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7 punti in 8 partite, ma c’è molto di peggio…TUTTO mercato WEB
domenica 24 marzo 2024, 22:04Editoriale
di Roberto De Frede
per Bianconeranews.it

7 punti in 8 partite, ma c’è molto di peggio…

Non incontrerai mai due volti assolutamente identici.Non importa la bellezza o la bruttezza:queste sono cose relative.Ciascun volto è simbolo della vita.E tutta la vita merita rispetto.È trattando gli altri con dignità che lo si guadagna per sè.

Già. Sette punti in otto partite, potrei parlare di come sta andando la Juventus… ma di gran lunga c’è qualcosa di peggiore. Anche la sosta della Nazionale serve, ad esempio a parlare non di calcio. Comincio pensieroso e incredulo a scrivere questo articolo, con una domanda che mi lambicca il cervello: ma come è possibile, ancora oggi, come è possibile? Il razzismo.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea all’Articolo 48 dal titolo “Presunzione di innocenza e diritti della difesa” così recita: Ogni imputato è considerato innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata e il rispetto dei diritti della difesa è garantito ad ogni imputato. L’uomo Acerbi pertanto ad oggi è senza macchia, nessuna sentenza (sportiva) ancora a suo carico è stata emessa. Se fosse davvero colpevole? Sarebbe punito, pare con dieci giornate di squalifica. Ma capirebbero tale punizione tutti i ragazzi che vedono i calciatori come esempi da seguire, veri e propri idoli? O si fermerebbero al gesto del loro beniamino, emulandolo, senza guardare oltre? Un uomo “pubblico” ha responsabilità enormi nei confronti dei più piccoli. Mi auguro proprio per i più giovani, che seguono come fossero dei i loro eroi in calzoncini, che Acerbi sia innocente e che Juan Jesus abbia equivocato, e che quindi nessun pessimo esempio possa essere assimilato.

Grazie a studiosi italiani di linguistica e filologia, da decenni la parola razza, marchiata a fuoco dalla peggiore ignominia della storia del Novecento, può e deve essere intesa alla luce del suo significato originario, e dovrebbe essere usata solo per definire un’identità non umana. Deriva infatti dal francese antico haraz, indicando un allevamento di cavalli, una mandria, un branco. Nel mondo, ancor oggi purtroppo, c’è ancora bisogno di diffondere, anche sul piano strettamente linguistico, la consapevolezza di quell’aberrazione.

Vi ricordate cosa capitò al dottor Yontu? Se avete tempo vi racconto questa breve storia…una digressione, sperando che la Domenica delle Palme possa essere davvero un momento di riconciliazione e di pace per l'umanità.

Il 2 giugno del 2021 a Chioggia, il dottor Nelson Yontu, di origini camerunensi, medico dell’INPS, si recò, per svolgere il proprio dovere, a casa di un uomo per verificarne le condizioni di salute. Il lavoratore non c’era, ma dopo un po’ si presentò in ciabatte e canottiera da mare, in ottimo stato fisico, aggredendo con percosse e mortificanti insulti razzisti il malcapitato erede di Ippocrate. Questo, in breve, il vergognoso fatto: l’ennesimo attentato alla Civiltà, alla Cultura, alla Storia. L’assurdo è che se il dottore non avesse subito violenza fisica, ma fosse stato “solo” massacrato dalle ingiurie per la sua pelle nera, il “gentiluomo” in canottiera non sarebbe incorso in nessun reato penale, ma soltanto in un illecito civile!

Infatti in Italia, il razzismo non costituisce un reato a sé stante, ma solo un’aggravante di altri reati, come ad esempio la diffamazione o le lesioni; è quanto conferma la sentenza n. 2461/19 del 18/01/2019 della Suprema Corte di Cassazione. Dire «negro di m...» mentre si picchia una persona configura il reato di lesioni aggravato dall’odio razziale. Ma dire “semplicemente” «sei un negro di…», senza però commettere altri delitti, non è reato, ma è razzismo secondo la Corte di Cassazione sez. V Penale, sentenza 18 novembre 2020 – 7 gennaio 2021, n. 307. Fa eccezione solo il caso (art. 604 bis c.p.) della propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, nonché il compimento o l’istigazione a compiere atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Dunque, ciò che rende punibile la discriminazione xenofoba – sia nella forma di razzismo “supremazionista” che in quella di odio razziale – è la propaganda e non l’offesa rivolta allo straniero. L’art. 594 del codice penale che puniva l’ingiuria fu abrogato dal decreto legislativo n. 7 del 15 gennaio 2016. Ne risulta quindi la depenalizzazione del reato. Lo stesso decreto legislativo ha fatto divenire l’ingiuria un semplice illecito civile. In altre parole, un illecito cui corrisponde una sanzione pecuniaria civile, di competenza del giudice civile. Forse sarebbero da rivedere queste rivisitazioni codicistiche.

Che tristezza! E amarezza maggiore è che l’uomo ha avuto bisogno di un documento burocratico, un pezzo di carta, per ufficializzare quanto la natura, la cultura e il progresso avrebbero dovuto partorire da sé. Siamo nel 1950, qualche anno dopo l’Olocausto – la più grande tragedia dell’Umanità – e viene redatto il documento della Dichiarazione sulla razza dell’UNESCO: primo foglio di carta ad aver negato ufficialmente la correlazione tra la differenza fenotipica nelle razze umane e la differenza nelle caratteristiche psicologiche, intellettive e comportamentali. Tutto questo avveniva dopo millenoventocinquanta anni dalla nascita di Gesù Cristo.

Non esistono le razze, esistono i malati di razzismo, diceva Rita Levi Montalcini. Dopo l’affaire Dreyfus e la sua difesa nel 1898 da parte di Émile Zola che accusava – con il suo J’accuse! – l’ambiente militare e reazionario francese di aver ordito un complotto a danno di un ufficiale innocente, ma ebreo; dopo Jesse Owens, leggendario sprinter americano di colore, campione olimpico di quattro medaglie d’oro, nella Berlino nazista del 1936; dopo gli orrori disumani dei campi di concentramento durante la seconda guerra mondiale; dopo Jackie Robinson primo nero a diventare giocatore di baseball professionistico americano nel 1946; dopo Cassius Clay, Martin Luther King, Malcolm X, Nelson Mandela e per fortuna tanti altri… possibile che esista ancora “qualcuno” che sia “ammalato”? Che sia razzista? Ah se solo sapessero quei troppi qualcuno che le teorie razziste nacquero nel Medioevo, volute dai sovrani cristiani per impadronirsi dei beni dei banchieri ebrei! Quante cose si sarebbero evitate! O quei “qualcuno” per caso celano dietro questo nefasto termine “soltanto” la cattiveria, la violenza e l’ignoranza? Insomma, se il dottore non fosse stato di colore, quel personaggio in ciabatte e canottiera avrebbe accolto il biondo dottorino svedese con tutti i crismi dell’ospitalità? Non credo, perché il razzista, prima di tutto ha un’indole violenta. Di certo ciò che è vergognoso è che alla meschinità, alla perfidia e alla crudeltà si accosti come aggravante l’essere razzista: pronunciare frasi che sono dei colpi d’ascia all’Umanità e atteggiamenti che violentano e disequilibrano un “nemico” che non ha nessuna colpa, non ha commesso alcun sopruso. È soltanto nato, come tutti noi! Tanti, troppi, ancor oggi si “inorgogliscono” di essere razzisti, senza sapere che sono soltanto dei mentecatti, ignoranti del passato storico e di ciò che quella parola ahimè rappresenta.

Il razzista, intriso di cattiveria e ignoranza, è un uomo che ha paura, un pauroso assassino della civiltà. Non degli ebrei, non degli uomini di colore, e degli altri a suo dire diversi da lui, ma ha paura di se stesso, della sua coscienza, della sua libertà, dei suoi istinti, delle sue responsabilità, della sua malata solitudine, del cambiamento della società e del mondo. In una parola, della vita. È un debole armato di una violenza malefica inaudita, alla ricerca di un capro espiatorio, un nemico immaginario, per vomitargli addosso la sua ingiustificabile cattiveria. Jean Paul Sartre elaborando la morale impegnata del nuovo esistenzialismo, spiegava di essere convinto che l’essere umano trovi la sua massima realizzazione nell’impegno sociale e politico verso il miglioramento della propria e dell’altrui condizione. E allora bisognerà dimostrare a ciascuno che il destino dei signori ebrei, dei signori di pelle nera e di tutti quelli che apparentemente vengono detti diversi, è il proprio destino. Non ci sarà un uomo libero finché gli ebrei, i neri, i diversi sotto qualsiasi accezione non godranno la pienezza dei loro diritti; non un uomo vivrà sicuro, finché un ebreo, un nero, un diverso in Italia, a Chioggia, dietro l’angolo delle nostre case, nel mondo, in un campo di calcio potrà temere per la propria dignità. Il filosofo parigino era convinto del potere dell’azione: il dovere di ogni intellettuale, e in generale di ogni essere umano, fosse quello di impegnarsi per cambiare le cose. La scuola, la cultura, la storia, le istituzioni, la famiglia hanno il dovere, il diritto e la forza di sconfiggere quest’essere indegno, debole, pauroso di se stesso che tenta come una piovra di assassinare la civiltà. Dobbiamo tutti imparare le lezioni che la Storia ci ha insegnato e riconoscere il danno profondo causato dalla discriminazione razziale. Ciò significa preservare accuratamente la memoria dei torti storici, in modo da poter usare la nostra conoscenza per sradicare pregiudizi e insegnare la tolleranza, la non discriminazione e il rispetto della diversità – nella sua accezione positiva – ovunque e per tutti.

In un mondo con sette miliardi di persone è impossibile essere tutti “uguali”. Ma la diversità è ciò che caratterizza e distingue una persona dall’altra, facendo sì che ognuno di noi sia dotato di una propria personalità. Non è qualcosa di negativo “essere diversi”, perché lo siamo tutti! Io sono diverso dai miei amici, da Te lettore che ti stai annoiando, da Te lettore che riflessivo leggi questi righi, nonostante ci possiamo assomigliare molto, e così via. Io, sono io, e non nego di essere diverso dagli altri, perché proprio questa diversità forgia la mia personalità. E Iddio me la preservi per sempre, come a tutti voi! Però tutti apparteniamo nella stessa misura all’Umanità, siamo tutte persone con personalità diverse e tutti abitiamo in uno stesso villaggio, il cui nome è Terra!

«Io appartengo all’unica razza che conosco, quella umana», disse Albert Einstein nel 1933, demolendo – almeno teoricamente – i “fondamenti” del razzismo! Lo scienziato, scrisse in un suo saggio Giuseppe Pontiggia, non ignora le differenze, le omette in un orizzonte più ampio, che le include e le supera. È questo il paesaggio che si deve aprire: sia a chi fa della differenza una discriminazione, sia a chi, per evitare una discriminazione, nega la differenza. Io ho fiducia nell’Umanità. La società può cambiare, ma dobbiamo continuare a lottare affinché il cambiamento si realizzi pienamente. Lottare vuol dire parlare, agire e ricordare. Bisogna avere fiducia nella forza della Storia, nella speranza che un giorno sia finalmente diverso… nel senso più bello e colorato possibile!

Un ultimo pensiero mi sia consentito: ammesso che Acerbi abbia commesso del razzismo nei confronti di Juan Jesus, e che quindi sia razzista. Ebbene, perché allora abbraccia e bacia Dumfries, Cuadrado, Thuram, Buchanam, Bisseck e Agoumé, suoi compagni di squadra dello stesso colore di Juan Jesus? Un razzista di “comodo”? Davvero non comprendo.

Sette punti in otto partite… si rimedierà, ne sono certo, la Juventus tornerà grande. Per il resto purtroppo non ho di queste certezze, posso soltanto sperare.

Aveva proprio ragione Martin Luther King: «Abbiamo imparato a volare come gli uccelli, a nuotare come i pesci, ma non abbiamo ancora imparato la semplice arte di vivere insieme come fratelli».

Roberto De Frede

P.S. La frase che si legge nel sommario tratta dal libro  'Il razzismo spiegato a mia figlia', è di Tahar Ben Jelloun scrittore, poeta e saggista marocchino.