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tmw / spezia / Che fine ha fatto?
ESCLUSIVA TMW - Tentoni: "Wembley il punto più alto, il sogno mondiale mancato per una varicella"TUTTO mercato WEB
mercoledì 20 ottobre 2021, 09:59Che fine ha fatto?
di Gaetano Mocciaro
esclusiva

Tentoni: "Wembley il punto più alto, il sogno mondiale mancato per una varicella"

Il calcio degli anni '90 ha rappresentato assieme al decennio precedente l'Eldorado del calcio italiano, con le squadre che dominavano in Europa e i grandi stranieri a illuminare la scena. E non sono nemmeno mancate le belle favole e i bomber di provincia, che facevano piangere le big. Andrea Tentoni è il simbolo della Cremonese di Gigi Simoni, l'ultima Cremo che ha visto la Serie A. Per il tecnico di Crevalcore era il più forte centravanti d'Italia se si fosse giocato in contropiede, per Arrigo Sacchi un papabile a vestire l'azzurro se non ci fosse stata di mezzo la varicella. I problemi all'anca lo hanno fatto smettere presto, a 31 anni. In un calcio come quello di oggi avrebbe avuto ancora diversi anni davanti. Ai microfoni di Tuttomercatoweb proprio Tentoni fa con noi un tuffo nel passato e ci racconta il suo presente:

Andrea Tentoni, cosa fa oggi?
"Appena appese le scarpette al chiodo ho cominciato ad allenare. Ho avuto qualche esperienza con le prime squadre ma poi mi sono dedicato ai bambini, perché mi gratifica di più. Attualmente sono uno dei responsabili del settore giovanile del Fya Riccione, squadra di Eccellenza. E alleno due squadre, una Under 16 e Pulcini 2010".

Che differenze ha trovato nell'allenare i grandi e i piccoli?
"Mi piace vedere il miglioramento di un bambino che hai allenato. Mentre con i grandi ti scontri con realtà che non ti lasciano lavorare, gente incompetente che vuole mettere il becco in cose che non dovrebbero essere di loro competenza".

Nel curriculum vediamo anche un'esperienza nel calcio femminile, a San Marino
"Sono stato uno dei primi promotori del calcio femminile a San Marino, un'esperienza durata tre anni. All'epoca erano poche le società col settore giovanile e nessuna con la sezione femminile tra i Pro. Per me è stata una bella esperienza, che consiglio a parecchi".

Che cosa l'ha colpita del movimento femminile?
"Le ragazze hanno una passione indescrivibile, persino rispetto ai ragazzi. Ancora ci sono dei preconcetti, ad esempio quando una bambina si approccia al calcio la si guarda in modo un po' strano, ma io non vedo perché non possa praticare uno sport che ama. Sotto questo punto di vista sono contento che il calcio femminile stia crescendo e avendo spazio. Per me il calcio femminile è il futuro. Ho visitato altre realtà che erano già sviluppate come Francia, Germania e Finlandia. Siamo noi che eravamo indietro decenni e ora stiamo cercando di recuperare il terreno perduto. Un'altra cosa che mi ha entusiasmato nell'allenare le donne è l'applicazione che mettono: chiedono sempre conferme, sono molto partecipi all'allenamento. Il maschio non dico che sia spartano, ma è sicuramente più alla mano".

Tornerebbe ad allenare le donne?
"Guarda, ho dato una mano al Femminile Riccione. Il contatto non l'ho perso, mi piace sempre ritornare in quegli ambienti lì perché è veramente bello".

Facciamo un passo indietro e ripercorriamo la sua carriera di calciatore: il suo nome è indubbiamente legato a Cremona e la Cremonese. Le sarebbe piaciuto tornare?
"Sinceramente non c'è più stata la possibilità di tornare e, sono sincero, ne sono dispiaciuto. Sarebbe stato bello lavorare magari nel settore giovanile. Ma capisco che rispetto ai miei tempi c'è un'altra proprietà e non si è trovato un modo per ritrovarci. Ogni tanto torno, ci sono le reunion con gli ex compagni di squadra. Siamo rimasti in contatto, abbiamo vissuto anni fantastici nonché i più belli della Cremonese".

La sua ascesa è stata fulminea: dalla C2 alla Serie A in pochi anni
"Ho avuto tempi lunghi di maturazione, in verità. Ho cominciato a fare quel che sapevo fare a Latina, in C2. Per me quello è stato l'anno fondamentale per la mia carriera, perché era per la prima volta fuori casa e mi ha formato a livello caratteriale. Sono poi andato alla Vis Pesaro e lì ho incontrato da avversario Gigi Simoni che allenava la Carrarese. Lui ha intravisto in me delle potenzialità e mi ha chiamato a fine campionato per raggiungerlo alla Cremonese, dove sarebbe andato ad allenare. Si trattava per me di un doppio salto in avanti, andavo a giocare in Serie B e non potevo rifiutare. Partivo dalle retrovie, dovevo essere la terza punta e nel giro di 2-3 partite mi sono ritrovato a giocare titolare. Segno da subentrato all'esordio, Florijancic poco dopo fa una dichiarazione che al mister non è piaciuta e Simoni mi lancia titolare al suo posto. Rispondo segnando 2 gol. E da lì non mi sono più uscito".


L'apice della carriera a Wembley, dove vincete la Coppa ango-italiana nel 1993
"L'esperienza più bella della mia vita, chiaramente. Arrivare in questo stadio storico, mitico, mi ha lasciato un brivido forte. Giocammo la finale contro il Derby County i cui tifosi avevano riempito lo stadio. Noi riuscimmo a dare una gioia alla piccola porzione dei tifosi della Cremonese che assiepavano gli spalti. Simoni mi diede fiducia, nonostante non avessi giocato nei turni precedenti e io segno e vengo eletto miglior giocatore della partita. Fu pazzesco".

Per la serie: le sliding doors della vita. Nel 1994 poteva esserci un momento ancora più alto con la convocazione in Nazionale
"Era l'anno dei Mondiali negli Stati Uniti. Arrigo Sacchi aveva mandato l'allora suo vice Carlo Ancelotti a vedermi diverse volte. Poi ho parlato proprio con Sacchi, mi aveva spiegato cosa voleva da un giocatore. Peccato che mi abbia colpito la varicella, che mi fece avere un calo fisico importante, tutto questo nel periodo in cui facevano le pre-convocazioni, facendomi saltare il giro. Sarebbe stato bellissimo, il coronamento del sogno di ogni calciatore. Ma nella vita bisogna anche essere contenti di quel che si è fatto".

Dispiaciuto di non aver fatto il salto in una big? La Samp ti provò in tournée
"Io e Maspero venimmo chiamati dai blucerchiati per alcune partite in Indonesia e nell'estremo oriente. Purtroppo arrivai che ero veramente alla frutta fisicamente, dopo un campionato dispendioso a livello di energie. Non ho potuto dare quel che potevo dare e alla fine forse la cosa ha pesato sulla scelta dei dirigenti blucerchiati".

Ha citato Simoni, come uomo del destino. Cosa ha rappresentato per Lei?
"Oltre ad essere l'allenatore più importante della carriera è stato un secondo padre. Aveva una forza enorme e spessore umano. Prima di prendere un giocatore voleva parlarci, capire che persona era. Era un condottiero di un gruppo eccezionale. Ha plasmato un collettivo che è divenuto la nostra forza. Era una persona unica nel genere, ti faceva stare bene. Chiaramente quando doveva cazziarci ci cazziava".

Sempre Simoni disse di Lei: "È il più forte centravanti d'Italia se si gioca in contropiede"
"Lui mii diceva che ero forte nelle ripartenze e che non dovevo sbattermi troppo a pressare, di aspettare di essere lanciato in profondità. Sapeva capire le potenzialità di ogni calciatore. Certo che in questo periodo storico non sarebbe più possibile non chiedere a un attaccante di pressare".

Cose che non rifarebbe: l'esperienza a Piacenza, ad esempio?
"Col senno di poi fu un trasferimento che non avrei più fatto. Ma la società all'epoca doveva fare cassa e c'è stata questa opportunità. Fu davvero dura, visto il mio passato alla Cremonese. I tifosi durante il ritiro mettevano striscioni contro di me, mi hanno insultato. Fu per me un'esperienza negativa e ho giocato poco.

Il ritiro a 31 anni è il vero rimpianto?
"Sì, più della mancata convocazione in Nazionale. È la cosa che mi rammarica di più ma purtroppo ho rimediato un problema all'anca che è un tipo di infortunio senza soluzione, se non quella di smettere. Ne porto i segni, avendo una protesi all'anca da tanti anni".