La bella Lazio vince e soffre: il 4-3 col Genoa è la partita manifesto della banda Inzaghi
Palla al piede, la Lazio dà l'impressione di poter sempre battere a rete: è il pregio più grande della creatura di Inzaghi. A fare da contraltare, però, le amnesie difensive che rendono la porta biancoceleste facile preda degli attacchi avversari. Per eccesso di sicurezza o per poca forza mentale, la Lazio spesso stacca la spina ed esce dalla partita. È accaduto ieri, è accaduto due settimane fa con il Benevento. E se Inzaghi non fa drammi ("in Serie A, contro squadre forti, può capitare"), Immobile è stato un po' più severo: "Non è una questione fisica, quanto un calo mentale che non deve più accadere". Come lo era stato Acerbi, ieri squalificato, dopo il blackout con il Benevento: "Non sono soddisfatto, non possiamo rischiare così tanto". Questa è una costante, oltre alla fragilità difensiva, che si è vista più volte negli anni scorsi. Su tutte, nella notte di Salisburgo nel 2018: dopo lo 0-1 di Immobile - che sembrava essere quello per la qualificazione - la Lazio subì 4 reti in 20 minuti, salutando le possibilità di accedere alla semifinale di Europa League, costruita all'andata con un prezioso 4-2. Perché la Lazio di Inzaghi è questa, altro che catenaccio e difesa a oltranza (come qualcuno sentenzia da anni). Basterà per la Champions?