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Mazzola: "È un’Inter troppo bella: corrono tutti. Quando attacca non ce n’è più per nessuno"
Sandro Mazzola, uomo decisivo della seconda stella nerazzurra, ha parlato al Corriere dello Sport della conquista della seconda stella per l'Inter, parla così delle attinenze tra la sua squadra e quella di Simone Inzaghi: "La voglia di vincere, la voglia di prendere subito il controllo della partita. Può anche passare qualche minuto, sembra che l’Inter non attacchi e invece eccola: a quel punto non ce n’è più per nessuno".
Pochi giorni fa è stato in visita ad Appiano Gentile, ha incontrato Inzaghi e la squadra. Cosa pensa di Simone?
"Lo conoscevo già e l’ho sempre apprezzato come persona e come allenatore. E ora che è andata come speravamo, posso fargli i complimenti".
Si può dire che la seconda stella è nata nella notte di Istanbul?
"La squadra è cresciuta e dà la sensazione di poter decidere quando è il momento di vincere la partita. Corrono tutti, si aiutano, danno davvero la dimostrazione della forza del lavoro di squadra. È un’Inter troppo bella, sta giocando un calcio piacevole e lo ha fatto vedere anche a livello internazionale".
Che immagine ha di Inter-Lazio del 15 maggio 1966?
"Un’emozione indescrivibile, che atmosfera a San Siro! Eravamo tutti impressionati, stavamo negli spogliatoi in silenzio, concentrati, ognuno seduto al proprio posto. Entrò il presidente Moratti e ci disse: “Ma cosa fate, non andate a giocare?”. Ma noi con la testa eravamo già in campo prima del fischio d’inizio".
Emozionati? Ma se avevate già vinto tutto...
"Vero. Ma a San Siro c’erano anche più di settantamila spettatori: i cori dei tifosi, il rumore degli spalti, l’atmosfera era qualcosa di impressionante. Avevamo già vinto tutto, direi che non eravamo male come squadra, no? E a inizio stagione avevamo rivinto la Coppa Intercontinentale, nella finale d’andata segnai una doppietta all’Independiente. Però noi avevamo un segreto".
Quale?
"La voglia di dimostrarci sempre superiori agli avversari, anche dopo tante vittorie. Ed era un qualcosa che partiva dagli allenamenti. Se c’era un compagno che non si impegnava o non era concentrato, beh eravamo tutti pronti a farlo rimettere in pista subito, non aspettavamo che fosse Herrera a dirgli qualcosa".
Pochi giorni fa è stato in visita ad Appiano Gentile, ha incontrato Inzaghi e la squadra. Cosa pensa di Simone?
"Lo conoscevo già e l’ho sempre apprezzato come persona e come allenatore. E ora che è andata come speravamo, posso fargli i complimenti".
Si può dire che la seconda stella è nata nella notte di Istanbul?
"La squadra è cresciuta e dà la sensazione di poter decidere quando è il momento di vincere la partita. Corrono tutti, si aiutano, danno davvero la dimostrazione della forza del lavoro di squadra. È un’Inter troppo bella, sta giocando un calcio piacevole e lo ha fatto vedere anche a livello internazionale".
Che immagine ha di Inter-Lazio del 15 maggio 1966?
"Un’emozione indescrivibile, che atmosfera a San Siro! Eravamo tutti impressionati, stavamo negli spogliatoi in silenzio, concentrati, ognuno seduto al proprio posto. Entrò il presidente Moratti e ci disse: “Ma cosa fate, non andate a giocare?”. Ma noi con la testa eravamo già in campo prima del fischio d’inizio".
Emozionati? Ma se avevate già vinto tutto...
"Vero. Ma a San Siro c’erano anche più di settantamila spettatori: i cori dei tifosi, il rumore degli spalti, l’atmosfera era qualcosa di impressionante. Avevamo già vinto tutto, direi che non eravamo male come squadra, no? E a inizio stagione avevamo rivinto la Coppa Intercontinentale, nella finale d’andata segnai una doppietta all’Independiente. Però noi avevamo un segreto".
Quale?
"La voglia di dimostrarci sempre superiori agli avversari, anche dopo tante vittorie. Ed era un qualcosa che partiva dagli allenamenti. Se c’era un compagno che non si impegnava o non era concentrato, beh eravamo tutti pronti a farlo rimettere in pista subito, non aspettavamo che fosse Herrera a dirgli qualcosa".
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