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L'editoriale sulla C - I "ribelli" al lavoro per la nuova FIGC. Dal 1° agosto

L'editoriale sulla C - I "ribelli" al lavoro per la nuova FIGC. Dal 1° agostoTUTTO mercato WEB
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport
mercoledì 16 maggio 2018, 11:272018
di Ivan Cardia
L'editoriale di Ivan Cardia per TuttoC.com

Dicasi governo balneare, nel gergo parlamentare italiano, quello costituito per consentire di gestire una crisi nel periodo estivo, rimandandone la soluzione alla ripresa dei lavori. Andava di moda ai bei tempi della Prima Repubblica, quando la maggioranza aveva comunque lo stesso colore; potrebbe tornare d’attualità nel 2018, quando la tonalità di moda pare diventata il giallo-verde. Di balneare, il governo che le componenti federali del nostro calcio stanno tentando di costruire, avrebbe ben poco, perché non vorrebbe essere un tampone temporaneo. Però sarebbe estivo, eccome. Almeno nel suo esordio.

La data è già fissata: 1 agosto. Inusuale, come punto di partenza, ma è quella che Gravina e Sibilia, rispettivamente presidenti di Lega Pro e Lega Dilettanti, immaginano, o sognano, per far ripartire la nuova FIGC. Non più commissariata, ma senza alcuna rottura formale con il CONI: il mandato di Fabbricini scadrà a luglio, terminati i sei mesi decisi dallo stesso Giovanni Malagò. Il ragionamento è semplice: arrivati a quella data, si dovrà verificare se le ragioni che hanno giustificato il commissariamento esistono ancora. Considerato che l’unico presupposto, peraltro traballante, era la mancata elezione del presidente federale, con un accordo ampio e condiviso sul nome di Giancarlo Abete la questione sarebbe risolta. Semplice, ma solo in teoria.

La base c’è: numeri e statuto (attuale) alla mano, tanto ampia da far pensare che l’elezione possa avvenire al primo scrutinio. Lega Pro e LND potrebbero eleggere Abete da sole, ma hanno quantomeno imparato la lezione di gennaio, quando il nostro calcio ha perso l’occasione di dare una risposta. Sul carro ci sono anche giocatori e arbitri. Nelle prossime ore si cercherà di definire la posizione della Lega B, che parteciperà all’incontro tra le parti in programma in giornata. Fin qui Balata è stato ambivalente, ora potrebbe sciogliere i dubbi: già l’aver accettato di partecipare alla riunione è un buon segnale. E sarebbe un altro passo avanti notevole: la B conta poco a livello elettorale, ma a quel punto rimarrebbero esclusi solo i tecnici e la Lega Serie A. Sui primi, la questione può concludersi con un amen: l’assoallenatori negli ultimi anni ha cambiato tante volte il proprio orientamento da potersi considerare una scheggia impazzita, o quasi.

Le obiezioni di Malagò, invece, riguardano soprattutto la Lega A: impossibile escluderla dalla scelta del nuovo presidente federale. Sulla carta, un ragionamento ineccepibile; nella pratica, molto meno. Perché i 20 grandi club del nostro calcio, finora, si sono esclusi da soli. E la Lega, per quanto ricca, è sempre pronta a spaccarsi di nuovo: non a caso, la poltrona del presidente Micciché ha iniziato a traballare venti giorni dopo la sua elezione all’unanimità. Anche in vista del possibile braccio di ferro tra il commissario e i “ribelli” (etichetta non gradita, ma che torna utile per semplificare), questi ultimi potrebbero contare sull’appoggio di diversi club di A. Non la metà, ma quasi. In soldoni: la Lega Calcio, come corpo elettorale unico, non esiste, perché scissa in correnti e partigianerie varie. Escluderla non è neanche una scelta. È assurdo rifondare la FIGC senza la sua testa? Sì. Ma la riforma pare costretta a partire dal basso, perché in alto continuano a litigare. Prima, durante e dopo il 29 gennaio. 

Candidato, elettori, tempistiche: c’è tutto. Cosa succederà? L’incontro di oggi, con l’appoggio della B o meno, porterà a definire le prossime mosse. Le intenzioni del gruppo, di cui abbiamo citato Gravina e Sibilia, ma che comprende anche Tommasi e Nicchi, sono chiare: entro il weekend, chiedere la convocazione dell’assemblea elettiva. A quel punto, palla al CONI e al commissario, che fin qui hanno tenuto in poca considerazione le leghe minori, ma in questo caso dovranno scegliere se inasprire il braccio di ferro o meno. Comunque vada, il rischio di un fallimento del progetto di Malagò è concreto. Concedere l’assemblea vorrebbe dire chiudere il commissariamento con la nomina di un ct e la contestata introduzione delle seconde squadre: né Mancini né la Juventus B risolveranno i guai del calcio italiano. Negarla, invece, andrebbe contro le norme attualmente in vigore, a meno di non mettervi mano con autorità e anche autoritarietà, ignorando peraltro la disponibilità in tal senso delle componenti federali. Sarebbe l’ultimo atto prima di uno scontro istituzionale il cui terreno va preparandosi. La Lega Pro è infastidita dall’introduzione delle squadre B, ma ne guadagnerà comunque diversi milioni di euro ed è pronta a farsene un ragione, pur con una certosina attenzione al rispetto delle norme (per esempio questione impianti, un punto molto sottovalutato e su cui potrebbe arenarsi l’intera riforma). La Lega Dilettanti è già sul piede di guerra per lo “scippo” del calcio femminile, consumato proprio nel momento in cui finalmente è diventato un prodotto di un certo interesse. Il vaso, in sostanza, può tollerare ancora poche gocce e starà alla diplomazia di Malagò evitare la rottura totale. Ammesso che ci sia davvero una possibilità di scelta.