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Molinaro si racconta: "Ho iniziato a giocare per caso. Lo sport è motivo di aggregazione"
mercoledì 27 febbraio 2019, 10:45News
di Andrea Pontone
per Tuttofrosinone.com

Molinaro si racconta: "Ho iniziato a giocare per caso. Lo sport è motivo di aggregazione"

In occasione dell'ultimo evento relativo al progetto 'Frosinone sale in cattedra', il terzino canarino Cristian Molinaro ha raccontato ai giovani il suo rapporto con la professione di calciatore. Di seguito le sue parole, riportate dai canali ufficiali della società ciociara.

Sull'approccio al mondo del calcio: "E' arrivato più per caso che per vera passione. Mio padre aveva già due figli che giocavano nella sua Scuola Calcio, io ero un po’ la mascotte di famiglia e della Scuola calcio stessa dove allenava di mio padre. Poi il calcio è diventato un impegno maggiore più o meno alla vostra età. Ma il motivo che ha dato il là alla mia scelta di fare sport e diventare calciatore è stata quella di condividere quel tipo di esperienze con gli altri ragazzi. Arrivo da un paesino di 2.000 abitanti. L’unico modo per socializzare era quello. Pensate che non avevamo nemmeno un oratorio per poterci esprimere con un pallone tra i piedi. C’era la Scuola calcio e quello era il motivo unico di aggregazione. A quei tempi, considerate che ho 36 anni, i social e le altre ‘strade’ per socializzare non esistevano. Bisognava mescolarsi sui campetti. E così ho mosso i primi passi verso quello che sarebbe diventato il mio lavoro, la mia professione".

Sul suo percorso di crescita: "La prima svolta fu il mio arrivo nelle giovanili della Salernitana. Però anche in quel caso debbo dare atto ai miei genitori che mi hanno sempre stimolato e sostenuto negli studi. Per loro al primo posto c’era l’educazione e l’istruzione. Dovevo realizzarmi prima a livello scolastico e poi sportivo. Per loro fu una scelta difficile mandarmi a Salerno da un paesino di provincia, ma quel passaggio mi ha aiutato a crescere tantissimo. Mi sono adattato e questa cosa mi ha temprato il carattere. Nel modo di approcciarmi allo sport e nella vita di ogni giorno. La voglia di stare insieme agli altri mi ha poi aiutato nella crescita e da adulto, anche nella professione di calciatore. E da lì poi è arrivata la svolta nella maggiore età: grazie all’impegno a scuola e quindi sui campi di gioco e di nuovo a casa a studiare. Tutto questo mi ha consentito di provarci seriamente".

"La realtà - prosegue Molinaro - è che lo sport non deve essere preso mai come obiettivo di vita ma deve essere inteso essenzialmente come motivo di aggregazione, di avere la possibilità di conoscere gente. Poi ci sono delle congiunture astrali che ti consentono di affrontarlo come lavoro. Durante il mio percorso ho dovuto affrontare esperienze di vita che mi hanno aiutato ad avere una corazza ancora più forte, fondamentale nella mia crescita come uomo. E l’aspetto che mi ha consentito di essere uomo forte è il fatto di aver avuto un’adolescenza con regole precise: studiare a scuola, andare al campo ad allenarmi, poi studiare ancora a casa e riposarmi per affrontare con freschezza il giorno successivo. E quindi la scuola unita allo sport mi ha consentito di diventare uomo in anticipo. Quando vai ad affrontare una esperienza come la mia e di tanti calciatori inevitabilmente devi maturare prima. Al di là di quello che vedete sui social e in tv, noi siamo pur sempre degli uomini. Io sono marito e padre e la cosa più importante è restare uomini veri. Quello che cerco di trasmettere a mio figlio, anche attraverso quello che faccio sul campo, è cercare di aiutarlo nella sua crescita. Adesso è piccolo, quando crescerà spero che riuscirà a seguire l’indirizzo che gli stiamo dando io e mia moglie. Il messaggio che mi permetto di lanciare è questo: lo sport può aiutare a diventare uomini migliori se affrontato in un certo modo".