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tmw / milan / Editoriale
Brocchi, Montolivo, Ibrahimovic e i fantasmi di giugnoTUTTO mercato WEB
© foto di Federico De Luca
venerdì 6 maggio 2016, 00:00Editoriale
di Luca Serafini
per Milannews.it

Brocchi, Montolivo, Ibrahimovic e i fantasmi di giugno

Lo stato di decomposizione del Milan che fu, porta i tifosi anche a un accanimento incontrollato nei confronti di molti singoli. Sui fantasmi di rientro Balotelli e Boateng già ci siamo espressi più volte: mai avrebbero dovuto tornare, mai dovrebbero restare per le mille ragioni che tutti conoscono. Qui ci occupiamo dell'allenatore e del capitano di questo scorcio finale del disastro.

Cristian Brocchi non merita la gogna. I suoi deragliamenti mediatici sono assolutamente comprensibili e accettabili perché costituiscono la prova concreta dell'inesperienza: a Brocchi nessun autore scrive i testi e in una situazione come quella attuale veniva difficile parlare, prima e dopo le partite, persino a una vecchia volpe come Mihajlovic. Fabio Capello ci ha sempre detto che per l'allenatore di un grande club, nei momenti difficili è addirittura più semplice e naturale avere il controllo privato e pubblico rispetto a una squadra che invece vince sempre. Un paradosso che chi ha vissuto uno spogliatoio come quello del Milan comprende molto bene, specie dopo le esternazioni di Pippo Inzaghi un anno fa in una situazione analoga. Le acrobazie dialettiche sono pane per denti di Mourinho, capace di distogliere l'attenzione parlando di cose più eclatanti o caricandosi in prima persona il peso delle pressioni. Ancelotti sa scegliere modi, toni e parole. Sacchi aveva un cd incorporato che si può ascoltare ancora oggi per quanto datato. Chi è alle prime armi invece non può essere già smaliziato anche solo quando parla.

Non è invece elegante il tono di quelli che parlano di ruffiani riferendosi a Inzaghi prima e Brocchi ora, arrivando persino a sostenere che non avrebbero dovuto accettare la panchina. Come se vivere 20 anni in un club come quello rossonero fosse ora una colpa, per il solo fatto di (dover) accettare una promozione per quanto prematura e pericolosa. Brocchi ha provato a elaborare un sistema di gioco caro a lui e al presidente, ma non vi riesce non essendovi purtroppo interpreti all'altezza di alcun modulo. Il tempo parlerà per lui, non certo così breve.

Montolivo è il capitano di "questo" Milan. Deve accettarne il dazio anziché i fasti. Lo sa bene perché gli ultimi tempi alla Fiorentina furono simili. Gioca in un ruolo dove persino l'ultimo Pirlo milanista venne scorticato salvo poi andare a vincere ancora molto a Torino. In una squadra dove era più facile ritrovarsi.

L'ex viola ha vistosamente faticato a ritrovare una accettabile condizione dopo la lunga assenza, commette errori evidenti, tarda a trovare ritmo e passo. Non può essere additato come l'unico responsabile dello sfacelo, ma ne è un protagonista e di questo è giusto che si assuma le responsabilità. Il rinnovo contrattuale è qualche volta un puro atto imprenditoriale che impedisce di perdere un giocatore gratuitamente sul mercato (se ne ha uno). Starebbe a lui trarre le conclusioni per capire se sia o no possibile recuperare posizioni in questo club, prima che il club stesso. I giocatori dai quali la gente e la critica onesta si attendono di più, sono quelli più flagellati se il loro rendimento non è considerato all'altezza. Il milanismo, poi, è spietato nei momenti critici: chiedere a tali Gianni Rivera e Marco Van Basten.

Raiola è tornato a sbandierare l'acciuga Ibra sotto il naso rossonero. Tanto basta per capire che sia pura propaganda: le operazioni importanti si concludono sotto traccia, senza squilli di tromba che ne scandiscano i passi.

Il Leicester, infine: meritato trionfo per un buon allenatore e una bravissima persona. Da non confondere con la solita retorica del club modello: come qualche volta accade nel calcio, non ha vinto chi ha speso di più ma chi ha speso meglio. Ma solo qualche volta, appunto. Che significa raramente. Specie quando le "grandi" non sono ai loro standard abituali e qualcuno sa approfittare del momento storico.

Molti dei primattori di certe favole, altrove finiscono col perdersi. Il Leicester va goduto finché dura con grande simpatia e stima, ma resterà un'eccezione per quanto a lungo possa reggere. Il calcio purtroppo è un altro e lo sa per primo proprio Claudio Ranieri che per questo se la deve godere con maggiore euforia. Bravo mister. E grazie per aver timbrato ancora una volta il football inglese con il nostro vituperato tricolore.