Menu Serie ASerie BSerie CCalcio EsteroFormazioniCalendari
Eventi LiveCalciomercato H24MobileNetworkRedazioneContatti
Canali Serie A atalantabolognacagliariempolifiorentinafrosinonegenoahellas veronainterjuventuslazioleccemilanmonzanapoliromasalernitanasassuolotorinoudinese
Canali altre squadre ascoliavellinobaribeneventobresciacasertanacesenalatinalivornonocerinapalermoparmaperugiapescarapordenonepotenzaregginasampdoriaternanaturrisvenezia
Altri canali serie bserie cchampions leaguefantacalcionazionalipodcaststatistichestazione di sosta
tmw / roma / Editoriale
Per vincere servono i grandi giocatori, le grandi giocate, le grandi parate
lunedì 31 agosto 2015, 02:42Editoriale
di Alessandro Carducci
per Vocegiallorossa.it

Per vincere servono i grandi giocatori, le grandi giocate, le grandi parate

“Abbiamo vinto in un modo importante, ma è solo la seconda giornata, non dobbiamo pensare che sia finita, dobbiamo abbassare i toni”. Così Rudi Garcia al termine di Roma-Juve. È curioso pensare come l'anno scorso, dopo l'immeritata sconfitta dello Juventus Stadium, lo stesso tecnico francese per motivare la squadra abbia parlato apertamente di scudetto. Ieri, invece, dopo aver totalmente domato i bianconeri, l'ex Lille si rifugia in una pragmatico: “Dobbiamo abbassare i toni”.
Fa benissimo anche perché una città come Roma si infiamma facilmente, soprattutto in una serata che ha visto la Juventus venire annichilita dai giallorossi.

I capitolini hanno avuto fame, rabbia, voglia di vincere, velocità (sia di pensiero che di esecuzione) e cattiveria. La Roma ha chiuso nella propria metà campo gli avversari per tutta la partita, facendo l'unico di errori di adagiarsi dopo il 2-0, sprecando alcune ghiotte occasioni e regalando il gol speranza ai torinesi.

Squadra corta, aggressiva e trasmissione rapida del pallone: la dea Eupalla si sarà leccata i baffi vedendo giocare la squadra di Garcia, pur contro una formazione che l'anno scorso poteva schierare in mezzo al campo Pirlo, Vidal, Pogba o Marchisio e che quest'anno si è presentata con Padoin, Pogba e Sturaro.

Quando una squadra, la Roma, si muove come un blocco unico i singoli possono esprimere al meglio le proprio qualità. È così salito in cattedra Miralem Pjanic. Sarebbe facile parlare della punizione pennellata con classe e maestria o del palo che ha illuso i tifosi nel primo tempo. Sarebbe facile e fuorviante perché il bosniaco è stato molto di più. Ha cucito la manovra, è stato il fulcro del gioco giallorosso e, soprattutto, lo è stato per tutti i 90 minuti. Sempre presente nelle azioni, ha smistato palloni con qualità, offrendo sempre la soluzione migliore. È stato aiutato dall'intelligenza tattica di Keita (che ha il gol della Juve sulla coscienza ma che ha giocato nel complesso un'ottima gara) e dal dinamismo di Nainggolan che, partito come un diesel nel precampionato, è tornato ad essere quel carrarmato che abbiamo ammirato lo scorso anno. Ottimo anche l'impatto di Digne con il calcio italiano mentre Dzeko, gol a parte, conferma sempre di più di poter fare reparto da solo. Quando perde il pallone lotta per riprenderlo, conquista punizioni importanti, fa da sponda e segna. Di testa, di piede, poco importa. Per vincere servono i colpi dei campioni, così come servono i portieri che diano sicurezza e tranquillità al reparto. Portieri che, dopo quasi 90 minuti di inattività, mantengono alta la concentrazione per andare a togliere un pallone dalla rete, regalando vittoria e tre punti fondamentali alla Roma. Chapeau, Szczesny.