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Messi lascia il Barcellona: perché i blaugrana non possono rinnovare con l'argentino
Lionel Messi non sarà più un giocatore del Barcellona. La notizia è ormai ufficiale, dopo il comunicato del club catalano: i blaugrana hanno spiegato di aver raggiunto un accordo col numero 10 argentino, ma di non poterlo formalizzare a causa degli ostacoli economici e strutturali posti dalla normativa de LaLiga. Al netto del fatto che questa sia la versione del club catalano, da tempo in aperta rottura con il massimo campionato spagnolo come il Real Madrid (e che quindi potrebbe essere una mossa per mettere pressione a Tebas), e che ci si aspetta che anche Messi spieghi le sue ragioni per questo addio, perché il Barcellona non potrebbe tesserare la Pulce?
Debito extralarge... I conti del Barça, anzitutto, sono in profondo rosso. L’argomento è stato anche oggetto di dibattito nell’ultima campagna elettorale, che ha visto trionfare Joan Laporta anche grazie alla promessa di confermare Leo Messi. Le stime sono drammatiche: tra campagne acquisti fallimentari e l’impatto della pandemia, a inizio anno è stato sfondato il tetto di un miliardo di debiti (per la precisione, 1.173 milioni di euro). Non a caso, una delle prime mosse dello stesso Laporta è stata un rifinanziamento da oltre 500 milioni di euro: una misura per garantire liquidità alle casse del club, evidentemente non sufficiente ad avere agibilità sul mercato.
… e salary cap. Dal debito mostre deriva il vero ostacolo posto da LaLiga al tesseramento di Messi. Da alcuni anni, la massima lega calcistica spagnola ha infatti previsto un tetto salariale per le formazioni di prima e seconda divisione. Ogni anno, esso viene aggiornato in base a vari fattori: retribuzioni salariali, ammortamenti, i costi per i giocatori in prestito, le retribuzioni per cessioni di diritti d’immagine. Sulla carta, la cifra viene concordata: ogni società ne propone una, che sta all’autorità di convalida accettare o meno. Di fatto, complice la crisi post-Covid, nell’ultimo aggiornamento molti club hanno dovuto fare i conti con brutte notizie. Su tutti, proprio il Barcellona, che ha subito il più grosso abbassamento: a oggi, i culés possono spendere al massimo 383 milioni di euro in stipendi. Vuol dire -274 rispetto all’anno precedente, con un crollo del 41,7 per cento. Un taglio netto, fin troppo a giudizio del club, che impedisce il rinnovo (anzi, tecnicamente la firma del nuovo contratto, e non è una differenza da poco, perché altrimenti il Barça avrebbe probabilmente potuto rinnovare e poi cercare di abbassare i costi generali con altre cessioni) di Messi: considerato che la società già a oggi sfora il tetto salariale, e non ha alleggerito il proprio monte ingaggi con altre cessioni, impossibile registrare un nuovo accordo con l’argentino, anche con una riduzione del precedente contratto extra-lusso, che da solo avrebbe rappresentato un settimo dell’intera disponibilità blaugrana.
Debito extralarge... I conti del Barça, anzitutto, sono in profondo rosso. L’argomento è stato anche oggetto di dibattito nell’ultima campagna elettorale, che ha visto trionfare Joan Laporta anche grazie alla promessa di confermare Leo Messi. Le stime sono drammatiche: tra campagne acquisti fallimentari e l’impatto della pandemia, a inizio anno è stato sfondato il tetto di un miliardo di debiti (per la precisione, 1.173 milioni di euro). Non a caso, una delle prime mosse dello stesso Laporta è stata un rifinanziamento da oltre 500 milioni di euro: una misura per garantire liquidità alle casse del club, evidentemente non sufficiente ad avere agibilità sul mercato.
… e salary cap. Dal debito mostre deriva il vero ostacolo posto da LaLiga al tesseramento di Messi. Da alcuni anni, la massima lega calcistica spagnola ha infatti previsto un tetto salariale per le formazioni di prima e seconda divisione. Ogni anno, esso viene aggiornato in base a vari fattori: retribuzioni salariali, ammortamenti, i costi per i giocatori in prestito, le retribuzioni per cessioni di diritti d’immagine. Sulla carta, la cifra viene concordata: ogni società ne propone una, che sta all’autorità di convalida accettare o meno. Di fatto, complice la crisi post-Covid, nell’ultimo aggiornamento molti club hanno dovuto fare i conti con brutte notizie. Su tutti, proprio il Barcellona, che ha subito il più grosso abbassamento: a oggi, i culés possono spendere al massimo 383 milioni di euro in stipendi. Vuol dire -274 rispetto all’anno precedente, con un crollo del 41,7 per cento. Un taglio netto, fin troppo a giudizio del club, che impedisce il rinnovo (anzi, tecnicamente la firma del nuovo contratto, e non è una differenza da poco, perché altrimenti il Barça avrebbe probabilmente potuto rinnovare e poi cercare di abbassare i costi generali con altre cessioni) di Messi: considerato che la società già a oggi sfora il tetto salariale, e non ha alleggerito il proprio monte ingaggi con altre cessioni, impossibile registrare un nuovo accordo con l’argentino, anche con una riduzione del precedente contratto extra-lusso, che da solo avrebbe rappresentato un settimo dell’intera disponibilità blaugrana.
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