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Milan, in ginocchio da Zlatan
All’inizio del mese di novembre un pool di scienziati americani dichiarò la propria intenzione di studiare nel dettaglio la conformazione del ginocchio di Zlatan Ibrahimovic. Surreale la ripresa agonistica per un atleta che le articolazioni se le era di fatto polverizzate tre anni prima, e che ha sconfitto l’incedere del tempo ed il parere degli scettici quasi sbeffeggiando la propria carta d’identità, scommettendo su sé stesso ed aspettando alla cassa il momento della riscossione, talmente era certo di riuscire nell’impresa.
Perché badate bene, non erano certo le qualità ad essere messe in discussione: quelle avevano già acquisito i crismi dell’immortalità sfogliando il palmares della leggenda di Malmoe e delle sue imprese sportive. Ciò che doveva essere effettivamente valutata era la possibilità che davvero, con 39 primavere sulle spalle, il cyborg venuto dal freddo avesse ancora la possibilità di determinare in uno dei tornei più competitivi del continente, il campionato della sua vita calcistica.
Ed esattamente come nelle previsioni di chi su sé stesso ha scommesso per tutta la vita, con quel mix di arroganza e presunzione che si trasforma in fascino solo se le promesse vengono mantenute, che la verità è venuta a galla in maniera inesorabile ed inequivocabile.
Come la leggenda Mohammed Alì, non a caso idolo di Zlatan, ciò che viene promesso con quel fare un po’ spaccone si tramuta in realtà. Non solo identificando con sé stesso un Milan in crisi mistica nel momento del suo arrivo, ma contagiando con la propria sicurezza una squadra in caduta libera, che si trasforma lentamente in un gruppo credibile e conscio delle proprie possibilità.
L’ultimo dribbling alla sorte avversa è quello del San Paolo, nella notte in cui Ibra decide di vincere ed utilizza per il gol da tre punti proprio quel ginocchio ispiratore di sofferenza prima, di studio poi, ed infine di esaltazione.
Perché il gruppo di cui sopra, cementato dalla sua leadership, promette di diventare anche vincente: e se c’è una cosa che abbiamo capito da questa storia è che Zlatan Ibrahimovic le sue promesse, per quanto incredibili possano sembrare, le mantiene sempre.
Ed ora c’è un popolo che non vede l’ora di festeggiare l’impresa, in ginocchio da lui.
Perché badate bene, non erano certo le qualità ad essere messe in discussione: quelle avevano già acquisito i crismi dell’immortalità sfogliando il palmares della leggenda di Malmoe e delle sue imprese sportive. Ciò che doveva essere effettivamente valutata era la possibilità che davvero, con 39 primavere sulle spalle, il cyborg venuto dal freddo avesse ancora la possibilità di determinare in uno dei tornei più competitivi del continente, il campionato della sua vita calcistica.
Ed esattamente come nelle previsioni di chi su sé stesso ha scommesso per tutta la vita, con quel mix di arroganza e presunzione che si trasforma in fascino solo se le promesse vengono mantenute, che la verità è venuta a galla in maniera inesorabile ed inequivocabile.
Come la leggenda Mohammed Alì, non a caso idolo di Zlatan, ciò che viene promesso con quel fare un po’ spaccone si tramuta in realtà. Non solo identificando con sé stesso un Milan in crisi mistica nel momento del suo arrivo, ma contagiando con la propria sicurezza una squadra in caduta libera, che si trasforma lentamente in un gruppo credibile e conscio delle proprie possibilità.
L’ultimo dribbling alla sorte avversa è quello del San Paolo, nella notte in cui Ibra decide di vincere ed utilizza per il gol da tre punti proprio quel ginocchio ispiratore di sofferenza prima, di studio poi, ed infine di esaltazione.
Perché il gruppo di cui sopra, cementato dalla sua leadership, promette di diventare anche vincente: e se c’è una cosa che abbiamo capito da questa storia è che Zlatan Ibrahimovic le sue promesse, per quanto incredibili possano sembrare, le mantiene sempre.
Ed ora c’è un popolo che non vede l’ora di festeggiare l’impresa, in ginocchio da lui.
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