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Qui non si scansa più nessuno: questa Juve fa paura solo a se stessa. Allegri rischia e scommette tutto sulla Champions
martedì 21 novembre 2017, 00:00Il punto
di Ivan Cardia
per Tuttojuve.com

Qui non si scansa più nessuno: questa Juve fa paura solo a se stessa. Allegri rischia e scommette tutto sulla Champions

Nasce a Bari il 23.02.1988 e di lì in poi vaga. Laurea in giurisprudenza, titolo di avvocato e dottorato di ricerca: tutto nel cassetto, per scrivere di calcio. Su TuttoMercatoWeb.com

Rieccolo, quell’odore di paura. Quel dubbio atroce, quel tremolio alle ginocchia, quel puzzo di qualcosa che è meglio non nominare perché ci leggono anche i bambini. Quell’interrogativo che da un po’ di tempo affiora nella testa di ogni tifoso juventino: non è che quest’anno si torna a casa con le pive nel sacco? Il 3-0 subito dalla Sampdoria dà forza al punto di domanda, il ritorno dalla sosta non poteva essere peggiore. E non ho sbagliato a scrivere: i due gol segnati nel finale dalla Juventus a Marassi non sanno di riscossa, o di voglia di non mollare. Sanno di pura casualità, ed è meglio non considerarli neanche, perché a legger 3-2 ci si immagina una partita aperta e combattuta. Cioè, in fin dei conti, tutto il contrario di quello che è stato. 

Punto primo, ma anche secondo e terzo: la Juve prende troppi gol. Come, dove, quando e perché li lascio ai grandi maestri della tattica di cui il web pullula. La spiegazione, prima che tattica o tecnica, può essere mentale e fisionomica: la Sampdoria, nel primo tempo, non si sognava neanche di fare un gol, figuriamoci tre. Poi ha visto che lì dietro la Juve qualche pericolo lo creava, ma niente di eccezionale, s’è armata di coraggio e delle qualità che alcuni giocatori hanno (punto quarto, quinto e sesto: comprare Torreira. Subito), è partita all’arma bianca e ha scoperto che questi temutissimi campioni hanno i loro grattacapi, che se giocano con due terzini che c’erano già sei anni fa qualcosa vorrà pur dire, e che in fin dei conti la Juve si può battere e quindi tanto vale batterla.

Qui non si scansa più nessuno. Non nel senso bugiardo e stupido dei detrattori di quelli di qualche tempo fa. Ma in quello che, oggettivamente, la Juve non fa più troppa paura a nessuno. Quella dei sei scudetti era una macchina del terrore: entrava in campo, e già aveva vinto. Chi più chi meno, un po’ tutti noi (il sottoscritto in malo modo, ma sono dettagli) abbiamo tirato due calci a un pallone, magari a livello agonistico o pseudo-tale. Chi più, chi meno, tutti noi ci siamo trovati di fronte l’avversario contro cui non c’erano cazzi e infatti alla fine ci abbiamo perso tutti. Ecco, la Juve era quell’avversario: quello brutto e cattivo, che non lo batti né la prima né la decima né la centesima volta. Oggi, i ragazzi di Allegri sono passati al livello inferiore: fortissimi, da affrontare al 100%, ma che un gol (o due, o tre) alla fine lo prendono. E infatti.

Intendiamoci: prendiamola come viene, questa sconfitta con la Sampdoria, in una Serie A che, come la Serie B (anche nel senso che metà dei giocatori di A dieci anni fa non avrebbero giocato in B), una seconda e una terza occasione la dà tutti, e quindi l’avrà pure la Juventus. D’altra parte è una Serie A che, pure per il mediocre livello generale di cui sopra, sarà decisa anche e soprattutto negli scontri diretti: Napoli, Inter e Roma vanno fortissime, ma si toglieranno punti a vicenda e sulla carta restano tutte battibili. Però la debacle di Marassi non è nemmeno un isolato campanello d’allarme: è la sirena secondaria che inizia a suonare quando la prima ha finito le batterie. Un problema, o pure più di uno, c’è.

La soluzione tattica, si è detto, la lascio ai suddetti maestri tattici del web che a Football Manager sono davvero fortissimi. E, sia detto più seriamente, ad Allegri. Capitolo a parte: il tecnico è finito di nuovo sotto accusa. Per certi aspetti, ci sta: ti pago per vincere, tu perdi, ti dico che sei un povero fesso. Però un povero fesso non lo è, e continuo a credere che saprà far ricredere tutti ancora una volta. Paragrafo a parte nel capitolo a parte: sotto accusa ci è finito pure Mario Mandzukic, che grazie al cielo penso se ne freghi. Difendere il croato non deriva da una qualche convinzione fideistica o credo religioso: faceva il centravanti, ora fa l’ala, non è fuori ruolo. Se n’è trovato un altro, e rende meglio di qualsiasi altro elemento in rosa. Non ci si deve aspettare il numero a effetto, o il prodigio tecnico che rompa le righe avversarie, però Mandzukic dà qualcosa di diverso da tutti gli altri: in avanti, dove soprattutto sulle palle alte è un incubo per le difese avversarie. E indietro, perché lascia liberi un paio di compagni di fregarsene della fase difensiva: se Alex Sandro si riprendesse il cugino scarso e tornasse a fare quello che faceva un anno fa, Mandzukic andrebbe bene a tutti di nuovo.

Non vogliamo parlare del Barcellona? Che poi, la sfida ai catalani è la scusa più intelligente alla disfatta di Marassi. Allegri lo ha fatto contro la Lazio e l’ha ripetuto contro la Sampdoria: Champions League primo obiettivo, poi la Serie A, gerarchie chiare negli obiettivi. Anche a costo di scherzare col fuoco. Primo, perché sa meglio di altri che la Juve con la Champions ha un bel rapporto solo fino alla finale, ma questo penso siamo tutti d’accordo che sia pure arrivato il benedettissimo momento di cambiarlo. Secondo, perché in Europa per andare fuori basta un minimo di sfiga, tipo una palla che finisce sul palo o un terzino sinistro francese di grande esperienza internazionale che non la spazza al momento giusto, e puntarci vuol dire rischiare molto, però è pure un rischio che saremmo tutti grati si rivelasse vincente. Col Barça si deve vincere, e azzarderei convincere se non fosse che la Juve degli ultimi tempi non sembri molto propensa a farlo. Però vincere è necessario, per rimettersi sullo stesso piano dopo la sfida del Camp Nou, e per fare punti verso il passaggio del turno, magari da primi in classifica. E ancora, la sfida ai catalani ridicolizza una delle innumerevoli spiegazioni al 3-2 di Genova: il temutissimo effetto-Italia-fuori-da-Russia-2018. Primo, perché a Russia 2018 ci andrà Szczesny, che dalla qualificazione non sembra aver beneficiato troppo. Secondo, perché questi hanno un abbozzo di guerra civile dietro casa e continuano a giocare come nulla fosse.

Il (casuale, giuro) riferimento alle male vicende della Nazionale italiana offre l’assist per chiudere con altre brutte vicende, che magari interessano oggi poco il tifoso delle Juve, ma che in futuro possono cambiare il nostro calcio. Ci siamo liberati di Carlo Tavecchio, che probabilmente non era adatto al ruolo sin dal principio, specie a livello mediatico, a meno che non vi piaccia quella punta di razzismo, misoginia, antisemitismo, probabilmente pure inconsapevole (il che è peggio) che trapelava da alcune sue dichiarazioni. Non abbiamo capito chi ha scelto Ventura, ma ce ne faremo una ragione. Lo scenario futuro è fosco: Malagò vuole commissariare la FIGC ma potrebbe scoprire di non poterlo fare. La lista dei possibili eredi comprende più o meno 100 nomi. Alcuni discutibili in buona fede: non capisco perché l’essere stati dei campioni possa dare a Maldini, Totti o Baggio qualche competenza specifica in materia di politica federale. Altri discutibili e basta, come nel caso di Carraro (sul serio? Di nuovo?). Altri più o meno apprezzabili e apprezzati, per diverse ragioni. Il punto, però, non dovrebbe riguardare neanche i nomi, ma un discorso di insieme. Che riveda le regole di base (con tutta la simpatia del mondo, il voto del Poggibonsi al momento non vale molto meno di quello della Juventus, e francamente è incomprensibile), per sfruttare l’occasione. L’Italia fuori dal Mondiale non dipende direttamente da Tavecchio, ma può essere l’occasione per cambiare direzione al nostro sistema calcio. Va colta, perché il rischio, cambiato un presidente, è di ritrovarsi a rimpiangerlo. E francamente sarebbe il colmo.