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Il calcio ai tempi del Coronavirus. Pomini del Venezia: "Ci servirà tempo"
Alberto Pomini da Isola della Scala, trentanove primavere tra due giorni, è a casa con la famiglia, con tre figli. "Cerchi di apprezzare le cose che nella vita frenetica dai per scontato". Ride, il portiere del Venezia, perché a questa forzata reclusione nessuno è abituato. Ma . Stai con la famiglia. Sembra sian passati due mesi, son tre giorni... Però fino a giovedì ci siamo allenati, la Lega ha deciso di fermare tutto".
Lei abita a Treviso: tra lì e Venezia, com'è la situazione?
"E' stata la zona che, già da tempo, è stata colpita. A livello numerico il Veneto è riuscito a contenere l'epidemia. Da giorni abbiamo cambiato le abitudini, poi i bambini erano già a casa per le vacanze di carnevale: al momento del picco c'era meno aggregazione e questo ha forse aiutato".
Come è cambiata la vostra vita da atleti?
"Fino a sabato scorso è stata una vita normale, l'unica preoccupazione erano le porte chiuse. Dall'inizio della settimana, quando è diventata zona rossa, ci siamo allenati in modo normale con precauzioni. Poi alla fine ci siamo divisi in gruppi e in spogliatoi, evitando partitelle e contatti. In palestra guanti monouso e disinfettanti ma poi il club ha deciso di stoppare le attività".
Con ragione.
"Un conto è andare al campo e sapere che stanno tutti bene. Un conto è sapere che il virus è in circolazione e non vivere, non allenarsi serenamente".
Come vi allenate ora?
"Arrivano programmi di lavoro individuale che cercheremo di fare. E' da capire come e cosa potremo fare, siamo però in un momento della stagione dove se rallenti un po' non perdi nulla. Certo, quando riprenderemo, dovremo capire anche come. Non possiamo riaprire il giorno X e giocare il giorno dopo: va preservata la salute dei calciatori, anche in quel senso".
Lei abita a Treviso: tra lì e Venezia, com'è la situazione?
"E' stata la zona che, già da tempo, è stata colpita. A livello numerico il Veneto è riuscito a contenere l'epidemia. Da giorni abbiamo cambiato le abitudini, poi i bambini erano già a casa per le vacanze di carnevale: al momento del picco c'era meno aggregazione e questo ha forse aiutato".
Come è cambiata la vostra vita da atleti?
"Fino a sabato scorso è stata una vita normale, l'unica preoccupazione erano le porte chiuse. Dall'inizio della settimana, quando è diventata zona rossa, ci siamo allenati in modo normale con precauzioni. Poi alla fine ci siamo divisi in gruppi e in spogliatoi, evitando partitelle e contatti. In palestra guanti monouso e disinfettanti ma poi il club ha deciso di stoppare le attività".
Con ragione.
"Un conto è andare al campo e sapere che stanno tutti bene. Un conto è sapere che il virus è in circolazione e non vivere, non allenarsi serenamente".
Come vi allenate ora?
"Arrivano programmi di lavoro individuale che cercheremo di fare. E' da capire come e cosa potremo fare, siamo però in un momento della stagione dove se rallenti un po' non perdi nulla. Certo, quando riprenderemo, dovremo capire anche come. Non possiamo riaprire il giorno X e giocare il giorno dopo: va preservata la salute dei calciatori, anche in quel senso".
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