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Braida: "Hanno scaricato le colpe solo su Pioli, ma è stato solo il capro espiatorio"
Tempo di bilanci in casa Milan, dopo l'ennesimo derby perso e una stagione che volge al termine fortemente condizionata da un aprile nero. Artefice del periodo d'oro del Diavolo, lo storico direttore sportivo Ariedo Braida ci dice così la sua in esclusiva per MilanNews.it: "Bisogna accettare i verdetti. Poi ripartire, progettare, lavorare. Hanno scaricato tutte le colpe sull'allenatore, che qualche colpa la ha sicuramente ma è servito da capro espiatorio delle manchevolezze di tutti. Invece si è deciso di sparare contro il tecnico. Nella vita bisogna avere il coraggio di ammettere i propri errori, poi ricominciare in maniera positiva".
Crede che a questo Milan manchi un senso d'appartenenza, come quello forte che aveva il suo?
"Dipende dalla dirigenza il saper creare lo stato di appartenenza al club. Che coinvolga tutti, dal presidente, all'allenatore al magazziniere. Dev'essere una cosa che si vive nello spogliatoio, a Milanello, sull'aereo. È qualcosa di non tangibile ma c'è. Chi ha fatto il dirigente per tanti anni queste cose le conosce, le capisce. E se sei bravo a capirle hai già fatto un grandissimo passo. È propedeutico per vincere. Ci vuole una leadership. Serve riunirsi, parlare poco e fare. Niente proclami, ma progettare, lavorare sodo. Pochi proclami, ma fatti".
La sconfitta nel derby con lo scudetto consegnato all'Inter è qualcosa che passerà alla storia
"Sono stato quasi 28 anni al Milan, il mio legame è profondo. Anche perché sono milanista da prima, dal 1962. E da persone che ha il Milan nel cuore mi è dispiaciuto molto vedere una mancanza di stile nella sconfitta nel derby. Ieri ho visto 2 espulsi e parapiglia. Serve umiltà, stringere la mano all'avversario e fargli i complimenti. Questo è lo sport, senza isterismi. Il Milan ha un suo stile e non deve perderlo".
Crede che a questo Milan manchi un senso d'appartenenza, come quello forte che aveva il suo?
"Dipende dalla dirigenza il saper creare lo stato di appartenenza al club. Che coinvolga tutti, dal presidente, all'allenatore al magazziniere. Dev'essere una cosa che si vive nello spogliatoio, a Milanello, sull'aereo. È qualcosa di non tangibile ma c'è. Chi ha fatto il dirigente per tanti anni queste cose le conosce, le capisce. E se sei bravo a capirle hai già fatto un grandissimo passo. È propedeutico per vincere. Ci vuole una leadership. Serve riunirsi, parlare poco e fare. Niente proclami, ma progettare, lavorare sodo. Pochi proclami, ma fatti".
La sconfitta nel derby con lo scudetto consegnato all'Inter è qualcosa che passerà alla storia
"Sono stato quasi 28 anni al Milan, il mio legame è profondo. Anche perché sono milanista da prima, dal 1962. E da persone che ha il Milan nel cuore mi è dispiaciuto molto vedere una mancanza di stile nella sconfitta nel derby. Ieri ho visto 2 espulsi e parapiglia. Serve umiltà, stringere la mano all'avversario e fargli i complimenti. Questo è lo sport, senza isterismi. Il Milan ha un suo stile e non deve perderlo".
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