarini
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Giorgio Grassi, presidente del Rimini, ha parlato ai microfoni di TMW Radio, nel corso della trasmissione Stadio Aperto: "Difficile fare una sintesi dei tanti avvenimenti accaduti sin da febbraio. Mi sento quasi come nella commedia di Samuel Beckett, aspettiamo Godot ma non arriva mai, e non sappiamo se lo farà: siamo quasi al grottesco. Immaginavamo che la Lega Pro avesse la forza per essere ascoltata: non avanziamo chissà quali pretese, lanciamo grida di dolore. In 52 su 59 hanno detto stop, si sta consumando una spaccatura tra la minoranza dei club ricchissimi e la maggioranza di chi sbarca il lunario. Una maggioranza relativa aveva individuato la quarta promossa, da lì ci sono stati altri movimenti che hanno portato la Federazione a decidere di andare avanti. Ma come? Tranne i ricchissimi, gli altri farebbero volentieri a meno di giocare. Pensate a chi dovrebbe retrocedere, sarebbero cornuti e mazziati: allenarsi per un mese, contratti e poi vai giù. La situazione è surreale".

Se passa la linea del giocare, il Rimini che fa?
"Bellissima domanda. Purtroppo ogni presidente, o monade per dirlo filosoficamente, deciderà secondo interessi e condizioni economiche. Ci sono aziende che stanno meglio, sia sponsor che proprietari di club, e da questa tragedia hanno migliorato i propri utili. Nel mio caso purtroppo non è così, abbiamo due terzi dei dipendenti in Cassa integrazione e non è etico spendere per il calcio con le maestranze che prendono una parte del loro reddito. Andare incontro ad ulteriori spese, quando si capiva a cosa stessimo andando incontro, ho detto che la priorità va a chi lavora, e me l'hanno riconosciuto un po' tutti che avessi chiesto la concessione della Cassa integrazione già dall'inizio. Qualcuno ha riso, mi ha preso per i fondelli, ma almeno abbiamo tutelato una parte dei calciatori".

Si può immaginare una rivoluzione pacifica di chi non riuscirà a riprendere?
"In fondo al cuore, nelle chiacchiere informali che giustamente non arrivano in superficie, c'è una certa voglia di imitare il tumulto dei Ciompi, o la vandea: i ricchi vogliono giocare, i poveri... Dopo quello che ci è capitato, giocare a pallone è l'ultimo dei pensieri. Eravamo già in perdita e continueremo a farlo, ma il punto è che avevo detto si dovesse fare tipo una Costituente: è stata come una guerra, e dopo le guerre c'è campo per cambiare le cose. In un momento così drammatico, dove saltano aziende e le regole del gioco, è giusto fare ed implementare subito le riforme. Mi diceva un amico che dall'anno scorso c'è un codice che preveda che le riforme possano entrare in vigore sin da subito. Questa Costituente dovrebbe avere al suo interno anche rappresentanti dei procuratori, tutte le anime del calcio".

Quale Serie C avrebbe in mente?
"Non parlo del numero di squadre, ma delle condizioni in cui è organizzato il professionismo della Serie C. La A sta bene, la B si barcamena, mentre noi siamo trattati come aziende miliardarie quando invece abbiamo bilanci con cifre ridicole, da 2,5 o 3 milioni. Bisogna aumentare i fondi al dilettantismo e individuare una forma di dilettantismo rafforzato per la C, così che il sostentamento avvenga con il bacino della formazione. Non esiste il semi-professionismo in Italia, e sarebbe più semplice tornare ad un dilettantismo, sotto l'egida LND, con una tutela fiscale e contributi di vario genere: così le società potrebbero farcela".


Le leggi che regolano il calcio cominciano a essere datate. Come fa un presidente che iscrive la sua squadra alla prossima C a sostenere i costi?
"Rimango in religioso silenzio. Siamo intorno alla grande domanda: si può andare avanti o conviene togliere la mano? Ci sono società impazienti di gettarsi nell'agone, e penso anche a squadre di Serie D da accontentare: se le condizioni rimangono le stesse di quando sono entrato, lascio volentieri il mio posto a loro".

Che ne pensa dell'operato di Ghirelli?
"Non sono sempre d'accordo con lui, ed è normale. Sono tra i pochi che gli ha detto che al suo posto avrei preferito un presidente che venisse dalle nostre fila, perché un conto è rappresentare, l'altro è vivere certe cose sulla pelle. La critica che gli farei è l'aver sbandierato troppo il calcio di provincia, dei bambini e dei pulmini mentre noi siamo professionisti e raccogliamo solo bambini che abbiano prospettiva. Il sociale lo facevo prima di venire al Rimini, in squadrette più piccole. Quello che dice lui non è il nostro calcio: le società di Serie C sono professionistiche. Ciò in cui è stato bravo, combattendo come un leone perché sapeva le richieste delle società, è stato portare le nostre proposte, anche se ci hanno asfaltato. Non vorrei essere al suo posto: ha energie, ma è al timone di una barca che fa acqua da tutte le parti. Se non avanza, non possiamo dare colpe al timoniere. A livello umano c'è rispetto reciproco, anche se con punti di vista diversi. Credo sia rimasto triturato da altre logiche, la Serie C è stata ostaggio di altri giochi di potere: più di tanto non poteva muoversi. C'è stato anche accanimento: non capire che, salvo eccezioni, non siamo in grado di ripartire mi dà fastidio. Un mese per giocare due partite... Ma quanto mi costa?".

Tra Serie A e B, rispetto alla vostra lega, ci sono zeri di differenza.
"Sì, e dall'essere ostaggio si passa alla Sindrome di Stoccolma: si finisce a voler bene a chi ti tiene lì a forza. Non è mai facile trovare una sintesi, siamo pur sempre cinquantanove realtà diverse. Quando si parla di retrocessioni poi dovrei stare zitto, anche perché sono ultimo in classifica... Credevo che il Consiglio Federale qualcosa ci avrebbe dato, invece hanno cassato tutto. La follia poi è la ripartizione dei diritti di voto, in cui A, B e C, che siamo il traino principale, formano solo il 34% dei votanti. O si decide sempre seguendo il 34% che paga e si assume rischi, oppure bisogna mediare. L'unica che ha la forza di sbattere i pugni sul tavolo è la Serie A, ma noi non abbiamo i numeri. Questo dovrebbe essere tra gli oggetti di riforma, l'Italia è uno dei pochi paesi che ancora non ha fissato la ripresa".

Lei che è a Rimini, meta di turismo estivo, quanto è preoccupato?
"Rimini, assieme a Viareggio, è stata tra le prime città in Europa a dotarsi dei bagni. Neanche durante la guerra abbiamo vissuto tempi così strani, posso dire solo che stavamo molto bene ma non lo sapevamo. Fino a febbraio avevamo tutto, e non ci rendevamo conto di quanto fosse bello vivere così. Se la stagione farà lavorare molto meno gente, le aziende guadagneranno molto meno e ci sarà chi apre solo per evitare il rischio di non riaprire più e che la gente si dimentichi. La costa si era riciclata anche con il turismo di fiere e congressi, questi 50 km sono sempre stati molto vivaci anche se gli anni d'oro, i Sessanta/Settanta, non torneranno più. La mancanza di proventi però la pagheremo in inverno, e questo è un dispiacere mio, credo che anche il calcio ne risentirà. Eccetto i giovani, che vogliono dimenticare, la gente potrebbe non pensarci più".