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Da Insigne a Dybala: non è lesa maestà proporre ai calciatori ingaggi al ribasso! Anzi, è necessario: il calcio è in crisi ma c'è chi fa finta di non vedereTUTTO mercato WEB
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domenica 2 gennaio 2022, 09:01Editoriale
di Raimondo De Magistris

Da Insigne a Dybala: non è lesa maestà proporre ai calciatori ingaggi al ribasso! Anzi, è necessario: il calcio è in crisi ma c'è chi fa finta di non vedere

Nato a Napoli il 10/03/88, laureato in Filosofia e Politica presso l'Università Orientale di Napoli. Lavora per Tuttomercatoweb.com dal 2008, è il vice direttore dal 2012
"Il calcio italiano registra perdite per 1.2 miliardi e questi soldi sono andati nelle mani di calciatori che con grande egoismo si sono girati dall'altra parte mentre i club soffrivano. Questi ragazzi sono simboli e modelli per migliaia di persone, in questo momento di crisi i calciatori non hanno fatto la loro parte". E ancora: "Parliamo di una categoria di privilegiati che dovrebbe essere vincolata ai risultati economici della squadra con la quale sono sotto contratto". Il presidente della Lega Serie A Luigi De Siervo lo scorso 15 novembre, nel corso del 'Social Football Summit', lanciò un tema passato inosservato che però ora che si discute tanto di rinnovi di contratto è tornato predominante e traccia un solco tra chi è in sofferenza e chi fa finta che negli ultimi due anni non sia accaduto nulla.

Ormai dovrebbe essere chiaro: non parliamo della stragrande maggioranza dei calciatori, ma dei più importanti. Sono pochi, e muovono anche più soldi. Anzi, di questi tempi sono la causa dei più grossi buchi di bilancio perché hanno firmato contratti prima che lo tsunami Covid travolgesse il calcio mondiale. Attenzione: prima che travolgesse i club, non i calciatori.
Basta prendere l'ultimo report della Deloitte per capire che il calcio a livello di top club è in fase di recessione: calo degli introiti da stadio, dei soldi provenienti dai diritti tv e dai diritti commerciali, in alcuni casi. Più si va in alto, più la contrazione dei soldi incassati è evidente. Più si indebita il vertice del calcio, più ne soffre la base. "Parliamo di una categoria di privilegiati che dovrebbe essere vincolata ai risultati economici della squadra con la quale sono sotto contratto", disse sempre De Siervo in quell'occasione. Appello per ora inascoltato.


Ora, in un calcio che non ha più a disposizione i soldi di 4-5 anni fa, è necessario che anche i calciatori facciano la loro parte. E invece, ad oggi, non solo non l'hanno fatta ma addirittura ci si sorprende se i club ai calciatori in scadenza di contratto offrono rinnovi a cifre più basse. "E' il capitano, Napoli vergognoso nel non provare a rinnovare il contratto di Insigne a tutti i costi". Oppure: "Se la Juve vuole rivedere le cifre dell'accordo di Dybala, vuol dire che non ci crede..." Sono oggi versioni che vanno per la maggiore e che non tengono conto di una necessità impellente che coinvolge tutti i club: abbassare il monte ingaggi. Una società di calcio per essere considerata sana dovrebbe avere un monte-ingaggio al massimo pari al 60% del monte-ingaggi strutturato. Oggi in Serie A c'è chi arriva al 100%: come si può pensare di andare avanti?

Qui nessuno vuole e può giudicare le scelte di nessuno, sia chiaro. E se poi i giocatori trovano altrove un'offerta congrua alla loro richiesta hanno tutto il diritto di accettarla. Nemmeno però possono passare per vittime: in generale mai, visto che per compensi sono al vertice della piramide dello sport, specialmente in questo periodo. Ed è quindi paradossale accusare un club perché a un giocatore che guadagna 5-6-7 milioni di euro l'anno ne offre meno.
Avanzare questa mossa non vuole dire non credere in quel giocatore, vuol dire percorrere l'unica strada percorribile: non per tornare a essere sostenibili, ma quantomeno per non continuare a indebitarsi.