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Il 2020 in pillole - Stadi chiusi e silenzi assordanti: il calcio si adatta in tempi di pandemia
Non è calcio, dicono in molti. Di certo, non è il calcio che tutti ricordiamo e che tutti amiamo. Ma tant'è, in fondo la palla rotola comunque. La pandemia è ancora fra noi e inevitabilmente lo stadio, da sempre luogo di aggregazione e assembramento, è e rimane chiuso. L'assenza dei tifosi dai gradoni è stato uno dei primi provvedimenti presi dai governi europei per contrastare la diffusione del virus e dopo mesi si sofferenze e lockdown più o meno aggressivi ancora la situazione non è migliorata. In Italia ci avevamo pure provato, a ridare una piccola parvenza di normalità con l'apertura estiva per 1000 persone scelte e selezionate. Con distanziamento e mascherine. Ma il tentativo è durato poco, nonostante il pressing sempre maggiore delle squadre di Serie A che senza gli incassi del match day sono ancor più in sofferenza. E così nelle scorse settimane, quando la seconda ondata del virus si è fatta prepotentemente vedere, le istituzioni hanno deciso di richiudere tutto. Anche a quei 1000 fortunati che volta volta potevano assistere alle partite in un clima comunque surreale. Fino a quando? Difficile dirlo, tutto è come sempre legato alla curva dei contagi. Ma la sensazione è che ancora per qualche mese i giocatori debbano convivere con i silenzi assordanti degli stadi. E che i tifosi, per seguire i propri beniamini, debbano solo mettersi comodi sul divano di casa.
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