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Mutti: "L'Atalanta può sognare, poi deve consolidarsi"
"Il problema dell'Atalanta è sempre stato nel vendere bene". Bortolo Mutti analizza il momento dei nerazzurri, quarti in classifica e con l'idea di riuscire a raggiungere la Champions League. "Perché era difficile fare fatturato, vincolando i grandi giocatori al club. Ora c'è un discorso di gestione sana del bilancio".
Se arrivasse il quarto posto...
"Potrebbe cambiare qualcosa in un'ottica di consolidamento. Vorrebbe dire mantenere il leader e affrontare la Champions da protagonista. Potrebbe fare uno step in più, anche se oramai è nelle prime 5-7 squadre a livello Nazionale, quest'anno è davanti a Milan e Fiorentina, a ridosso dell'Inter".
Si può pensare già da grande.
"Ora è nel paradiso, non nel limbo in una situazione anonima. Non sarà facile, però si potrebbe anche sperare".
Lei era all'Atalanta quando è passata di mano dai Ruggeri ai Percassi.
"C'era Alessandro Ruggeri, il padre Ivan aveva avuto questo malore e viveva in una situazione vegetativa. Lui ha fatto quel che poteva, gestiva il club con la sorella, con i limiti della giovinezza. La dirigenza Ruggeri ha dato solidità e spessore, con l'arrivo dei Percassi c'è stata un'altra frontiera. Imprenditoriale ha uno spessore importantissimo, ha fatto crescere la struttura, Zingonia era già un centro importante e ora lo ha rifinito".
E lo stadio.
"Il club è proiettato in un futuro diverso rispetto a qualche anno fa".
Quella di ieri è stata una vittoria fondamentale?
"Ho visto un'Atalanta sicura di se stessa. Nonostante lo svantaggio non si scompone mai, sa quel che vuole, ha grande condizione mentale e fisica. Finisce sempre in crescendo, sa dettare i ritmi della gara con decisione. È sorprendente questo stato di salute. La Lazio si stava giocando molto, ma non c'è stato nulla da fare".
La stagione è iniziata a luglio.
"Probabilmente è merito dell'impostazione del lavoro settimane, Gasperini gestisce i cambi ed è bravo a farli riposare. Tutti si sentono protagonisti, quando manca Ilicic non soffri la sua mancanza, nonostante il carisma e la qualità. Ogni giocatore non viene mai snaturato, ha delle alternative importanti sugli esterni e in difesa, poi c'è l'opzione Pasalic in mezzo al campo".
Merito, insomma, dell'allenatore.
"Al di là di tutto, l'Atalanta è a un livello altissimo e il tecnico non è mai marginale. È il motore e la forza del gruppo. Ha trovato anche una società apprezzata e disponibile, però è chiaro che le sue capacità sono importanti, sfruttando un lavoro di scouting".
In effetti non è più l'Atalanta dei tanti bergamaschi.
"Non ci sono più gli Zenoni, i Bonacina, i Biava. Certo, sono usciti Caldara e Conti, ma poi Kessie e Barrow, c'è più attenzione nel calcio estero. A noi bergamaschi dispiace un poco, ma l'importante è che l'Atalanta riesca ad alzare il livello".
A proposito, un ricordo di Mino Favini?
"Era squisito sotto l'aspetto umano, vedeva lontano, sapeva percepire il talento nei ragazzi. Chi ha avuto la possibilità di crescergli vicino ha soltanto imparato".
Se arrivasse il quarto posto...
"Potrebbe cambiare qualcosa in un'ottica di consolidamento. Vorrebbe dire mantenere il leader e affrontare la Champions da protagonista. Potrebbe fare uno step in più, anche se oramai è nelle prime 5-7 squadre a livello Nazionale, quest'anno è davanti a Milan e Fiorentina, a ridosso dell'Inter".
Si può pensare già da grande.
"Ora è nel paradiso, non nel limbo in una situazione anonima. Non sarà facile, però si potrebbe anche sperare".
Lei era all'Atalanta quando è passata di mano dai Ruggeri ai Percassi.
"C'era Alessandro Ruggeri, il padre Ivan aveva avuto questo malore e viveva in una situazione vegetativa. Lui ha fatto quel che poteva, gestiva il club con la sorella, con i limiti della giovinezza. La dirigenza Ruggeri ha dato solidità e spessore, con l'arrivo dei Percassi c'è stata un'altra frontiera. Imprenditoriale ha uno spessore importantissimo, ha fatto crescere la struttura, Zingonia era già un centro importante e ora lo ha rifinito".
E lo stadio.
"Il club è proiettato in un futuro diverso rispetto a qualche anno fa".
Quella di ieri è stata una vittoria fondamentale?
"Ho visto un'Atalanta sicura di se stessa. Nonostante lo svantaggio non si scompone mai, sa quel che vuole, ha grande condizione mentale e fisica. Finisce sempre in crescendo, sa dettare i ritmi della gara con decisione. È sorprendente questo stato di salute. La Lazio si stava giocando molto, ma non c'è stato nulla da fare".
La stagione è iniziata a luglio.
"Probabilmente è merito dell'impostazione del lavoro settimane, Gasperini gestisce i cambi ed è bravo a farli riposare. Tutti si sentono protagonisti, quando manca Ilicic non soffri la sua mancanza, nonostante il carisma e la qualità. Ogni giocatore non viene mai snaturato, ha delle alternative importanti sugli esterni e in difesa, poi c'è l'opzione Pasalic in mezzo al campo".
Merito, insomma, dell'allenatore.
"Al di là di tutto, l'Atalanta è a un livello altissimo e il tecnico non è mai marginale. È il motore e la forza del gruppo. Ha trovato anche una società apprezzata e disponibile, però è chiaro che le sue capacità sono importanti, sfruttando un lavoro di scouting".
In effetti non è più l'Atalanta dei tanti bergamaschi.
"Non ci sono più gli Zenoni, i Bonacina, i Biava. Certo, sono usciti Caldara e Conti, ma poi Kessie e Barrow, c'è più attenzione nel calcio estero. A noi bergamaschi dispiace un poco, ma l'importante è che l'Atalanta riesca ad alzare il livello".
A proposito, un ricordo di Mino Favini?
"Era squisito sotto l'aspetto umano, vedeva lontano, sapeva percepire il talento nei ragazzi. Chi ha avuto la possibilità di crescergli vicino ha soltanto imparato".
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