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Il calcio in ginocchio per George Floyd. Paradosso sanzioni, ma si schiera anche la FIFA
Marcus Thuram è stato il primo. Il figlio di Lillian, stella del Borussia Mönchengladbach, ha scelto di inginocchiarsi dopo una delle due reti siglate all’Union Berlino. Una dimostrazione di solidarietà al movimento Black Lives Matter, tornato di grandissima attualità a livello planetario dopo la morte di George Floyd, l’afroamericano scomparso dopo essere stato trattenuto a terra per quasi 9 minuti dalla polizia in quel di Minneapolis.
Squadre in ginocchio. In maniera sempre crescente, il gesto di Thuram è stato emulato da tutto il mondo del calcio. Ieri era stato il turno di Juventus, Sampdoria, ma anche e soprattutto Liverpool, i cui giocatori in allenamento si sono inginocchiati per dimostrare la propria solidarietà. Oggi, il comportamento dei Reds è stato imitato a livello italiano anche da Roma e Torino, mentre il Cagliari ha aderito al BlackOutTuesday. Lo stesso a cui ha partecipato l’Inter con il presidente Zhang, mentre Aurelio De Laurentiis, patron del Napoli, ha twittato al riguardo.
Paradosso sanzioni. Nel sentimento comune a tutto il movimento (in Inghilterra il WBA ha criticato un tifoso che definiva una “pagliacciata” questa gara di solidarietà), c’è il contraltare delle sanzioni. Le rischiano, in Bundesliga, lo stesso Thuram, ma anche i Weston McKennie dello Schalke 04, Jadon Sancho e Achraf Hakimi, entrambi del Borussia Dortmund. Nonostante la difesa del presidente della DFB, la stessa federcalcio tedesca ha fatto sapere che le loro “esultanze” saranno monitorate con attenzione. Perché? Storicamente, le commistioni calcio-politica non sono ben viste dal mondo del pallone e soprattutto dalle sue istituzioni. Di solito, neanche dalla FIFA. Che non può obbligare le federazioni a evitare sanzioni, ma in questo caso ha preso posizione in maniera chiara, attraverso il presidente Infantino: “Quei giocatori meritano applausi, non punizioni”. Difficile dargli torto.
Squadre in ginocchio. In maniera sempre crescente, il gesto di Thuram è stato emulato da tutto il mondo del calcio. Ieri era stato il turno di Juventus, Sampdoria, ma anche e soprattutto Liverpool, i cui giocatori in allenamento si sono inginocchiati per dimostrare la propria solidarietà. Oggi, il comportamento dei Reds è stato imitato a livello italiano anche da Roma e Torino, mentre il Cagliari ha aderito al BlackOutTuesday. Lo stesso a cui ha partecipato l’Inter con il presidente Zhang, mentre Aurelio De Laurentiis, patron del Napoli, ha twittato al riguardo.
Paradosso sanzioni. Nel sentimento comune a tutto il movimento (in Inghilterra il WBA ha criticato un tifoso che definiva una “pagliacciata” questa gara di solidarietà), c’è il contraltare delle sanzioni. Le rischiano, in Bundesliga, lo stesso Thuram, ma anche i Weston McKennie dello Schalke 04, Jadon Sancho e Achraf Hakimi, entrambi del Borussia Dortmund. Nonostante la difesa del presidente della DFB, la stessa federcalcio tedesca ha fatto sapere che le loro “esultanze” saranno monitorate con attenzione. Perché? Storicamente, le commistioni calcio-politica non sono ben viste dal mondo del pallone e soprattutto dalle sue istituzioni. Di solito, neanche dalla FIFA. Che non può obbligare le federazioni a evitare sanzioni, ma in questo caso ha preso posizione in maniera chiara, attraverso il presidente Infantino: “Quei giocatori meritano applausi, non punizioni”. Difficile dargli torto.
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