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Mourinho: "In estate ho rifiutato nazionale portoghese e club sauditi pur di restare alla Roma"
José Mourinho torna a parlare della Roma. In un'intervista al Telegraph, della quale vi abbiamo già proposto uno stralcio sempre a tema giallorosso, l'allenatore portoghese racconta di aver rifiutato proposte importanti per proseguire la sua avventura all'ombra del Colosseo dopo la scorsa stagione: "I miei amici, la mia famiglia, perfino il mio agente mi dissero di andare via dopo la finale di Europa League dello scorso anno. Ma ho sentito la spinta del club, dal punto di vista emotivo, e sono andato avanti. Ho rifiutato la panchina della nazionale portoghese e anche un'offerta molto conveniente dall'Arabia Saudita per restare alla Roma.
Lo Special One si è soffermato anche sull'esperienza al Manchester United, anche quella terminata con un esonero: "Avevo un buon rapporto col club dal punto di vista personale, ma dal punto di vista professionale non è stato il massimo. Io so chi sono, sono un uomo di calcio. E quando c'ero io al Manchester United non c'era tutto il materiale che invece ha avuto a disposizione ten Hag, non avevo questo tipo di supporto da parte della società, non avevo questo livello di fiducia. Quindi me ne andai molto triste perché sentivo che eravamo solo all'inizio di un processo di crescita. Sono sicuro che se a volte si fossero fidati di me e avessero creduto nella mia esperienza le cose sarebbero andate diversamente. Ancora oggi ci sono un paio di giocatori che io non volevo 5-6 anni fa perché per me non rappresentavano il profilo ideale per giocare in un club di una certa dimensione".
Poi due parole anche sul futuro: "Ho ancora una lunga carriera davanti. Ho 61 anni, non è che finirò a 65... Non è questione di club: la sola cosa che voglio è che gli obiettivi siano definiti da tutti in tempi utili. Non posso andare in un club in cui, solo per la mia storia, l'obiettivo sia vincere un titolo. L'unica cosa che voglio è che sia chiaro".
Lo Special One si è soffermato anche sull'esperienza al Manchester United, anche quella terminata con un esonero: "Avevo un buon rapporto col club dal punto di vista personale, ma dal punto di vista professionale non è stato il massimo. Io so chi sono, sono un uomo di calcio. E quando c'ero io al Manchester United non c'era tutto il materiale che invece ha avuto a disposizione ten Hag, non avevo questo tipo di supporto da parte della società, non avevo questo livello di fiducia. Quindi me ne andai molto triste perché sentivo che eravamo solo all'inizio di un processo di crescita. Sono sicuro che se a volte si fossero fidati di me e avessero creduto nella mia esperienza le cose sarebbero andate diversamente. Ancora oggi ci sono un paio di giocatori che io non volevo 5-6 anni fa perché per me non rappresentavano il profilo ideale per giocare in un club di una certa dimensione".
Poi due parole anche sul futuro: "Ho ancora una lunga carriera davanti. Ho 61 anni, non è che finirò a 65... Non è questione di club: la sola cosa che voglio è che gli obiettivi siano definiti da tutti in tempi utili. Non posso andare in un club in cui, solo per la mia storia, l'obiettivo sia vincere un titolo. L'unica cosa che voglio è che sia chiaro".
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