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Il pagellone - Allegri 8: Champions da riprovare. In Italia nessuno come lui
Cristiano Ronaldo e Chiellini, Szczesny e Mandzukic. Bravi tutti, ma l'ottavo scudetto consecutivo della Juventus ha un solo vero protagonista: Massimiliano Allegri. Da oggi ancora di più nell'Olimpo del calcio italiano, perché prima di lui nessuno aveva mai vinto cinque titoli di fila in Italia.
AMORE COMPLICATO -
Più forte delle voci, delle contestazioni dei tifosi: sempre presenti, nonostante i risultati. E gli spifferi di mercato, che lo vogliono un giorno sì e l'altro pure lontano da Torino. Ha messo venti punti tra sé e Ancelotti. All'estero, doppia faccia: ha imbrigliato Simeone come pochi altri hanno fatto. Poi si è visto imbrigliato dalla freschezza dei ragazzi di Erik ten Hag. In Italia guarda tutti dall'alto in basso: facile allenare i campioni? Sarà, ma nessuno ci riesce come lui. Mette da parte l'estetica per mettere in campo la pratica, e poi chiude col miglior attacco della Serie A. È il suo scudetto, più che di qualsiasi altro giocatore. Ha accettato il ritorno di Bonucci e non si è fatto problemi a mandarlo in campo. Ha aspettato a lanciare Kean e ora si gode un gol per ogni tempo di gioco. Sorride sornione nel rispondere a qualche sopracciglio alzato di troppo. Ha anche dei buoni dottori da consigliare.
DELUSIONE EUROPEA -
Gli manca solo la consacrazione in Champions, dopo avere messo in riga tutti in Italia. Ci riproverà l'anno prossimo, probabilmente sulla stessa panchina. È il cammino, oltre l'eliminazione, a rendere più basso il suo voto in Europa: rispetto alle altre annate, la Juve è uscita da questa Champions perché ha meritato di farlo, senza alcun episodio a fungere da parafulmine. Quattro sconfitte su dieci partite giocate in Europa, il doppio confronto con l'Ajax perso senza riuscire a reagire. Vincere è straordinario e fa bene a ricordarlo. Ma in Champions restano soprattutto i rimpianti.
AMORE COMPLICATO -
Più forte delle voci, delle contestazioni dei tifosi: sempre presenti, nonostante i risultati. E gli spifferi di mercato, che lo vogliono un giorno sì e l'altro pure lontano da Torino. Ha messo venti punti tra sé e Ancelotti. All'estero, doppia faccia: ha imbrigliato Simeone come pochi altri hanno fatto. Poi si è visto imbrigliato dalla freschezza dei ragazzi di Erik ten Hag. In Italia guarda tutti dall'alto in basso: facile allenare i campioni? Sarà, ma nessuno ci riesce come lui. Mette da parte l'estetica per mettere in campo la pratica, e poi chiude col miglior attacco della Serie A. È il suo scudetto, più che di qualsiasi altro giocatore. Ha accettato il ritorno di Bonucci e non si è fatto problemi a mandarlo in campo. Ha aspettato a lanciare Kean e ora si gode un gol per ogni tempo di gioco. Sorride sornione nel rispondere a qualche sopracciglio alzato di troppo. Ha anche dei buoni dottori da consigliare.
DELUSIONE EUROPEA -
Gli manca solo la consacrazione in Champions, dopo avere messo in riga tutti in Italia. Ci riproverà l'anno prossimo, probabilmente sulla stessa panchina. È il cammino, oltre l'eliminazione, a rendere più basso il suo voto in Europa: rispetto alle altre annate, la Juve è uscita da questa Champions perché ha meritato di farlo, senza alcun episodio a fungere da parafulmine. Quattro sconfitte su dieci partite giocate in Europa, il doppio confronto con l'Ajax perso senza riuscire a reagire. Vincere è straordinario e fa bene a ricordarlo. Ma in Champions restano soprattutto i rimpianti.
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