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L'allarme di Bertolini: "Oggi i bimbi abbandonano il calcio a 10 anni. Torniamo a giocare"
Milena Bertolini, CT della Nazionale femminile italana, ospite del forum "Il Calcio che l'Italia si merita", organizzato dal Corriere dello Sport, ha affrontato diversi argomenti: "Se fino a qualche tempo fa il maggiore abbandono dei bambini avveniva a 13-14 anni, oggi avviene a 10 anni. Ci dobbiamo fare delle domande: il concetto è quello della competizione esasperata già a quell'età, così i bambini si disinnamorano del calcio e poi diventano ragazzi che non seguono il calcio".
Capitolo calcio femminile: cosa chiedete oggi?
"Quello che è giusto. Credo che il professionismo sia questione di civiltà e democrazia, finalmente si avvia questo percorso che può fare molto bene al calcio italiano in generale. Ho sentito grande preoccupazioni di sostenibilità, però torniamo lì: se tu hai un progetto e ritieni che quella strada sia importante perché può portare benefici, la segui. Non credo che oggi la sostenibilità del Barcellona femminile sia un problema".
La priorità per il calcio del futuro?
"Va rimesso il gioco al centro. Il calcio è un gioco, per poter attirare il pubblico deve essere bello: è fondamentale. E per poter fare questo dobbiamo formare giocatori propositivi, non reattivi. Nel tempo, per nostra cultura, abbiamo sempre reagito agli altri e lavorato sulle contrapposizioni. Le cose stanno cambiando, la Nazionale di Mancini ha portato questo e ci sono allenatori, giovani e meno giovani, che stanno portando idee nuove: vanno sostenuti, se il nostro punto di riferimento è solo vincere o perdere non potremo andare tanto avanti. Dobbiamo pensare che l'errore fa parte della partita, che non si può sempre vincere, che al gioco ci si arriva attraverso i risultati. Penso al Milan: che vinca o meno il campionato, nulla toglie al percorso fatto sia a livello di squadra che di società. Prima bisogna mettere dentro dei contenuti, dopodiché i giovani potranno sfruttare quel bagaglio: se a livello giovanile conta vincere è chiaro che gli allenatori avranno meno coraggio a buttare dentro chi all'inizio ti dà ovviamente meno".
Capitolo calcio femminile: cosa chiedete oggi?
"Quello che è giusto. Credo che il professionismo sia questione di civiltà e democrazia, finalmente si avvia questo percorso che può fare molto bene al calcio italiano in generale. Ho sentito grande preoccupazioni di sostenibilità, però torniamo lì: se tu hai un progetto e ritieni che quella strada sia importante perché può portare benefici, la segui. Non credo che oggi la sostenibilità del Barcellona femminile sia un problema".
La priorità per il calcio del futuro?
"Va rimesso il gioco al centro. Il calcio è un gioco, per poter attirare il pubblico deve essere bello: è fondamentale. E per poter fare questo dobbiamo formare giocatori propositivi, non reattivi. Nel tempo, per nostra cultura, abbiamo sempre reagito agli altri e lavorato sulle contrapposizioni. Le cose stanno cambiando, la Nazionale di Mancini ha portato questo e ci sono allenatori, giovani e meno giovani, che stanno portando idee nuove: vanno sostenuti, se il nostro punto di riferimento è solo vincere o perdere non potremo andare tanto avanti. Dobbiamo pensare che l'errore fa parte della partita, che non si può sempre vincere, che al gioco ci si arriva attraverso i risultati. Penso al Milan: che vinca o meno il campionato, nulla toglie al percorso fatto sia a livello di squadra che di società. Prima bisogna mettere dentro dei contenuti, dopodiché i giovani potranno sfruttare quel bagaglio: se a livello giovanile conta vincere è chiaro che gli allenatori avranno meno coraggio a buttare dentro chi all'inizio ti dà ovviamente meno".
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