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L'All or Nothing della Juventus. Ma per Pirlo non sarà come con Sarri
Ci sono momenti e momenti. Storie e storie. Scelte e scelte. La Juventus scelse Maurizio Sarri per dar vita a qualcosa di subitaneo, forse in modo improvvido. Però optò per il tecnico toscano per svoltare dal punto di vista della tattica, del gioco, e per dimostrare che se vincere è l'unica cosa che conta, lo si può fare anche divertendosi e divertendo. Così non fu, ma quella era una Juve che non voleva concedersi tempo. Sarri non venne preso per iniziare un percorso ma per cambiare la rotta di un'auto già in corsa. Non è andata e non è funzionato, ma al netto di meriti, colpe e insuccessi, il Lione è sotto gli occhi lucidi di tutta la piazza bianconera.
Pirlo è una storia diversa Ieri Andrea Pirlo ha detto che "se dovessi pensare al fatto che ci sia la mia panchina in gioco, non sarei neanche in conferenza". Ecco, qui torna la notizia del rinnovo sempre più vicino di Fabio Paratici e degli uomini mercato e di quella frase da parte dell'uomo mercato. "Vincere non è l'unica cosa che conta". Che sembra 'apriti cielo', ma che invece va sulla stessa falsa riga di questa stagione della Juventus. Che non è di ricostruzione bensì di ripartenza. Con gli stessi obiettivi, con la stessa intenzione di sempre ma con più margine di tolleranza su inciampi e cadute. Chiaro. Vincere col Porto è l'obiettivo unico e principale, per oggi e per domani. Cadere vorrebbe dire minare delle certezze ma non farle crollare, come fu con Sarri dopo il Lione.
Questione di percorso Discorrere se la scelta sia giusta o sbagliata non è semplice. Uscire agli ottavi per la Juventus sarebbe una botta alle casse e all'immagine e non potrebbe far altro che far eco che con fallimento. Questo dovrebbe far cambiare nuovamente le carte in tavola alla proprietà e alla dirigenza? Questione d'intenzioni e di percorso. Con Sarri sì, perché venne preso per virare rotta ma per arrivare primi all'ultima boa. Vincendo e dominando. L'una in Italia, l'altra da nessuna parte, se inteso come gioco e bellezza. Con Pirlo nì. Perché è l'inizio di un percorso e la testardaggine, il rialzarsi dalle cadute spesso è il là a qualcosa di diverso e speciale. Ma è il senno di poi. Basta un uno a zero per far sì che questo momento, queste righe, se le porti via il vento.
Pirlo è una storia diversa Ieri Andrea Pirlo ha detto che "se dovessi pensare al fatto che ci sia la mia panchina in gioco, non sarei neanche in conferenza". Ecco, qui torna la notizia del rinnovo sempre più vicino di Fabio Paratici e degli uomini mercato e di quella frase da parte dell'uomo mercato. "Vincere non è l'unica cosa che conta". Che sembra 'apriti cielo', ma che invece va sulla stessa falsa riga di questa stagione della Juventus. Che non è di ricostruzione bensì di ripartenza. Con gli stessi obiettivi, con la stessa intenzione di sempre ma con più margine di tolleranza su inciampi e cadute. Chiaro. Vincere col Porto è l'obiettivo unico e principale, per oggi e per domani. Cadere vorrebbe dire minare delle certezze ma non farle crollare, come fu con Sarri dopo il Lione.
Questione di percorso Discorrere se la scelta sia giusta o sbagliata non è semplice. Uscire agli ottavi per la Juventus sarebbe una botta alle casse e all'immagine e non potrebbe far altro che far eco che con fallimento. Questo dovrebbe far cambiare nuovamente le carte in tavola alla proprietà e alla dirigenza? Questione d'intenzioni e di percorso. Con Sarri sì, perché venne preso per virare rotta ma per arrivare primi all'ultima boa. Vincendo e dominando. L'una in Italia, l'altra da nessuna parte, se inteso come gioco e bellezza. Con Pirlo nì. Perché è l'inizio di un percorso e la testardaggine, il rialzarsi dalle cadute spesso è il là a qualcosa di diverso e speciale. Ma è il senno di poi. Basta un uno a zero per far sì che questo momento, queste righe, se le porti via il vento.
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